Avventure nel Mondo

Torniamo alle origini!

Tre gruppi, quattro Paesi e una nuova avventura in America Latina per ripercorrere le tappe dello storico itinerario del Camino Real del 1974.

Un viaggio a staffetta di un mese, in occasione del cinquantennale di Avventure nel Mondo, con un unico obiettivo: raccontare la formula di viaggio unica che abbiamo inventato 50 anni fa.

Lo faremo mostrandovi tutto ciò che accade durante i nostri viaggi: dall’estasi per le nuove scoperte, all’adrenalina degli imprevisti da risolvere. Vi faremo scoprire che è possibile viaggiare in gruppo senza, però, mai perdere quello sguardo attento alla ricerca delle realtà più autentiche e quella voglia di mescolarsi con la gente del posto, di viverne usanze e tradizioni.

Vi riporteremo il nostro viaggiare senza filtri né artefatti perché, quando la sostanza è già così intensa ed avvincente, non serve altro per abbellirla. Un modo di raccontare e vivere il viaggio genuino e che non segue le tendenze.

Il viaggio noi lo viviamo così, perché questo è l'unico modo che conosciamo per farlo.

Itinerario

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Diario di viaggio

Bolivia Cile
26 agosto

La volata finale

Ci sono diversi modi per concludere un viaggio, c'è chi lo fa con una cena tipica, chi vivendo la notte della città, altri ancora lo passano attorno al fuoco sotto un cielo sterminato di stelle. Noi, stavolta, abbiamo scelto di metterci alla prova e di vivere un'esperienza unica: percorreremo in mountain bike la Carretera della Muerte, la strada più pericolosa al mondo.

È ancora buio quando saliamo sul pulmino che ci porterà a Coroico. Facciamo ancora fatica a tenere gli occhi aperti ma l'adrenalina è già a mille. 

La Carretera de la muerte è una strada, a doppia percorrenza, lunga circa cinquantasei chilometri, che collega La Paz a Coroico, con un dislivello di oltre tremila metri! È larga in media tre metri e non avendo guardrail è stata spesso oggetto di incidenti stradali mortali, il più tragico, quello del 1983, ha registrato oltre cento vittime. Vien da sé che l'idea di percorrerla in bicicletta ci eccita e ci preoccupa allo stesso tempo. Le nostre guide, però, sono carichissime, ascoltano musica rock e nel frattempo ci raccontano cosa ci aspetterà durante questa lunga giornata. La loro calma e le loro chiare spiegazioni contribuiscono a farci tranquillizzare... almeno un po'!

Arrivati a destinazione indossiamo pantaloni, giacca, guanti e casco e saliamo in sella alle nostre biciclette. 

Raccomandazioni: pedalare stando sulla sinistra della carreggiata, procedere ad una velocità media per evitare di scivolare sulle pietre, mai e poi mai voltarsi indietro, non distrarsi guardando il panorama.

Ci siamo, si inizia!

Andare in bicicletta, che fino a due minuti prima ci sembrava la cosa più semplice del mondo, ora inizia a sembrarci più complicato "Dove ha detto che dobbiamo pedalare? Sinistra? Ma siamo sicuri? Ma a sinistra non c'è il dirupo? E se devo superare un'auto? Dove passo?"

Chiariti gli ultimi dubbi, iniziamo la nostra lunga discesa. 

I primi venti chilometri per la nostra guida sono la carretera della felicità. Si tratta infatti una discesa su strada asfaltata che percorriamo per conoscere meglio le nostre biciclette e abituarci ai segnali delle nostre guide. Il panorama già da qui sembra superlativo. Ci scuserete, però, se non ci dilunghiamo nelle descrizioni: non possiamo guardarlo, non dobbiamo distrarci, occhi fissi sulla strada e pedalare!

Quando arriva il momento di iniziare lo sterrato la tensione riprende a salire. Il primo tratto di strada è davvero stretto con numerose curve a gomito e molte pietre sulla strada, sulla sinistra un enorme precipizio di centinaia di metri. Le bici muovendosi sulla strada vibrano e lo sforzo per tenere fermo il manubrio è notevole. Il casco si muove, la testa sobbalza ad ogni pietra che urtiamo. La concentrazione è altissima, le molte croci e i fiori commemorativi che incrociamo lungo il percorso contribuiscono ad aumentare la nostra ansia. Dopo circa un cinquecento metri però la strada si allarga leggermente, noi iniziamo ad essere più sicuri e la discesa, in fondo, non è più così paurosa. 

Proseguiamo così, alternando pedalate in posizione aerodinamica a pause fotografiche per ammirare il paesaggio che ci circonda. Dopo due settimane di deserti non siamo abituati a tutta questa vegetazione e cinguettii di uccelli, restiamo meravigliati per ogni piccolo particolare.

La strada è tutta in discesa, il gruppo è compatto. Passiamo sotto cascate, attraversiamo dei piccoli ruscelli, dove alcune signore sono intente a lavare i panni. Superato il tratto più impervio ora tutto sembra essere così idilliaco. Sembra, infatti! Proprio quando pensavamo di avercela quasi fatta, inaspettatamente la discesa finisce, ci troviamo in un "lungo" tratto debolmente in salita e con vento contrario. Dopo 4 ore di sterrato le nostre braccia chiedono pietà e le nostre gambe sono indolenzite. L'idea di scendere e proseguire a piedi si fa largo nella testa di più di qualcuno, iniziamo a chiederci "ma chi ce l'ha fatto fare?", qualcun altro pensa con nostalgia alle vecchie e care 4x4 che fino a qualche giorno prima erano nostre fedeli compagne di avventura. Ma non possiamo mollare. Non ora. Ce l'abbiamo quasi fatta. Tiriamo insieme tutte le energie rimaste e continuiamo a pedalare. Superiamo un altro piccolo rivolo d'acqua e vediamo in lontananza una delle nostre guide che si è fermata, un altro punto di sosta. La raggiungiamo, pronti a scendere dalla sella per scattare una foto ma ecco che la guida ci guarda sorridendo, alza la mano in un cinque altissimo e spalancato: "Ce l'avete fatta! Siete arrivati alla fine!".

Non crediamo alle nostre gambe.

Ce l'abbiamo fatta davvero!

Ci abbracciamo e ridiamo, i nostri occhi brillano di soddisfazione e felicità.

Non potevamo scegliere una conclusione migliore per questo splendido viaggio.

Grazie Bolivia, per averci insegnato che le cose più belle vanno sudate!

Bolivia Cile
24-25 agosto

Su e giù per La Paz

Questa mattina ultimo transfer con le nostre auto 4x4. Quando arriva il momento di salutare gli autisti e la nostra cocinera l'emozione è forte. Abbiamo condiviso con loro giorni intensissimi pieni di risate, scoperte e piccoli imprevisti. Abbiamo conosciuto il grande cuore e l'enorme disponibiltà dei boliviani, salutarli è davvero commovente. 

Cerchiamo di trattenere l'emozione più che possiamo ma crolliamo appena uno di loro ci ringrazia per aver visitato il loro Paese, per aver scelto di vivere la Bolivia autentica. Capiamo quanto viaggiare in questo Paese, cosa per noi quasi scontata, voglia invece dire molto per i boliviani e per la Bolivia, ancora lontana dal turismo di massa.

Ci abbracciamo salutandoci con un "Ci vediamo presto!" anche se dentro di noi sappiamo che probabilmente non sarà così, ci piace, però, andare via con questa illusione.

Saliamo su un bus, molto più confortevole delle auto, e raggiungiamo La Paz.

L'impatto con la città è destabilizzante, passare da spazi immensi e deserti a questo intrecciarsi di strade e auto che si incastrano come in un tetris ci fa rimpiangere il silenzio della laguna Blanca.

Dopo il trauma iniziale mandato via con una cena a base di empanadas e birra artigianale boliviana, siamo pronti per ricrederci su questa città.

Visitiamo come prima cosa la chiesa di San Francisco, uno degli edifici di culto più importanti della città. Ci spostiamo poi al Musef, il museo nazionale di etnografia e folklore. Qui, tra le altre cose, impariamo a distinguere le donne di origine Aymara e Quechua in base a come tengono i bambini avvolti negli enormi teli colorati: le donne Aymara legano il tessuto attorno al collo mentre le donne Quechua lo stringono diagonalmente sul petto. Proseguiamo la visita e la nostra guida ci spiega che la lingua Quechua è una lingua molto dolce, musicale e ci chiede se anche l'italiano lo sia. Riflettiamo sulla domanda, cerchiamo di capire cosa si intenda per lingua musicale quando dal fondo del gruppo si sente una voce "Bè, certo che è musicale: Laura Pausini, Eros Ramazzotti...". Tutti scoppiamo in una fragorosa risata, guida compresa. 

Dal museo ci spostiamo a Plaza Murillo. Mentre camminiamo sentiamo dei colpi ma non ci diamo peso e continuiamo per la nostra strada. 

La particolarità di Plaza Murillo è un orologio che gira al contrario. È un'opera d'arte voluta dai boliviani per rivendicare la loro identità di indigeni: vorrebbero tornare all'epoca dell'oro, prima dell'arrivo degli spagnoli, e saltare cinquecento anni di storia.

Continuiamo la nostra visita a piedi e, sui marciapiedi affollatissimi, facciamo slalom tra la gente. Passiamo davanti ad un anziano signore che, quasi sottovoce, in spagnolo, ci dice: "State visitando il nostro Paese in un momento molto difficile". Questa frase ci lascia un po' perplessi ma riusciamo a capirne il significato quando saliamo sulla teleferica per raggiungere il punto più alto della città. Tutte le strade della città sono occupate da manifestanti, ci sono persone con abiti tradizionali, minatori con elmetto, bambini, e i colpi che prima sentivamo distanti ora sono molto più vicini. Chiediamo ai boliviani, che sono sulla teleferica con noi, di cosa si tratti. Ci spiegano che, a seguito di uno sciopero che c'è stato a Santa Cruz, si è diffuso il timore di un nuovo golpe da parte della destra, come nel 2019. Per questo motivo è stata indetta questa manifestazione nazionale a sostegno del governo che ha sede proprio a La Paz.

È impressionante vedere questo fiume di gente manifestare insieme, urlando gli stessi slogan. Non abbiamo mai visto così tante persone unite per sostenere un'idea. I boliviani sono una popolazione forte, unita, che si indigna e non ha paura di lottare quando sente vacillare i propri diritti. Ci sentiamo così fortunati per poter vivere questo momento così sentito e importante per i boliviani e allo stesso tempo mettiamo in discussione il modo di agire di noi italiani, molto spesso passivo davanti a tante scelte prese dall'alto.

Una cosa in particolare ci colpisce a La Paz. Agli alti pali elettrici, pieni di fili che penzolano, spesso sono attaccati dei fantocci, dalle sembianze umane, molto inquietanti. Ci spiegano che è un avviso per i ladri, indica la fine che farebbero se osassero rubare in quella zona: "ladron tomado sera colgado".

La nostra giornata termina al mercato de las brujas, il cosiddetto mercato delle streghe. Qui è facile trovare curandere intente a svolgere riti per la Pacha Mama, oltre che tanti oggetti che vengono utilizzati come offerte nei rituali propiziatori, tra cui feti di lama.

Bolivia Cile
22-23 agosto

Lo spettacolo ha inizio, ecco a voi il Salar de Uyuni

Una lunghissima giornata di spostamenti si prospetta all'orizzonte.

Prima tappa il deserto di Siloli, un piccolo deserto di appena quaranta chilometri di lunghezza. Ad alcuni ricorda molto il nord del Sahara con le grandi mesa rocciose e sabbia mista a pietre. Il piccolo segreto di questo luogo, però è l'arbol de piedra, una roccia modellata dagli eventi atmosferici, che negli anni ha assunto la forma di un albero la cui chioma viene mossa dal vento. In realtà la vista ci lascia un po' delusi, ce lo aspettavamo molto più grande.

Con le nostre auto attraversiamo un canyon nel quale scorre un rivolo d-acqua ghiacciato in superficie. Ne approfittiamo per una passeggiata e qualcuno si diletta col salto in lungo, senza grandi risultati!

Raggiungiamo poi l'area delle lagune Alto Andine. Camminiamo attorno alla laguna Honda dalla caratteristica forma di cuore, prima di raggiungere la Laguna Hedionda Norte dove, per la prima volta, vediamo i fenicotteri ad una distanza piccolissima. Pensiamo a quanti fenicotteri abbiamo visto in questi giorni e una frase, improvvisamente, rompe il silenzio "Alla fine i fenicotteri per i boliviani sono un po' come i piccioni per noi, sono ovunque. Se loro venissero in Italia fotograferebbero i piccioni!".

Raggiungiamo il Salar Chiguana che ormai e quasi il tramonto.
Ci perdiamo ad osservare l'orizzonte infinito e il susseguirsi di miraggi.
Domani ci aspetta la giornata piu attesa di tutto il viaggio.

L'ennesima sveglia alle quattro e trenta questa mattina non pesa come le altre, siamo infatti emozionatissimi per l'intensa giornata che ci aspetta.

A tremilaseicento metri di quota, sulle Ande meridionali boliviane, dove un tempo si trovava il lago Minchin, oggi luccica il deserto bianco, un’immensa lastra di sale che dà origine ad uno dei paesaggi più singolari al mondo: il Salar de Uyuni.

È ancora buio quando i nostri autisti si avventurano nel salar. Dopo una ricognizione per verificare le condizioni del fondo salato decidono di tornare indietro e di provare un altro ingresso. Accade spesso, infatti, che l'umidità notturna sciolga gli strati più superficiali del sale rendendo pericolose le traversate in auto.

I nostri autisti, però, guidano con tranquillità, senza paura di perdersi, conoscono il deserto come le loro tasche. A noi sembra la cosa più complicata del mondo, soltanto il cielo che inizia a schiarire alla nostra destra ci fa capire che ci stiamo muovendo verso nord.

Arriviamo, dopo circa una mezzora di auto, all'isola Incahuasi. Il cielo è ancora scuro ma nella penombra intravediamo già i suoi cactus millenari. Iniziamo ad arrampicarci sulle rocce per raggiungere un punto panoramico da cui vedere l'alba. Più saliamo di quota, più le spine dei cactus si colorano di arancione e la distesa di sale bianco inizia a luccicare.

Raggiungiamo il punto più alto dell'isola quando il cielo è ormai violaceo ed il sole inizia a fare capolino.

Il panorama ci lascia a bocca aperta.

È una delle scene più surreali e affascinanti di tutta la nostra vita. Ci sembra di avere davanti un mare infinito con tante isole. In altri momenti, invece, abbiamo l'impressione di essere sul tetto del mondo e volare sopra una distesa infinita di nuvole dove fanno capolino solo le vette più alte.

"Forse la definizione più immediata delle nostre confuse sensazioni è l'idea di navigare su qualcosa di provvisorio e temporaneo, ed il recondito timore che tutto possa annullarsi in un attimo, sprofondare o capovolgersi, sono questi ghirigori sottili di acqua che descrivono sulla superficie bianca nastri sfumati di rosa a dare l'idea di provvisorietà, di fragilità? Non so." -Paola Segre, Camino Real 1974

Restiamo qui fino al sorgere del sole. I primi raggi ci scaldano la pelle e sfidano il freddo notturno.

Andiamo poi alla ricerca del cactus gigante, soggetto di una foto scattata durante il Cammino Real del 1974 e che ci piacerebbe replicare.
L'impresa si rivela più ardua del previsto, i cactus sull'isola sono tantissimi!
La caccia al tesoro, però, ci regala una sorpresa inaspettata: un piccolo di viscaccia che saltella tra le rocce.

Dopo il saliscendi sull'isola, finalmente troviamo il luogo della foto. Sfortunatamente il grande cactus non c'è più ma al suo posto ne troviamo un altro, più "piccolo", ma ugualmente scenografico.

Qualche scatto, poi, torniamo in auto, le ruote scricchiolano, rotolando sul fondo di sale, è un rumore particolarissimo, come di vetri rotti, ed è l'unico che interrompe il silenzio assoluto del Salar, un po' come quando nevica, ogni suono è attutito.
Raggiunto il centro del deserto, ci divertiamo a scattare foto in prospettiva, anche se la cosa più divertente è osservare il backstage di tutte le riprese: vedere le movenze, apparentemente senza senso, di tutti i nostri compagni di viaggio è una scena esilarante.

Nel pomeriggio ci spostiamo verso Uyuni per vedere il cimitero dei treni.
Abbandoniamo la strada sterrata per quella asfaltata e proprio mentre ci stiamo per rilassare e chiudere gli occhi per qualche momento, la macchina capofila si blocca improvvisamente nel mezzo della strada senza riuscire più ad avanzare. Le ruote anteriori sono completamente bloccate. L'autista scende dall'auto ed inizia a chiedere "Agua? Agua?" Scendiamo anche noi dall'auto, ci abbassiamo e notiamo una fiamma sotto il cofano.

Ci spaventiamo molto, anche in questo caso, però, i nostri autisti non si perdono d'animo. Dopo pochissimi minuti, senza pensarci due volte, dividono i viaggiatori dell'auto in panne nelle altre due e si riparte, il viaggio deve continuare.
Il cimitero dei treni si trova in un luogo molto meno poetico di quello che pensassimo.

I vagoni che un tempo venivano usati per il trasporto delle merci vennero abbandonati nella periferia di Uyuni 1940, a causa della crisi mineraria. Il sale col tempo li ha erosi, riducendoli a scheletri arrugginiti. Immaginavamo di trovare questi rottami nel mezzo del deserto, in realtà si trovano vicino ad una sorta di discarica a cielo aperto, piena di rifiuti. Questo orrido spettacolo ci lascia senza parole, ci chiediamo come sia possibile che la città che dà il nome ad uno dei luoghi più incantati del mondo possa trovarsi in queste condizioni.

Con un po' di amaro in bocca raggiungiamo un'officina dove troviamo uno dei nostri autisti. La scena è abbastanza comica, l'officina, infatti, è aperta ma dentro non c'è nessun proprietario, solo due bambini, e il nostro autista, vestito da meccanico, che entra ed esce come se fosse sua. Una riparazione self service. Dopo appena un'ora dall'incidente, l'auto è già pronta a ripartire. Raggiungiamo il vulcano Tunupa che domina il Salar per un'ultima vista panoramica, prima di vedere il tramonto scendere su questa giornata e chiudere il sipario su questo meraviglioso spettacolo che è il Salar de Uyuni.

Bolivia Cile
20-21 agosto

Arrivederci Cile, ben ritrovata Bolivia!

Ormai siamo quasi abituati alle sveglie nel cuore della notte che questa partenza, alle quattro e trenta del mattino, non ci sembra più così assurda, soprattutto perché oggi vedremo un luogo unico al mondo.

Siamo diretti a El Tatio, il campo geotermico più alto del mondo, con oltre trecento geyser è anche il terzo più grande del mondo.

Ci arriviamo dopo un'ora e mezza di pulmino. Durante il viaggio ne approfittiamo per "riposare gli occhi", quando li riapriamo troviamo davanti a noi un enorme campo fumante. La temperatura fuori è di meno diciassette gradi centigradi e questo rende tutto ancora più spettacolare: il calore delle acque idrotermali a contatto con l'aria gelida condensa in enormi nubi di vapore acqueo. Scendiamo dal pulmino dopo aver indossato i nostri tre strati di vestiti, aver inserito gli scaldini nei guanti e coperto il viso sotto il passamontagna.

Camminiamo tra i geyser, sentendo il rumore del vapore che ne fuoriesce. Ogni piccolo zampillo d'acqua, a contatto con l'aria, ghiaccia, creando scie bianche paraboliche.

L'energia di questo luogo è immensa. Anni fa, un ingegnere italiano, vedendo un'enorme potenzialità in questo luogo, pensò di realizzare una centrale geotermica, il progetto però fallì, un'esplosione fece saltare in aria tutto l'edificio.

Questo campo geotermico, infatti, è molto particolare, essendo ad una quota molto alta, le sue attività non sono costanti ma improvvise per cui non è semplice progettarne lo sfruttamento. Altri tentativi sono stati fatti successivamente ma tutti hanno avuto la stessa sorte.

Camminiamo per circa una quarantina di minuti aspettando l'alba. La vicinanza ai geyser non è sufficiente a contrastare il freddo, i nostri piedi e le mani iniziano ad essere dei piccoli ghiaccioli. Finalmente però, arriviamo nell'area che gli abitanti di San Pedro chiamano "scalda cu*o", ci sediamo a terra e il calore ci pervade. Ci togliamo i guanti e ne approfittiamo per scaldarci anche le mani. È un momento di connessione con la natura sensazionale, il caldo del terreno, i vapori che, dalle viscere della terra, emergono e ci circondano, i primi raggi di luce che filtrano tra la nebbia. L'emozione è forte. Resteremmo qui per ore ma la giornata è lunga.
A bordo del nostro pulmino attraversiamo la riserva di Putana, vediamo tantissimi uccelli: il pato puna, la tagua. Quello che però ci lascia senza parole è la guaiata, un uccello che vive in coppia e quando uno dei due muore, l'altro passa il resto della vita da solo.

Passando lungo le bofedales de Machuca abbiamo la fortuna di vedere la viscaccia, una sorta di lepre delle Ande dal manto grigio con sfumature verdi, molto difficile da incontrare.

Rientriamo per pranzo a San Pedro e troviamo la strada bloccata dalla processione dei promesantes. . Secondo la tradizione le persone che si rivolgono alla Vergine per chiedere una grazia, in cambio promettono di danzare in Suo onore per un periodo che può andare dai cinque ai venti anni. Ripetono questa processione cinque volte all'anno fino a che non termina la durata del voto. Alla processione partecipano persone di ogni età dai bambini, agli anziani, in qualsiasi condizione fisica. È davvero emozionante vedere come, nonostante gli acciacchi dell'età, continuino a tenere fede alla loro promessa.

Nel pomeriggio, invece, raggiungiamo Hierba Buena la più grande zona commerciale del periodo Inca, qui sono state realizzati tanti geroglifi che venivano utilizzati prima come metodi di calcolo e poi come pubblicità per i venditori.
Salutiamo il Cile con un ultimo tramonto bevendo pisco e vino cileno nella Valle de Arcoiris che arrossisce al nostro sguardo.

Lasciamo le strade asfaltate del Cile e torniamo nella selvaggia Bolivia. Le strade dissestate ci tengono svegli, prima tappa Laguna Blanca. Al nostro arrivo il bianco è ancora più accentuato dalla superficie ghiacciata della laguna. Soltanto la parte più prossima alle sorgenti di acqua calda è priva di ghiaccio e l'assenza di vento fa sì che, il riflesso della montagna innevata sullo sfondo, sia sensazionale.

Qui restiamo per qualche minuto in silenzio ad osservare lo scenario che ci circonda e ascoltando il rumore del vento che si incunea nelle vallate in lontananza.

Una parte del gruppo decide di formare il partito del silenzio, per godere i prossimi paesaggi senza parlare. Davanti a tutto questo soltanto pochi minuti di assenza di parole e pensieri ci rigenerano.
Il nostro rientro in Cile porta con sé tanta paura del freddo, le prossime notti saranno tutte ad oltre quattromila metri di quota e gli hospedajes precedenti ci hanno un po' traumatizzati.

Decidiamo quindi di fermarci per una pausa rigenerante alle terme di Polques. Con l'acqua a trentacinque gradi centigradi e la vista sulla Laguna Salada, mentre una famiglia di Vigogne è intenta ad abbeverarsi, viviamo una rinascita sia fisica che mentale.

Poco distante troviamo il campo geotermico Sol de Mañana. Fumarole e vulcanelli di fango ci circondano. È un territorio completamente incontaminato, se non fosse per una centrale geotermica pilota da cinque mega watt che  che le Nazioni Unite hanno costruito a pochissimi metri da qui. Esiste infatti un progetto molto più ampio che prevede la realizzazione di una centrale geotermica da duecento mega watt, che potrebbe soddisfare il trenta per cento del fabbisogno energetico di tutta la Bolivia. Viene da sé che, se dovessero riuscire nell'impresa, a differenza dei Cileni, questo territorio, ora libero da ogni interferenza umana, verrebbe completamente stravolto.

Concludiamo la giornata alla Laguna Colorada. Come ogni pomeriggio si è sollevato un vento gelido fortissimo ma questo non ci impedisce di ammirare questi sessanta metri quadrati di acque rosa che, col vento, increspandosi, assumono tonalità dorate, verdi e azzurre. Forse la laguna più bella vista fino ad ora.

Perù
18-20 agosto

La meraviglia del mondo a fine viaggio

In ogni viaggio c’è una tappa più attesa delle altre. Per noi è Machu Picchu.

Inserita tra i patrimoni Unesco e proclamata una delle sette meraviglie del mondo moderno, la città Inca mai trovata dai conquistadores, conclude nel migliore dei modi la nostra avventura in Perù.

Ci trasferiamo ad Agua Calientes in treno. Sembra di trovarci sull’ Orient-Express, un treno magico, con comode poltrone e degli enormi finestrini a giorno da cui osservare il panorama. È sera quando arriviamo in stazione e l’atmosfera è surreale, sembra veramente una stazione di un film dei primi del ‘900. C’è molta gente ed è bello pensare che siamo tutti lì per qualcosa che da tempo sogniamo di vedere. Raggiungiamo il nostro albergo e dopo aver cenato andiamo subito a dormire, l’indomani ci aspetta una grande giornata ma anche una sveglia molto presto.

Ci svegliamo con la pioggia, ma niente paura, abbiamo con noi ancora le mantelle colorate usate alle isole Ballestas e ancora col buio ci rechiamo alla fermata del bus che in pochi minuti ci porterà all’entrata di Machu Picchu. In questi ultimi anni il sito ha avuto diversi problemi causati dal sovraffollamento, tanto da costringere le autorità Peruviana a contenere gli ingressi e ridurli giornalmente ad un quinto rispetto il flusso precedente. Questo garantisce non solo una buona conservazione e manutenzione del sito archeologico, ma permette anche ad ogni visitatore di godere pienamente la visita prenotata.

Appena entrati infatti, tiriamo un sospiro di sollievo e iniziamo il percorso con calma e senza troppa gente intorno. È l’alba e la città è avvolta dalla nebbia. Gli occhi sono tutti puntati su quelle tre - quattro nuvole in attesa che si spostano e si riveli a noi la fortezza misteriosa. E quando accade l’emozione è tanta. Siamo davanti ad una meraviglia del mondo. Tanto attesa, tanto immaginata … è un sogno realizzato.

Grazie al suo isolamento, gli spagnoli non hanno mai trovato Machu Picchu, e quindi non hanno avuto la possibilità di saccheggiarlo e distruggerlo, come hanno fatto in molti altri siti. Col passare del tempo, la giungla iniziò a riprendersi Machu Picchu e pochissime persone ne ricordarono l'esistenza. Ci sono stati alcuni esploratori che si sono imbattuti in esso durante i loro viaggi e ci sono mappe che mostrano riferimenti ad esso già nel 1874. Rimase una sorta di mistero, tuttavia, fino a quando Hiram Bingham si presentò nel 1911 e gli fu mostrato il sito da un contadino locale di nome Melchor Arteaga. Bingham non è stato il primo esploratore lì, ma è stato lui a portare Machu Picchu all'attenzione del mondo.

Armati forza e coraggio saliamo ben 2600 gradini per arrivare in vetta alla montagna da dove la città Inca si fa più piccola ma anche più bella. Ed è proprio in questo contesto e davanti un meraviglioso panorama che assistiamo alla proposta di matrimonio di una coppia del nostro gruppo. Quale momento migliore?!

Salutiamo questo posto incredibile, la ciliegina sulla torta del nostro viaggio. E torniamo a Cuzco, il nostro campo base di questi ultimi giorni. Sappiamo che un’ultima mezza giornata di shopping e relax ci separa dai saluti a questa magica terra che è il Perù e a tutti gli altri viaggiatori. Ma torniamo carichi di immagini uniche, emozioni mai provate prima. Torniamo soprattutto con un’esperienza di viaggio in gruppo divertente. Arrivederci Perù!

Bolivia Cile
18-19 agosto

Il Paese dei Balocchi

Oggi salutiamo per qualche giorno la Bolivia e raggiungiamo il Cile. Fuori dalla nostra finestra scorrono panorami unici dai colori magnifici, mille tonalità di giallo, verde, marrone, alte montagne sembrano sfidare l'azzurro intenso del cielo.

Raggiungiamo la Laguna Hedionda, così nominata per via del forte odore di zolfo che emana quando le acque vengono increspate dal vento, sfortunatamente però, anche questa laguna è ghiacciata. Ci spostiamo quindi alla Laguna Kollpa. Qui un'altra sorpresa di questo viaggio incredibile: tantissimi fenicotteri si muovono sull'unico pezzo di laguna non ghiacciata. Restiamo qui per un po' ad ammirare in silenzio tutta questa natura. Poi torniamo in auto e ci dirigiamo verso la frontiera.

Siamo tutti un po' agitati, non sappiamo bene se per i militari che controlleranno i mille documenti che abbiamo dovuto produrre o per la storia che abbiamo letto nel diario di viaggio del Camino Real del 1974. Quell'anno, infatti, tutto il confine tra Cile e Bolivia era altamente militarizzato in quanto si avvicinava il primo anniversario dal golpe di Pinochet e si temeva il ritorno di ribelli in Cile. I viaggiatori di avventure, una volta superata la frontiera, vennero fermati dai militari e trattenuti dai militari una notte intera al freddo perché scambiati proprio per ribelli. Fortunatamente il giorno seguente tutto si concluse per il meglio ma, probabilmente, deve essere stato uno dei momenti più intensi di tutto il loro viaggio.

Ci avviciniamo quindi ai controlli con molta ansia di essere respinti. La responsabile dei controlli si presenta subito molto severa e rigida. Iniziano a controllare la nostra déclaration jurada ma la loro applicazione dice che è scaduta nonostante sia ufficialmente valido altre 4 ore. Dopo lunghi minuti di concitazione tra lei e la nostra guida riusciamo finalmente, uno alla volta, a ottenere il timbro sul passaporto. Un piccolo passo per il viaggiatore, un grande passo per tutto il gruppo -semi citazione-. Ma non è finita qui: il secondo passaggio prevede il controllo dei bagagli. Apriamo i nostri borsoni sul lungo tavolo di metallo ed aspettiamo con ansia che procedano al controllo. Tutto però fila liscio, gli addetti sono molto più simpatici della ragazza che ci ha "accolti" all'inizio e ci lasciano passare in pochissimo tempo.

Siamo ufficialmente in Cile.

La nostra guida ci anticipa tutto quello che vedremo nei prossimi giorni. Ha gli occhi che brillano quando ne parla, si vede che è innamorato di questa terra. Arriviamo a San Pedro de Atacama, ci sistemiamo in hostal e ci sembra di sognare: acqua calda, letti veri e non strutture di cemento con un materasso poggiato sopra, un'altitudine che ci permette di camminare senza affanno.
Dopo una doccia rigenerante e aver assunto sembianze quasi umane iniziamo a girare per San Pedro. Il sole ci scalda la pelle e attorno a noi tantissimi viaggiatori che da qui partono per esplorare il deserto più arido del mondo. L'atmosfera che si respira e di serenità e libertà. Ci sembra di essere arrivati nel Paese dei balocchi. Le persone che incontriamo per strada ci lanciano sguardi di intesa e ci sorridono, siamo tutti viaggiatori accomunati dalla stessa voglia di scoprire ed esplorare il mondo e questo basta ad abbattere ogni barriera.

Da San Pedro di buon mattino ci spostiamo verso sud, raggiungiamo il tropico del Capricorno all'alba, dove facciamo colazione con delle buonissime baguette, prese alla Franchuteria di San Pedro.

Un altro breve tragitto in auto ci porta al Salar de Aguas Calientes, una bianca distesa di sale, intervallata da lagune. I monti che la circondano sembrano avvolti dalla nebbia. Questo effetto è dato dal boro che, essendo molto volatile, si solleva dal salar e ricopre di bianco le pendici delle montagne circostanti.

Altra inaspettata meraviglia di questa giornata è la laguna Miscanti. Uno specchio d'acqua di quindici chilometri di diametro nel quale si riflette la montagna Ipira con i suoi versanti innevati. Un quadro che ci ricorda molto un paesaggio alpino. Decisamente diverso da tutto quello visto da quando siamo partiti.

Ci spostiamo poi al Salar de Atacama, un deserto di sale che si è formato settantaquattro milioni di anni fa, a seguito di un sollevamento tettonico. Questo territorio è molto ricco di elementi chimici importantissimi per la produzione di dispositivi elettronici e batterie, come ad esempio il litio che viene estratto in tre grandi centri ben visibili dalla strada.

Facciamo sosta alla Laguna Chaxa, dove vediamo da vicino i tanti colori che quei preziosi elementi chimici donano all'acqua: il rosso dello iodio, il bianco del bromo e una schiumetta marroncina composta dal litio.
Ma questa laguna non è particolare solo per questo. Qui è possibile ammirare tantissimi fenicotteri intenti a cibarsi, la lucertola andina e altri piccoli uccelli tipici di queste zone.

La giornata potrebbe già finire qui per l'enormità e la bellezza di cose viste ma il meglio probabilmente arriva nel pomeriggio. Raggiungiamo, infatti, la Valle della Luna. Un'enorme area piena di evaporiti: rocce che si sono formate a seguito del sollevamento di terreni che un tempo si trovavano sotto il livello del mare e alla conseguente evaporazione delle acque dell'oceano che prima li ricoprivano.

Basta però cambiare strada che pochi metri dopo le evaporiti vengono sostituite da enormi dune di sabbia, siamo pur sempre nel deserto più arido del mondo, eh!

Concludiamo la giornata nella valle dei dinosauri, così chiamata per gli strati di roccia verticali che ricordano proprio le creste di un dinosauro. Attendiamo il tramonto, sorseggiando pisco sour, mentre sullo sfondo la cordigliera diventa sempre più rossa. 

Che sogno questo Cile!

Bolivia Cile
16-17 agosto

La prima gelida notte

“Confine cileno. [...] manca solo un po’ di benzina, ma ce la regalerà un camionista, più avanti: “la benzina è un bene pubblico, ve la regaliamo, non possiamo venderla”. Dal diario di viaggio di Vittorio Kulczycki e Carla Segre, Camino Real 1974.

Quasi cinquant'anni dopo, stessa storia.

In partenza da Tupiza, carichiamo sulle auto 4x4, che ci accompagneranno fino al confine cileno, il carburante necessario per tutti i prossimi giorni. Al confine col Cile, infatti, non c'è possibilità di rifornimento. In Bolivia il prezzo del carburante  è molto basso, metà del prezzo è pagato dal governo e soltanto l'altra metà viene pagata dai boliviani. Per evitare che i cileni vengano a farne scorta, si e quindi scelto di non costruire stazioni di rifornimento vicino alla frontiera. 

La prima tappa del nostro viaggio in auto è El Sillar, ci fermiamo ad ammirare il panorama, alti cactus si prestano a farci da cornice a questa splendida valle.

Torniamo in auto, oggi il trasferimento è lunghissimo, ma è reso meno pesante dai tanti avvistamenti di lama ed alpaca lungo la strada. 

Ci fermiamo a pranzo a Cerrillos, un pueblo minuscolo sull'altipiano. Mentre la nostra cocinera ci prepara il pasto, ne approfittiamo per girare nella piccola piazzetta, seduta a terra in un angolo un'anziana signora in abiti tradizionali. Proviamo a parlarle in spagnolo, lei ci guarda ma non risponde, dopo poco scopriamo che parla solo quechua, una delle antiche lingue degli andini. 

Nel pomeriggio continuiamo il viaggio, spessissimo il nostro autista ci dice "qui c'è una miniera" è assurdo quanto questo territorio sia fruttuoso e quanto la Bolivia sia strettamente legata, quasi vincolata, economicamente all'estrazione mineraria.

Mentre proseguiamo in paesaggi desertici, di rado fanno capolino piccoli villaggi di pastori il cui unico sostentamento è l'allevamento di lama.

Ci fermiamo per una fermata ad un mirador e improvvisamente quattro condor volano sulla nostra testa, tre si allontanano rapidamente, il quarto, invece, sembra incuriosito dalla nostra presenza, inizia a girare in tondo sulla nostra testa, a pochissimi metri di altezza, per diverso tempo. Vola e ci guarda. L'emozione che proviamo e’ unica. Non ci aspettavamo di vivere un'esperienza del genere.

Il viaggio di oggi è caratterizzato da tante soste panoramiche, ad un certo punto, però, notiamo che la macchina che apre la nostra carovana si ferma tra due alte pareti rocciose, non capiamo bene il motivo di tale sosta fino a che, avvicinandoci, notiamo la ruota posteriore destra a terra. Doveva capitare prima o poi con strade così dissestate! I nostri autisti non si perdono d'animo e in pochi minuti sostituiscono la ruota, uno di loro scherza: "se i meccanici della formula 1 dovessero cambiare una ruota qui impiegherebbero molto più tempo!"

Il viaggio prosegue, concludiamo la giornata a Ciudad Encanto, una spettacolare formazione di argille con un tetto di arenaria che vento e pioggia hanno modellato creando forme davvero uniche.  

Trascorriamo la nostra prima notte in hospedaje a Guadalupe. Si tratta di piccole strutture, realizzate con mattoni di fango e sabbia, tetti di lamiera, senza riscaldamento né acqua calda e spesso il bagno si trova fuori dalla struttura. A queste quote, in questo periodo, la temperatura di notte scende spesso sotto lo zero. Dormire qui, per noi che non siamo abituati a tutto questo freddo, non è proprio una passeggiata ma è anche l'unica soluzione possibile.

Ci svegliamo alle 5.30 per andare ad ammirare l'alba a Ciudad de Roma. La temperatura è di meno dodici gradi centigradi e il vento è gelido.

Davanti a noi il sole inizia piano, piano a sorgere, sul lato opposto le montagne si colorano di rosso.

Più il sole diventa alto, più la vallata acquista colore e nitidezza. In un solo colpo d'occhio riusciamo ad ammirare la Bolivia, il Cile col suo Cerro Turuncu e l'Argentina con l'alto vulcano Cerro Granadilla.

Dopo esserci riempiti gli occhi di tutta questa bellezza, riprendiamo la strada, oggi ci aspetta un altro lungo tragitto. La strada è molto malmessa, le auto traballano a destra e a sinistra, ci distanziamo di circa cinquecento metri per evitare che la polvere sollevata dal mezzo che ci precede ci impedisca la vista.

Dopo un'oretta di strada vediamo la nostra cocinera percorrere a piedi e a ritroso la strada, deve essere successo qualcosa!  

Ci fermiamo e ci dice che la prima auto ha perso tutti i bulloni di una ruota e che ad un certo punto la ruota sì è liberata dall'asse  rotolando giù per la valle. 

Ci preoccupiamo per i nostri compagni di viaggio che raggiungiamo in pochissimi secondi ma li troviamo sereni e sorridenti mentre ci raccontano la scena esilarante di loro che, insieme all'autista, corrono giù per la valle per tentare di recuperare la ruota che saltellava in giro.

Sistemato anche questo problema, riprendiamo il viaggio attraversando l'altopiano delle lagunillas. Non vedevamo l'ora di ammirare i colori della laguna gialla e della laguna celeste, sfortunatamente le troviamo quasi completamente ghiacciate e con un vento gelido fortissimo che non ci permette di apprezzare con tranquillità lo spettacolo che si apre davanti a noi.

Infreddoliti e un po' amareggiati raggiungiamo in serata Quetena Chico, dove trascorriamo la notte.

Perù
15-17 agosto

Colori...

Siamo sempre di più attirati dai posti colorati. Forse perchè ci mettono allegria o perché catturano completamente i nostri occhi, stimolano la nostra mente, danno vigore al nostro corpo. I colori sono una parte importante della natura, sono infiniti, unici e messi insieme danno vita ad un vortice di energia. 

I giorni che stiamo per affrontare avranno come protagonisti proprio i colori.

È il motivo per cui questa mattina, nonostante la levataccia, siamo tutti sorridenti e più attivi che mai. Ci rechiamo a Palcoyo per salire sulle montagne colorate. 

Scegliamo Palcoyo e non Vinicunca perché è una zona con più montagne colorate e soprattutto perché non è affollata. Abbiamo modo di percorrere la salita senza alcun ingorgo, ognuno coi suoi tempi. Possiamo fare delle soste per ammirare il paesaggio e soprattutto assorbire l’energia che emanano queste montagne. La nostra guida inizia il trekking spiegandoci i tre livelli dello spirito andino: cielo, presente e la terra da cui veniamo e dove torneremo.

Arriviamo in vetta sfiorando i 5000 metri. L’effetto che i minerali creano sul dorso delle montagne è magnifico. Ogni colore ha bisogno dell’altro per creare questo spettacolo, così come, in un viaggio di gruppo, ognuno contribuisce con le proprie idee, con le sue caratteristiche, con la sua personalità. 

Il bello del condividere un’avventura insieme è proprio la diversità. Ciascuna persona porta colore all’interno della squadra; il suo colore proprio che, messo insieme a quello degli altri, forma la nuance giusta per un’esperienza perfetta. 

Dai tanti colori delle montagne di Palcoyo passiamo ad un unico colore: il bianco delle Salinas di Moras, Patrimonio dell’Umanità. Arriviamo alle Salinas prima di pranzo e le ammiriamo dall’alto. Siamo rapiti da uno scenario luminosissimo, con il bianco delle pozze da cui riflettono le nuvole. Sono un insieme di circa 3000 vasche poste su dei terrazzamenti collinari. Oltre a essere una testimonianza storica dei tempi pre-incaici, rappresentano anche un bellissimo esempio di gestione comunitaria di una risorsa naturale. Le saline sono di proprietà di famiglie locali della regione (circa 700 famiglie) e spesso vengono tramandate di generazione in generazione. L'estrazione del sale fornisce una parte importante del loro reddito di sussistenza. Tradizionalmente, le saline sono a disposizione di chiunque voglia estrarre il sale, ma devono essere membri della comunità. Alle nuove famiglie viene assegnata una salina ai margini del sito e la sua dimensione dipende dal nucleo familiare. Un nuovo arrivato può selezionare una salina vuota, imparare a manutenere la salina e iniziare i lavori.

Riprendiamo il nostro bus e procediamo verso un’altra tappa e un altro colore: il verde delle terrazze di Moray.

I terrazzamenti sono concentrici e formano un anfiteatro scavato in un’enorme cavità nel terreno (formatasi probabilmente dalla caduta di un meteorite). Anche su questo sito ci sono stati diversi studi e teorie, ma quella più convincente è che si tratta di un laboratorio agricolo. Ogni terrazzamento se pur distante un paio di metri l’uno dall’altro, ha una temperatura differente di un grado. Questo permetteva di poter coltivare e studiare diverse tipologie di piante e di conservare la semente per ulteriori stagioni. Questo luogo, inaspettato, a cui ancora non molte persone mostrano interesse, si rivela uno dei luoghi più interessanti del nostro viaggio.

Contenti della giornata di ieri trascorsa tra i colori dei siti visitati e, dopo un’abbondante colazione, partiamo per colorare d’azzurro questo nuovo giorno di viaggio. Visiteremo la laguna Humantay.

È una tappa ancora poco conosciuta ma che vale la pena fare. Un lago dalle acque turchesi tra la catena montuosa di Vilcabamba, formatosi dallo scioglimento dei ghiacciai Humantay (5.473 m) e Salkantay (6.270 m). È una delle meraviglie naturali di Cusco, accessibile con una breve ma intensa passeggiata in una splendida cornice tra lama, alpaca, colline e ruscelli.

Lo scenario è davvero magico, siamo abbracciati da montagne innevate e camminiamo su un prato verde fiorito. Il percorso è ben delineato e molto ripido. Iniziamo a salire e ognuno procede col suo passo. Sono solamente un paio di chilometri ma per alcuni di noi si fanno sentire. Ci siamo, un’ultima salita e davanti a noi appare la laguna Humantay. C’è molta, ma molta gente ma ignoriamo il fatto e ci troviamo un posticino per sederci e contemplare lo scenario. Le acque della laguna sono veramente azzurre e riflettono il bianco candido del ghiacciaio.

Ci godiamo il posto. Tanta bellezza, magia, energia e tanto colore che cerchiamo di fare nostro per quando torneremo alla routine della nostra quotidianità.

Bolivia Cile
15 agosto

Tupiza, joya de Bolivia

È un nuovo giorno qui in Bolivia, oggi siamo a Tupiza, dove vivremo la prima vera esperienza a contatto strettissimo con la natura.

Ci troviamo infatti in una fattoria e ci stiamo preparando per una passeggiata a cavallo nelle Quebradas: delle strette valli delineate da spettacolari rilievi rocciosi modellati dal vento.

Non tutti sono proprio tranquilli all'idea di salire su un cavallo ma non rinunciano a priori all'avventura e hanno scelto comunque di provarci.

Iniziamo la passeggiata lunga la vecchia ferrovia per poi raggiungere l'inizio delle Quebradas. Il paesaggio già da qui si preannuncia maestoso, siamo circondati da piccole colline grigie e sullo sfondo si vedono delle vette rosse che fanno capolino. Più avanziamo più il rosso inizia a diventare preponderante. Le dolci colline di prima iniziano a diventare più aspre. 

La geologia qui si è proprio divertita, dei movimenti tettonici, nel corso di milioni di anni, hanno modellato gli strati di arenaria rossa creando delle enormi pieghe, in alcuni casi gli strati sono stati così tanto deformati da diventare addirittura verticali. Il vento, a sua volta, ha terminato l'opera d'arte, erodendo gli strati più friabili e lasciando degli enormi pinnacoli. 

Attraversiamo la Porta del Diablo, per poi raggiungere la Valle de Los Machos ed infine la Valle degli Incas.

Ormai è passato un po' di tempo dall'inizio della passeggiata e siamo entrati in perfetta sintonia con i nostri cavalli. Va bene, forse non proprio tutti, ma riusciamo comunque a goderci in tranquillità l'ambiente che ci circonda. 

Silenzio, il rumore del vento tra i cespugli secchi, il passo dei cavalli sul terreno. Respiriamo a pieni polmoni e apprezziamo il sole che ci scalda la pelle, mentre attorno a noi scorrono le altissime pareti rocciose rosse che creano un meraviglioso contrasto con l'azzurro intenso del cielo. 

Forse il segreto della felicità si trova qui.

Concludiamo la giornata raggiungendo Toroyoj, un punto panoramico sopra le Quebradas che lascia tutti senza parole.

Tupiza è soprannominata la “Joya de Bolivia” e noi oggi abbiamo capito il perché.

Bolivia Cile
14 agosto

Potosì e la montagna d'argento

"Potresti costruire un ponte di argento puro da Potosì a Madrid con i minerali estratti. Potresti costruire il ponte di ritorno con le ossa di quelli che sono morti cavandoli." -Eduardo Galeano

Le montagne aride di terra rossa ci fanno da cornice mentre Sucre si allontana alle nostre spalle.

Arriviamo a Potosì, simbolo dell'attività mineraria della Bolivia. L'emblema della Città è infatti il Cerro Rico, montagna che deve il nome alla presenza di giacimenti di minerali e metalli preziosi, l'estrazione dei quali, ancora oggi, rappresenta la fonte principale di sostentamento di tante famiglie boliviane.

Abbiamo scelto di inserire questa tappa perché quando viaggiamo ci piace informarci su tutti gli aspetti che caratterizzano un Paese, anche quelli più critici, al fine di avere una base di conoscenze per sviluppare una nostra opinione, basata sull'esperienza che ci è stata raccontata da chi vive quelle situazioni in prima persona.

Man a mano che ci avviciniamo a Potosì la strada diventa più panoramica, ad un certo punto riusciamo a vedere tutta la città dall'alto. Le casette di terracotta, una addossata all'altra, da qui sembrano fatte di cartone.

Arrivati in centro la nostra guida ci invita ad indossare una tuta, degli stivali e un elmetto protettivo dotato di luce. Ci introduce quindi la realtà della miniera.

Il Cerro Rico viene sfruttato da oltre quattrocento anni, da quando le enormi vene d'argento della montagna vennero scoperte dagli spagnoli, nel 1547.

Secondo una leggenda, però, già prima dell'arrivo degli spagnoli, gli Incas conoscevano la potenzialità della montagna ma quando iniziarono a cavare la collina quest'ultima parlò dicendo "Non prendete questo argento, è destinato ad altri padroni".

Gli storici vedono in questa variante un'influenza deliberata degli spagnoli nella leggenda, per legittimare il loro lavoro sulla collina. Infatti, se da un lato l'estrazione di argento è stata la fortuna degli spagnoli, dall'altra ha segnato la condanna per la popolazione indigena, costretta dai conquistadores ad abbandonare la propria tradizione per essere sfruttata in miniera e molto spesso a perdere la vita.

Le condizioni lavorative, infatti, non sono ottimali, i rischi sono all'ordine del giorno e sono ancora molti i minatori che perdono la vita a causa di esplosioni, crolli, asfissia. La vita media lavorativa di un minatore è di venti anni, molti iniziano a lavorare da giovanissimi a quattordici o quindici anni. Per coloro che sopravvivono alla miniera, il mostro più duro da combattere si chiama silicosi.

Ci chiediamo allora perché, alla luce di tutte questi rischi per la salute, le persone scelgano di continuare a lavorare in miniera. La nostra guida ci risponde che per gli abitanti di Potosi non ci sono alternative reali. Potosì è considerato un villaggio minerario e il governo non ha interesse a creare altre opportunità di lavoro non legate alla miniera. L'obiettivo del governo è, infatti, rendere il Cerro Rico una miniera a cielo aperto, per garantire delle condizioni di sicurezza migliori. Questo, però, vorrebbe dire utilizzare macchinari che sostituirebbero la manodopera umana per cui i minatori sono fortemente contrari a questa soluzione. Ci dice poi che il salario di un minatore, quando le materie prime sono ben quotate, è molto più alto di quanto guadagna un qualsiasi altro lavoratore in città per cui gli abitanti preferiscono rischiare ma avere la certezza di un guadagno più alto.

Attualmente circa diciottomila abitanti di Potosì lavorano nelle miniere, il quaranta per cento della popolazione, la parte restante è impiegata nell'industria mineraria e soltanto una piccolissima parte nel settore turistico.

Prima di raggiungere la miniera percorriamo il mercato dove i minatori acquistano la dinamite da utilizzare in miniera. Potosi, infatti, è l'unica città dove l'acquisto della dinamite è libero. Proprio per questo motivo molte persone da tutta la Bolivia vengono qui per acquistarla, per poter minacciare il governo di utilizzarla in caso di rivolte. 

Durante la visita della miniera attraversiamo i cunicoli che ogni giorno percorrono i minatori per raggiungere le loro postazioni di lavoro. Ad un certo punto veniamo avvolti da un forte odore di fumo, ci spaventiamo, non sappiamo cosa sia ma la nostra guida sembra tranquilla e continua ad addentrarsi nel cunicolo buio, l'odore di fumo diventa sempre più forte fino a quando, finalmente, capiamo cosa sia: è l'odore delle sigarette che ogni giorno i minatori, prima di iniziare a lavorare, offrono al dio della miniera, insieme ad alcool e foglie di coca per chiedere protezione. 

I piccoli tunnel sono freddi e umidi, a terra scorrono rivoli d'acqua rossastra, colore dato dall'ossidazione di minerali cavati. Ai lati dello stretto percorso lungo cui camminiamo, spesso vediamo dei buchi, la guida ci spiega che sono dei camini, di oltre centocinquanta metri di profondità, che permettono la circolazione di ossigeno anche ai livelli più profondi della miniera. Il rischio di caderci dentro e davvero alto.

Dopo circa un'ora torniamo a vedere la luce, la nostra pelle è secchissima e facciamo quasi fatica a respirare, nonostante il periodo che abbiamo trascorso in miniera sia stato molto ridotto. Non riusciamo ad immaginare cosa vivano ogni giorno i minatori.

Alla luce di questa esperienza ci chiediamo se davvero non ci siano alternative attuabili dal governo per garantire un lavoro sicuro a tutti gli abitanti di Potosì. 

Alcuni studi prevedono che il Cerro Rico potrà essere sfruttato ancora per circa ottant'anni. La fine di questo periodo, molto probabilmente, segnerà anche la fine di Potosì.

Perù
13-14 agosto

Cuzco: contrasti, armonie e il ritorno allo spirito Inca

Cuzco. Per gli Inca rappresentava l’ombelico del mondo. È la città più antica del continente, la capitale archeologica delle Americhe. 

La città dei contrasti e armonie: chi arriva qui, nota subito la diversità da tutti gli altri luoghi visitati. Si respira un profondo senso di appartenenza alle radici Inca e si percepiscono gli effetti della dominazione spagnola. Le affascinanti chiese sono costruite sopra vecchi edifici inca e la lingua quechua si ascolta parlare più che in ogni altro posto. Soprattutto tra i giovani c’è un sentimento comune, che verte alla riscoperta delle proprie radici Inca. Ma c’è anche chi ritiene tutto ciò un’assurdità e lotta per fermare questo nuovo movimento.

Cuzco sarà la nostra base per i prossimi giorni, da cui raggiungere le mete più emblematiche del Perù. 

Arriviamo la sera e lo scenario sembra quello di un presepe: tante lucine sulle colline circostanti. Ci innamoriamo subito di questa città. Sistemiamomi i bagagli, doccia e subito fuori per un primo approccio e per gustare una meritata cena. 

Il programma di domani prevede prima la visita a las cuatro ruinas, poi il mercato di San Pedro e infine un city tour. 

Di buon mattino visitiamo las cuatro ruinas o meglio, i quattro siti archeologici ai limiti di Cuzco. Saqsaywamán è una fortezza cerimoniale Inca. Le pietre arrivano a pesare anche 5 tonnellate ciascuna, furono trasportate nell'area con funi gigantesche e poi scolpite sul posto per costruire le pareti come un puzzle. Q’enqo (che significa zig zag) al tempo dell'Impero Inca era un centro dedicato alle cerimonie e di particolare interesse sono il suo anfiteatro semicircolare e le sue gallerie sotterranee.

Pukapukara invece era una fortezza difensiva che si erge su una collina e ci colpisce con la sua architettura di grandi mura, terrazze e scalinate. Al tramonto, le rocce assumono un sorprendente colore rossastro che dà il nome alla costruzione: Puca Pucara infatti significa Fortezza Rossa in quechua. Tambomachay erano terme Inca. Sono un vero paradiso acquatico con acquedotti, canali e cascate che si alimentano dai pozzi e dalle sorgenti termali circostanti. Le rovine si trovano su una collina sopra il fiume Tambomachay.

Ci muoviamo verso il centro città alle ore tredici, per visitare il mercato di San Pedro, uno dei luoghi più pittoreschi di Cuzco. È un mercato prevalentemente alimentare dove gustiamo dei piatti tipici come il Pastel de Papa (una torta di patate con peperone ripieno), Cheviche e ricchi frullati di frutta fresca. 

Naturalmente ci lasciamo rapire anche dalla parte dei banchi di artigianato locale, pieni di colore e oggetti interessanti da riportare a casa. 

Nel pomeriggio continuiamo con un giro panoramico della città.

Bolivia Cile
12-13 agosto

Sucre, alti ma non troppo!

Rumore delle ruote che rotolano velocemente sull'asfalto, vetri dell'aereo che vibrano, la schiena che improvvisamente viene schiacciata contro sedile e il muso dell'aereo che punta verso il cielo, ci siamo: il Bolivia Cile Discovery, ultimo viaggio del tour "Io viaggio avventure "Alle origini del sogno" ha inizio.

Il gruppo si è ritrovato nei due aeroporti di Fiumicino e Malpensa. Dopo le presentazioni, a Milano, iniziano le prime condivisioni: "quale tattica useresti per sopravvivere in viaggio in caso di smarrimento della valigia?". L'ironia però dura poco, qualcuno riceve una notifica sul cellulare "Volo per Madrid in ritardo di un'ora e quarantacinque minuti!" il rischio di perdere la coincidenza per Santa Cruz è alto. Tutto il gruppo si mobilita per cercare il modo di ottimizzare i tempi necessari per il trasferimento a Madrid dal terminal 1 al terminal 2, dove dovremmo prendere il volo per la Bolivia.

Fortunatamente, però, una volta arrivati al desk, la hostess ci rassicura: il volo è in leggero ritardo ma non partirà alle 20:00, come invece annunciava la notifica.

Tiriamo tutti un sospiro di sollievo, allarme rientrato!

Il viaggio prosegue tranquillo, a Madrid, il gruppo di Milano si unisce ai viaggiatori in arrivo da Roma. Ora siamo al completo!

Dopo un volo di undici ore raggiungiamo Santa Cruz, qualcuno esce dall'aeroporto per fumare ma rientra dopo poco dicendo "Penso che quella sia stata la mia ultima sigaretta, ho già accusato l'altitudine, mi girava la testa! Ma a che quota è Santa Cruz?". Facciamo un rapido controllo su Google e scopriamo che Santa Cruz è a "ben" 400 metri sopra il livello del mare, il gruppo scoppia a ridere, "Quasi come Milano!", qualcuno aggiunge.

Impieghiamo il tempo che ci separa da Sucre, la capitale costituzionale della Bolivia, facendo un briefing introduttivo sul viaggio.

La città bianca ci accoglie con un meraviglioso cielo azzurro ed una temperatura ottimale, resa ancora più gradevole da un leggero venticello che ci accompagna durante tutta la visita della città.

Pranziamo nel coloratissimo mercato centrale con il mondongo, un piatto tipico della regione di Chuquisaca a base di carne di maiale al sugo accompagnata da mais bollito. La cosa che più apprezziamo è il poter vivere la città con la popolazione locale, i turisti in città sono davvero pochi se non addirittura inesistenti, siamo gli unici europei, insieme soltanto ad un altro gruppo di Avventure.

Nel pomeriggio raggiungiamo il mirador Recoleta, un vista panoramica sulla città di Sucre. Percorrere la scalinata per arrivare in cima è stata la prima sfida del viaggio. Nonostante ci troviamo ad appena 2800 metri sul livello del mare, il fiato corto inizia, infatti, a farsi sentire. Considerando che questa è l'altitudine più bassa che toccheremo durante tutto il viaggio, qualcosa ci fa pensare che ne vedremo delle belle.

Concludiamo la giornata ammirando un caldissimo tramonto sui tetti del monastero di San Felipe Neri, proprio quello che ci vuole mentre la temperatura, che ci ha coccolati per tutta la giornata, inizia a scendere lasciando spazio alla nostra prima notte boliviana.

Colombia
10-13 agosto

6 sfide in Amazzonia

Hola dal gruppo Colombia! Questa pagina di diario si è fatta attendere un po' più a lungo perché, ormai qualche giorno fa, ci siamo lasciati alle spalle città, bagagli e connessione internet per raggiungere la tappa più attesa del nostro viaggio: la foresta Amazzonica. Ne siamo usciti stanchi e piuttosto sporchi ma, per tutto il gruppo, questa è stata l'esperienza più emozionante del viaggio. Pronti a scoprire quali sfide abbiamo superato?

1) Saltare tra Colombia, Brasile e Perù in pochi minuti 

La nostra visita in Amazzonia inizia al porto di Leticia, una cittadina a cavallo di tre Paesi: sotto ai nostri piedi, la Colombia; alla nostra sinistra, dalla parte opposta del Rio delle Amazzoni, il Brasile. Di fronte a noi, il luogo in cui trascorreremo la notte: il Perù.

Per circa 24 ore facciamo quindi un'invasione di campo del team peruviano dormendo nella riserva Marasha, un luogo incantevole nel cuore della foresta, su un lago placido pieno di fiori di loto. Impariamo così che qui i confini sono pochi, sfocati e disegnati dalla natura più che dalla mano dell'uomo. 

2) "Camminare" sulle acque

In Amazzonia le strade sono rare e difficili da percorrere: per avere un'idea, considerate che Leticia dista 800 km dall'autostrada più vicina. Abbandoniamo quindi le normali strade di asfalto e il pulmino che ci ha accompagnati per più di 10 giorni, per lasciare il posto a vie d'acqua e imbarcazioni: barche a motore con cui sfrecciamo a tutta velocità lungo il Rio delle Amazzoni, piccole lance per scivolare lentamente tra gli affluenti del fiume e kayak con cui esploriamo un lago cristallino nel cuore della foresta.

3) Dormire in una casa sull'albero

Per vivere ancora più a stretto contatto con la natura (e per mettere alla prova la solidità del gruppo dopo 13 giorni insieme!) decidiamo di dormire tutti e 15 in una casa sull'albero. Formazione: 12 di noi suddivisi in letti matrimoniali, 3 sulle amache, un unico bagno senza porta e solo la luce delle nostre torce frontali a illuminarci. La preparazione per la notte è caotica e divertente, ma viene interrotta da un inquilino indesiderato: una tarantola passeggia proprio sopra a una delle zanzariere dei letti. Il gruppo attiva la modalità emergenza: ci confrontiamo sul da farsi e decidiamo di provare a spostarla all'esterno. Dopo qualche minuto di goffi tentativi, missione compiuta! La nostra notte è salva e questa avventura, affrontata tutti insieme, diventa una delle più memorabili del viaggio. 

4) Cambiare punto di vista volando sopra la foresta 

Ogni tanto, camminando in Amazzonia, si perde di vista il cielo: la vegetazione è così fitta che dall'alto filtrano solo pochi raggi del sole. Ci rendiamo conto di essere puntini minuscoli in mezzo a una natura sconfinata solo quando saliamo in cima agli alberi più alti, guardando sotto di noi. Imbragatura, caschetto e guanti protettivi: siano pronti a volare sopra la foresta con la zipline!

5) Imparare a guardarsi intorno

Un alberto cavo il cui suono rimbomba in tutta la foresta, un tronco cosparso di spine, una pianta parassita che avvolge ciò che le cresce accanto, un albero lungo e sottile che racchiude interi formicai e veniva utilizzato dagli indios come luogo di tortura (legando le persone al tronco e lasciando che venissero morse dalle formiche): passo dopo passo impariamo a riconoscere ciò che ci circonda e scopriamo il forte valore simbolico che queste piante hanno per le comunità che vivono qui. E ad abitare questi luoghi non sono solo gli umani: con pazienza, silenzio e qualche escursione notturna, incontriamo delfini grigi e rosa, pappagalli e farfalle coloratissimi, caimani, piranha, piccole scimmie, bradipi, rane dai colori elettrici e decine di insetti diversi. E anche quando non riusciamo ad avvistarli, i loro suoni nascosti tra gli alberi ci ricordano di non essere mai soli.

6) Scoprire i segreti di chi vive a contatto con la natura 

Puerto Narino è una delle ultime tappe della nostra esplorazione dell'Amazzonia. Raggiungibile solo via fiume, è l'opposto della caotica e inquinata Leticia: le automobili sono vietate (a eccezione dell'ambulanza e il furgone per la raccolta dei rifiuti), l'acqua piovana viene raccolta e riciclata, la corrente è limitata a una parte della giornata e prodotta da un generatore locale. I suoi abitanti - principalmente indigeni Ticuna, Cocoma e Yagua - ogni giorno si impegnano per rendere questo luogo un esempio di perfetta convivenza tra uomo e natura.

Salutiamo questa terra sulle rive del Rio delle Amazzoni di fronte a un tramonto infuocato e ci prepariamo per abbandonare questo caldo umido: si torna a 2.600 metri a Bogotà!

Perù
11-12 agosto

La magia del Lago Titicaca

Ci svegliamo molto presto e in barca attraversiamo il Lago Titicaca. Un tragitto piuttosto lungo che sfruttiamo prima dormendo un po’, poi giocando a Lupus in fabula (il gioco di gruppo che ci sta divertendo di più).

La prima tappa è alla comunità degli Uros.

È una popolazione antichissima che vive sulle isole galleggianti costruite con la totora, una pianta acquatica che cresce spontaneamente sulle rive del lago. Sbarchiamo su una di queste isolette dove ad accoglierci c’è il capo villaggio che ci mostra come si costruisce un’isola e com’è organizzata la vita comunitaria. 

Su ogni piattaforma vivono dalle 4 alle 5 famiglie e la loro economia si basa sulla pesca, l’accoglienza turistica e la produzione di oggetti artigianali.

Salutiamo gli Uros, e con la barca ci spostiamo dall’altra parte del Lago Titicaca dove ci prepariamo a vivere la magia e il misticismo andino sbarcando ad Amantaní, l’isola più grande del versante peruviano del lago Titicaca. 

È abitata da un’altra popolazione appartenente all'etnia aymara di lingua quecha. Veniamo ospitati in diverse famiglie a gruppi di quattro persone e arrivati al porticciolo troviamo il capo famiglia ad accoglierci.

In questi giorni l’isola celebra diverse ricorrenze, è un vortice di danze di gruppo, musica, colori.

Al tramonto saliamo nel punto più alto dell’isola per il saluto e il ringraziamento alla Pachamama e poi ancora festa, con balli attorno a dei falò.

Le famiglie che ci ospitano sono molto cordiali e modeste. Qui la corrente elettrica è arrivata da solo 1 anno e l’accoglienza dei visitatori come noi è l’unico sostentamento che hanno. 

I pasti che condividiamo sono a base di quinoa, patate e altri tuberi; piatti molto essenziali ma veramente buoni. 

Dopo cena indossiamo i poncho e altri abiti tradizionali e ci rechiamo in un locale comunitario molto grande, dove hanno organizzato una serata per tutti noi. Siamo in tanti, ci sono viaggiatori da tutto il mondo con i quali scambiamo impressioni sul viaggio, sulle tappe fatte e ancora da fare. 

Usciamo dal locale, alziamo il naso all’insù e ammiriamo il cielo stellato. Ce ne torniamo ognuno a casa con le nostre famiglie contenti e grati per tutto ciò che abbiamo vissuto.

Domani la sveglia sarà molto presto, lasceremo il lago Titicaca per dirigerci verso Cuzco. 

Perù
9-10 agosto

Dalla città bianca al volo dei condor andini

Una leggenda narra che un Re Inca, estasiato dal posto che stava attraversando con le sue carovane esclamò: “Ari, quipay!”, che in lingua quechua significa: “Si, restiamo qui”.

Ed è perfettamente ciò che anche noi abbiamo detto appena arrivati in questa bellissima città. Benvenuti ad Arequipa! 

Arequipa è la seconda città più grande del Perù dopo Lima. Circondata da 3 vulcani El Misti, ancora attivo, Picchu Picchu e Chachani, viene chiamata la città bianca per la presenza di molti edifici coloniali costruiti in sillar, una pietra vulcanica di colore bianco. 

Iniziamo la giornata con una visita guidata della città, e nello specifico, del centro storico proclamato nel 2000 Patrimonio Unesco. Tutto ruota attorno Plaza des Armas dominata dalla maestosa Cattedrale. Alle sue spalle s’innalza il vulcano El Misti (5800 mt di altezza) che fa da quadro alle nostre numerose foto di gruppo. 

Arriviamo al Mercato di San Camilo, un’esplosione di colori e frutta di cui neanche conoscevamo l’esistenza. Molti di noi scelgono di provare i succhi freschi con dei frutti “strani” come il lulo, la guanabana o il pepino dulce. Altri invece fanno scelte più impegnative, ad esempio le enormi porzioni di Pastel de Papa (sformato di patate accompagnato da un enorme peperone ripieno). 

Poco fuori dal centro storico facciamo una brevissima sosta alla Casa de la Alpaca. Qui assistiamo ai processi di lavorazione dei tessuti, dalla tosatura dell’animale, alla pulitura della lana, fino alla colorazione e creazione di pezze.

Un po di tempo libero dopo pranzo e poi ci ritroviamo tutti davanti al Monastero di Santa Catalina. Con i suoi 20.000 mq possiamo definirlo senza dubbio una città nella città. Le sue strade di colore rosso e altre azzurro, formano un labirinto dentro cui perdersi. Il monastero ospitava monache che facevano voto di silenzio a vita.

La giornata finisce con un po’ di shopping e un meritatissimo aperitivo in terrazza su Plaza de Armas. 

Un nuovo giorno di viaggio. Da Arequipa raggiungiamo molto presto al mattino la Zona del Canyon del Colca dove ci attende uno degli appuntamenti più emozionanti: l’avvistamenti dei Condor andini.

Il nome Colca fa riferimento ai piccoli granai di fango e pietra, scavati nelle roccia del canyon in epoca inca, per conservare patate e quinoa ma anche utilizzati come tombe per le persone importanti.

Siamo tutti silenziosi e in attesa di avvistare il condor. Appena il sole sale in alto e la temperatura inizia ad alzarsi, i condor cominciano a volare davanti a noi a pochissimi metri di distanza. Hanno un’apertura alare di circa tre metri e possono vivere oltre i 70 anni.

Lo scenario è mozzafiato e seguire il volo dei condor che si lasciano trasportare leggeri dalla corrente calda, ci infonde un senso di libertà.

Carichi di emozione per tutto ciò che questi due giorni ci hanno regalato, ci mettiamo nuovamente in viaggio per un’altra tappa fondamentale: il lago Titicaca.

Perù
8-9 agosto

Dalle dune di Huacachina al volo sulle linee di Nazca

Il racconto di questi due giorni sarà ad alto contenuto di adrenalina

Dopo aver lasciato Paracas e le Islas Ballestas ci spostiamo a Huacachina dove ci attende un rally a bordo di robustissimi buggy.

Durante il viaggio vediamo cambiare il paesaggio e pian piano apparire le dune di sabbia del deserto di Huacachina.

Il punto di partenza per il nostro rally è accanto alla laguna verde dove è possibile fare dei giri con delle barchette. Ma noi siamo talmente euforici che ci dirigiamo velocemente verso i nostri buggy già pronti a partire.

Allacciamo le cinture di sicurezza e via!

Su e giù per le dune ci sentiamo padroni di questo spazio infinito e ognuno di noi grida al vento per scaricare la tensione ma soprattutto per la contentezza. Arrivati sulla duna più alta, scendiamo dai buggy, prendiamo le tavole e iniziamo a scivolare giù sulla sabbia. 

Tornati al punto di partenza il nostro coordinatore ci comunica che il volo sulle linee di Nazca che avremmo dovuto fare il pomeriggio è stato spostato al mattino seguente. A questo punto decidiamo di rilassarci in uno dei locali vicino la laguna verde e avviarci con tutta calma verso l’albergo a Nazca.

Ci svegliamo molto presto e a colazione si parla solamente di ciò che ci aspetta in mattinata. Il volo sulle linee di Nazca per molti è sicuramente la tappa più temuta di tutto il viaggio. C’è chi non vede l’ora di volare e chi non esita ad esprimere la paura, ma alla fine, arrivati in aeroporto, tutti decidiamo di volare.

Effettuiamo il check-in, ci viene messo il timbro ufficiale di Nazca sul passaporto e, dopo una spiegazione sulla storia delle linee, veniamo pesati per essere distribuiti equamente su piccoli aeroplani a gruppi di cinque persone.

Le linee di Nazca costituiscono ancora oggi un vero e proprio mistero. Nonostante gli innumerevoli studi ed interventi da parte dei migliori archeologi e scienziati, nessuna teoria sembra dare una risposta esaustiva al fenomeno. Il loro tracciamento è stato realizzato tra il 200 a.C. e il 600 d.C. e si estende per 520 km2. Si contano circa 13 mila linee tra spirali, figure geometriche e giganteschi disegni di animali. Le figure composte sono circa 800 e la loro particolarità è che ciascuna è tracciata da una singola linea continua, che non si incrocia mai. Vedere dal vivo queste forme che fino ad ora avevamo visto solo in internet e immaginato in diversi modi, ci fa rimanere senza parole per la bellezza. Inevitabilmente anche noi, per l’ennesima volta, da quassù ci chiediamo come sia stato possibile tracciarle. 

Torniamo a terra tutti entusiasti dell’esperienza fatta e prima di andar via la guida che ci ha preparato poco prima al volo, ci riunisce per fare insieme un saluto e un rito di ringraziamento alla pachamama.

La nostra avventura prosegue, ci aspetta un lungo viaggio verso Arequipa. Percorreremo un tratto della Panamericana e scavalleremo il Patapampa che con i suoi 4900 metri sarà il punto più alto del nostro itinerario. 

Colombia
7-8 agosto

A Cartagena ogni cosa è diversa

Nuovo giorno e nuovo volo interno per il nostro gruppo colombiano: questa volta partenza da Medellin, direzione Cartagena. Senza imprevisti se non qualche minuto di ritardo (sì, siamo increduli anche noi!) atterriamo a destinazione in una serata caldissima, con l'umidità che rende quasi difficile respirare. Benvenuti ai Caraibi!

Prendiamo possesso delle camere in hotel, dove ci fermeremo tre giorni: non ci sembra vero di poter disfare le valigie e fare base qui per più di una notte. Abbiamo superato la prima metà del viaggio e la stanchezza inizia a farsi sentire. Per festeggiare, cena fuori a base di pesce fresco e una passeggiata nel centro storico che ci dà un assaggio dell'atmosfera della città: una cattedrale imponente illuminata dalle candele, barche che dondolano tranquille ormeggiate al molo e balli e musica nelle piazze. Ci facciamo contagiare e finiamo anche noi a ballare sulla terrazza all'ultimo piano di un locale, con il profilo di Cartagena illuminata sullo sfondo.

La mattina dopo ci aspetta un tour per esplorare la città. Dentro a 13 chilometri di cinta muraria, è custodito un dedalo di viuzze acciottolate con palazzi colorati, oggi patrimonio UNESCO e un tempo meta ambita per i bucanieri delle coste caraibiche alla ricerca di tesori. Passeggiamo alla ricerca degli edifici più importanti, ma la vera "attrazione" di questo luogo è la sua atmosfera: sotto un sole caldo camminiamo tra carretti di frutta fresca, case coloniali perfettamente conservate, balconi fioriti, piazze ombreggiate e chiostri nascosti. Cartagena ha un ritmo lento e sembra che ci chieda di rallentare insieme a lei, quindi ci prendiamo un pomeriggio libero tra massaggi, un po' di shopping e qualche ora di riposo.

Ci ritroviamo per un aperitivo al tramonto al Café del Mar, un locale con vista panoramica sull'oceano e sulla città, e ceniamo con decine di assaggi in una taperia. Stiamo per tornare a casa quando un ragazzo del gruppo rompe per sbaglio un bicchiere di vetro, ferendosi una caviglia. Niente di grave, ma meglio farsi dare un'occhiata da un medico. E così possiamo contare tra le esperienze di vita reale di questo viaggio anche una notte al pronto soccorso di Cartagena: un paio di punti, poche ore di sonno, e siamo pronti a ripartire!

La mattina dopo ci aspetta una barca: tutta la giornata è dedicata alle Islas de Rosario, l'arcipelago di 27 isole coralline al largo di Cartagena. Navighiamo tra l'azzurro del cielo e del mare e il verde della vegetazione selvaggia, pranziamo con pesce appena pescato, camminiamo sulla sabbia bianca e nuotiamo al largo osservando qualche corallo e pesciolino sotto di noi. Tornati a terra, salutiamo Cartagena al Café del Mar (ormai nostro punto di ritrovo preferito!), mentre il sole tramonta nel mare.

"Vedrai, a Cartagena ogni cosa è diversa." scriveva Gabriel García Márquez. "Questa solitudine senza tristezza, questo oceano incessante, questa immensa sensazione di essere arrivato."

Il nostro viaggio però non è ancora finito. Ci rimettiamo in marcia perché, dopo una piccola sosta a Bogotà, ci aspetta la nostra ultima e poi emozionante destinazione: la foresta Amazzonica.

Perù
8 agosto

Paracas e le Islas Ballestas

Questa prima giornata in Perù mette già alla prova lo spirito d’adattamento del nostro gruppo. Ma siamo tutti in modalità “avventura” e si è già formata una bella intesa tra di noi.

Con il volo riprogrammato da Madrid raggiungiamo Lima all’una e mezza di notte, ritiriamo i bagagli (per fortuna ci sono tutti) e ci mettiamo in fila per il controllo passaporti.

Usciti dall’aeroporto e dopo aver prelevato due partecipanti già arrivati per altre rotte a Lima, decidiamo di non prendere alcun hotel per le restanti ore della notte ma di spostarci direttamente a Paracas per non perdere la visita in programma alle islas Ballestas. Si dormirà in pullman!

Siamo assonnati e anche un po’ provati dai due giorni precendenti ma arriviamo a Paracas, precisamente al porto El Chaco, il punto più importante per raggiungere le Islas Ballestas. Qui scatta la prima foto comica di gruppo perché decidiamo di immortalarci con le mantelle in plastica portate da una partecipante, che serviranno a ripararci da eventuali “regalini” che potrebbero fare i cormorani in volo. 

L’escursione dura un’ora e si naviga tra archi di roccia, grotte che assumono forme diverse per ognuno di noi e scogli su cui riposano buoni, buoni dei leoni marini. Le isole sono abitate soprattutto da colonie di migliaia di esemplari di Sula variegata, Pellicano del Perù, pinguino di Humboldt e, come già menzionati, dai Cormorano guanay. Quest’ultimo è il maggior produttore di guano, un’efficace fertilizzante che viene sfruttato dal governo per le coltivazioni di tutto il Perù.

La prima escursione del nostro viaggio, in barca e molto ventosa,ci ha permesso di visitare una delle riserve naturali più importanti del Perù.

Una seconda colazione abbondante e poi ci rimettiamo in viaggio in bus guidato dal nostro autista, verso Nazca una delle tappe più attese del viaggio, ma anche una delle più temute per il volo sulle linee.

Siete curiosi di scoprire come andrà? 

Colombia
5-6 agosto

Passato e presente a Medellin

Dove eravamo rimasti? Il nostro gruppo, bloccato nella zona della Cafetera da una frana, deve trovare un metodo alternativo per raggiungere Medellin. Partendo dalle indicazioni della coordinatrice, ci dividiamo i compiti in pieno spirito di autogestione. Obiettivo: raggiungere Medellin via aereo!

Nonostante i diversi tentativi, il sito della compagnia aerea non accetta le nostre carte di credito. Il tempo stringe e rischiamo di non riuscire a partire, ma la signora che ci ospita nella finca arriva in nostro soccorso prestandoci la sua carta. Biglietti comprati, si corre in aeroporto, la prossima tappa è salva!

Poco più di 30 minuti di volo e atterriamo a Medellin: dopo giorni immersi nella natura, l'odore dello smog ci pizzica le narici, ma la vista della città illuminata di notte ci fa dimenticare le fatiche superate per raggiungerla. Per visitarla però dovremo aspettare ancora un giorno, perché domani ci aspetta una nuova sfida: salire in cima al Penol de Guatapè!

Località di villeggiatura a un paio di ore da Medellin, Guatapè è dominata da una collina monolitica di granito alta 200 metri. C'è incertezza sul numero di scalini da percorrere per arrivare in cima, quindi si aprono le scommesse su quanti saranno e iniziamo la salita. 708 gradini dopo (se avete indovinato sul nostro sondaggio, complimenti!), sotto di noi si apre un panorama mozzafiato sul lago artificiale Embalse Guatapè e sulle sue piccole isole. Scendiamo per un pranzo tra le case decorate della cittadina di Guatapè ed esploriamo il lago a bordo di una lancia, prima di ricevere la notizia che stavano aspettando: le valigie dei milanesi - dopo 7 giorni di vagabondaggio per la Colombia - sono finalmente arrivate a Medellin!

Con nuovi e agognati vestiti puliti, il giorno successivo siamo pronti per esplorare Medellin. Siccome nei nostri viaggi vogliamo conoscere a fondo il Paese che stiano visitando, esplorandone sia le luci sia le ombre, decidiamo di approfondire la storia della città con una visita ai luoghi chiave della vita di Pablo Escobar: la casa in cui fu catturato, la sua tomba e il memoriale - sorto sul luogo in cui si trovava la sua casa - dedicato alle vittime delle violenze che sconvolsero la vita quotidiana di Medellin per anni.

Non vogliamo però concentrarci solo sul passato: per questo decidiamo di raggiungere la Comuna 13, un tempo il quartiere più pericoloso e oggi simbolo della rinascita della città. Impariamo la sua storia dai murales che riempiono le strade, assaggiamo un gelato al mango e prendiamo parte a balli e canti con i ragazzi del posto.

Alla fine della giornata salutiamo Medellin salendo nei punti più alti della città con la funicolare. Costruita come vero e proprio mezzo di trasporto pubblico, permette agli abitanti di percorrere in una manciata di minuti tragitti che un tempo avrebbero impiegato ore: lo sforzo di una città che è riuscita a connettere le periferie, che nel 2013 le è valso il premio di città più innovativa.

Lasciandoci Medellin alle spalle, saliamo su un nuovo aereo (con un brivido per le nostre valigie appena ritrovate) e ci prepariamo a raggiungere la perla della Colombia.

Perù
5-6 agosto

...Ma noi non ci arrendiamo!

L’incontro in aeroporto è sempre uno dei momenti più significativi di un viaggio di gruppo. I primi sguardi, le prime presentazioni, le strette di mano, le prime impressioni. Finalmente conosciamo il coordinatore e diamo un volto a tutti quei nomi in chat. Perfetti sconosciuti con i quali condividere due settimane di viaggio. 

Pazzi? No, viaggiatori appassionati! 

Oggi inizia la seconda tappa del tour #ioviaggioavventure “alle origini del sogno”.

Il tour che ripercorre il vecchio Camino Real del ‘74. E mentre i nostri amici partiti una settimana fa per la Colombia continuano il viaggio, noi si parte alla scoperta del magico Perù.

Da Roma e Milano raggiungiamo Madrid. E da qui dovremmo raggiungere il Perù ma… una notifica sui cellulari inizia a preoccuparci: il volo per Lima è stato cancellato e veniamo spostati su un volo per domani sera. 

Da subito però, non ci perdiamo d’animo e sapendo che trascorreremo un giorno a Madrid, ci mettiamo a lavoro per organizzare un city tour.

È così è stato! Un giro in città, qualche tapas (anzi, tante tapas!) e si attende il volo per Lima. Da domani la nostra avventura in Perù ha inizio.

Colombia
3-4 agosto

Tra nuvole, palme e chicchi di caffè

La nostra giornata inizia a bordo di due Jeep Willys che ci accompagnano alle porte della valle del Cocora, uno dei luoghi simbolo della Colombia.

Abbiamo diverse opzioni per visitare il posto: votiamo e, all'unanimità, vince l'escursione a cavallo. Si sale in sella! 

Per un paio d'ore passeggiamo su sentieri verdissimi e immersi nelle nuvole basse, mentre sopra di noi volano piccoli condor e intorno ci circondano le palme da cera di decine di metri, le più alte del mondo. 

La passeggiata a cavallo non è semplice, ma il gruppo se la cava alla grande, anche chi è alla prima esperienza. Decidiamo di fare l'ultimo pezzo a piedi (questo posto ci sta piacendo molto, non abbiamo voglia di andare via!) e riusciamo a tornare alla base pochi minuti prima che si metta a piovere. 

Il nostro pomeriggio è invece dedicato a Filandia, una piccola cittadina che conserva ancora le case costruite dai suoi fondatori, riconvertite in negozi di artigianato e piccoli locali. Per darvi un'idea dell'atmosfera, pensate che una delle sue strade principali si chiama "Calle del tiempo detenido", cioè "la via dove il tempo si è fermato".

A fine giornata raggiungiamo Guayabal, il posto in cui trascorriamo la notte. Siamo in una finca, cioè un'azienda agricola colombiana che produce caffè. Come in tutti i nostri viaggi, scegliamo una realtà piccola e attenta alla qualità del proprio lavoro, per avere occasione di conoscere da vicino la cultura e le abitudini delle persone che la abitano. 

Qualche ora di riposo e la sveglia suona presto: oggi si torna in classe! Santiago, il nostro ospite, ci racconta come viene coltivato, raccolto e tostato il caffè che tutti i giorni arriva sulle nostre tavole, prima di accompagnarci nel cuore della piantagione per provare noi stessi a raccogliere alcuni frutti, equipaggiati con cappello e cestino. Servono almeno 60 chicchi per produrre una tazza di caffè e subito parte una competizione: team ragazzi vs ragazze. Le due squadre si affrontano inerpicandosi sulle colline per raggiungere più frutti possibili: la gara è dura ma, con un vantaggio di mezzo chilo, il team ragazzi si aggiudica la vittoria!

Mentre siamo impegnati nella raccolta, arriva una notizia: la strada che avremmo dovuto percorrere il pomeriggio per raggiungere Medellin è bloccata a causa di una frana. L'unica soluzione sembra essere di comprare dei voli online, ma le carte di credito non funzionano sul sito della compagnia aerea. 

Riusciranno i nostri viaggiatori a raggiungere Medellin? Lo scopriamo nel prossimo episodio di questo diario! 

Colombia
1-2 agosto

Viaggio nel tempo

La nostra sveglia suona a San Augustin e ci riserva una sorpresa: l'hotel che abbiamo raggiunto la sera prima - stanchi e immersi nel buio - con la luce del giorno si rivela essere un complesso di capanne affacciate su un paesaggio spettacolare. Tra una colazione con vista, una sessione di yoga organizzata da una ragazza del gruppo e un paio di voli con il drone, ci viene la tentazione di fermarci qui qualche giorno di più. Dobbiamo però proseguire, la nostra prossima tappa ci aspetta. Direzione: parco archeologico di San Agustin!

Appena entrati, iniziamo un viaggio nel tempo che ci porta indietro di migliaia di anni. Qui, dove hanno origine cinque fiumi, vivevano popolazioni antichissime e ancora oggi avvolte nel mistero. Non ne conosciamo il nome, la provenienza o le tradizioni ma sappiamo che scomparvero prima dell'arrivo di Colombo e che qui seppellivano i propri morti e officiavano riti sacri. Non utilizzavano la scrittura, ma scolpivano grosse statue che posizionavano sulle tombe, ed è grazie a questi racconti su pietra che possiamo conoscere qualcosa in più su di loro.

Il sito di San Agustin è oggi l'area archeologica più importante della Colombia. Esploriamo il parco immerso nella giungla accompagnati dalla nostra guida, che ci aiuta a interpretare le rappresentazioni incise sulla pietra. Come piccoli investigatori andiamo a caccia di indizi e impariamo a riconoscere i simboli della vita, della morte e della fertilità, osserviamo i dettagli e le tracce di colore rimaste sulle statue e visitiamo tombe e sorgenti rituali provando a immaginarci come doveva essere la vita quotidiana in quei luoghi.

Dopo qualche ora, è però il momento di tornare nel presente e di rimettersi in viaggio verso Popayan, da cui ci separano 6 ore di traballante strada sterrata: arriviamo appena in tempo per cena e per festeggiare tutti insieme il compleanno di un ragazzo del gruppo.

Il giorno successivo la nostra meta è il mercato campesino di Silvia, che si tiene una volta a settimana e che raccoglie all'interno della stessa piazza centinaia di Guambianos, una popolazione indigena locale. Ci organizziamo in anticipo per essere qui nel giorno giusto e riuscire a immergerci per qualche ora nell'autentica cultura locale. Giriamo tra le bancarelle di carne, frutta, verdura e artigianato, osserviamo i loro abiti tipici (mantello, gonna e bombetta colorati) e ne approfittiamo per fare qualche scorta di cibo e biancheria (bene preziosissimo per i milanesi ancora senza valigia!).

Ricaricati gli zaini, ci mettiamo di nuovo in marcia. Dopo altre 6 ore di trasferimento (per fortuna senza sterrato!) arriviamo alla nostra prossima tappa: uno dei luoghi simbolo della Colombia.

Colombia
31 luglio

Sorprese nel deserto

Il nostro secondo giorno di tour inizia a Bogotà, che lasciamo la mattina presto per raggiungere l'aeroporto. Con un volo interno di poco più di un'ora, che ci permette per la prima volta di ammirare la Colombia di giorno dall'alto, ci spostiamo verso sud, a Neiva. Il tempo di recuperare il nostro pulmino e siamo pronti a partire. Direzione: deserto del Tatacoa!

Se state immaginando un classico deserto di sabbia, preparatevi a qualche sorpresa: a causa delle condizioni climatiche uniche di questo luogo, il deserto del Tatacoa è in realtà una foresta secca tropicale. E, in passato, è stato davvero una foresta verde e rigogliosa, abitata da una megafauna di cui sono conservati i fossili nel Museo Paleontologico.

Oggi il deserto del Tatacoa è un labirinto di pietre rosse e ocra erose dagli agenti atmosferici, punteggiate di cactus verdi che si stagliano su un cielo quasi sempre azzurro (qui le precipitazioni sono in media di 1070 mm l'anno), ed è la casa di armadilli, scorpioni, donnole e più di 70 diverse specie di uccelli.

Appena arrivati, ci fermiamo a goderci il panorama dall'alto, prima di scendere nel cuore del deserto per un trekking di un'ora. Mentre la nostra guida ci racconta come sia cambiata questa zona nel corso dei millenni e quale impatto stia avendo oggi il cambiamento climatico sulle popolazioni locali, noi attraversiamo paesaggi mozzafiato, assaggiamo i fiori edibili dei cactus e non ci facciamo fermare dalla temperatura torrida che ci accompagna durante il percorso.

Finito il trekking, giusto il tempo di far volare il drone (date un'occhiata QUI per vedere il risultato!), assaggiare il guarapo (il succo della canna da zucchero) e fermarsi per una pausa pranzo a base di empanadas e ci rimettiamo in viaggio verso la prossima tappa.

Il percorso prevede quasi sei ore di viaggio, ma potevamo forse concludere questa seconda giornata senza un imprevisto? Un'autobotte ribaltata blocca la strada a tutti i passanti. La nostra serata si trasforma quindi in un aperitivo improvvisato fuori dal nostro pulmino, tra patatine condivise, musica diffusa dalle casse e una stellata luminosissima. Arriviamo a destinazione a tarda sera, nel nostro hotel immerso nella natura.

Qualche ora di riposo e siamo pronti per la prossima tappa, che ci porterà indietro nel tempo di 5000 anni.

Colombia
30 luglio

L'inizio!

Ci prepariamo da mesi, abbiamo studiato l'itinerario, letto racconti di viaggio storici e immaginato il modo migliore per raccontarvi il nostro percorso e portarvi con noi: oggi, finalmente, il tour #ioviaggioavventure è iniziato!

Apriamo le danze noi "colombiani": siamo 15 e la mattina del 30 luglio partiamo all'alba da tutta Italia - Torino, Milano, Firenze, Roma - per ritrovarci in aeroporto e incontrarci per la prima volta.

Ci riconosciamo grazie a qualche dettaglio - una maglietta di Avventure nel Mondo, una guida della Colombia legata fuori dallo zaino - e, dopo due scali, una corsa per non perdere la coincidenza e 12 ore di volo, ci sembra di conoscerci da una vita.

Tutto perfetto, no?

Meglio non dirlo troppo presto, il primo imprevisto è dietro l'angolo! Le valigie dei ragazzi in partenza da Milano non arrivano a Bogotà. Il nostro programma fatto di passeggiate in città e cene in ristoranti tipici si trasforma in attese e code in aeroporto per denunciare lo smarrimento. Ma non ci facciamo abbattere: ne approfittiamo per contare e suddividere tra il gruppo gli oggetti a disposizione: "io ho un dentifricio in più", "io posso passarti un paio di magliette", "abbiamo lo stesso numero, ti presto io le ciabatte per la doccia!".

Dopo un paio d'ore siamo fuori dall'aeroporto: ci muoviamo verso il centro città, arriviamo nel nostro coloratissimo hotel, Luca viene nominato cassiere (con un applauso da parte del resto del gruppo) e poco dopo siamo in un ristorante tipico che ci accoglie con un caminetto acceso (qui è piuttosto freddo!).

Ormai siamo svegli da più di 24 ore e la stanchezza inizia a farsi sentire ma, tutti insieme intorno a una tavola di tacos de chicharròn e platano fritto da compartir, mentre da fuori arriva la musica di uno spettacolo di strada, non vediamo l'ora di iniziare a esplorare la Colombia

Prossima tappa? Un "deserto" con qualche sorpresa!

Colombia
21 luglio

Colombia Discovery

Si parte, prima fermata: Colombia. Diciassette giorni di viaggio per innamorarci della “fenice del Sud America”, rinata dalle proprie ceneri. Viaggeremo nel tempo esplorando i monumenti della civiltà precolombiana di San Agustin, scolpiti nella roccia vulcanica, e attraverseremo a cavallo la verde valle del Cocora, costellata di palme. In bilico tra realtà e magia - com’è tipico da queste parti - ci immergeremo nel vociare di un mercado campesino, seguiremo il profumo di caffè nelle fincas e navigheremo fino a posare i piedi nella sabbia bianca della Islas De Rosario. Ci lasceremo trasportare dalla musica nelle vie colorate di Cartagena, la perla della Colombia, andremo a caccia di tesori perduti tra i musei di Bogotà e sorvoleremo Medellin in metrocable, fino a raggiungere l’impenetrabile foresta amazzonica, in cui le strade d’asfalto lasceranno il posto alle vie d’acqua e dove il re è il Rio delle Amazzoni.

Perù
21 luglio

Perù Discovery

Perù. Seconda tappa di questa storica traversata!

Andremo alla scoperta del magico mondo degli Inca e delle Ande visitando città e luoghi emblematici come Lima, Cuzco e il lago Titicaca fino a raggiungere una delle  meraviglie del mondo: il Machu Picchu. 

Viaggeremo a bordo di un pulmino per la maggior parte del tour, effettueremo camminate e trekking in alta quota, voleremo sulle linee Nazca, navigheremo per raggiungere il Lago Titicaca e attraverseremo il deserto in 4x4.

Sarà un’avventura che ci permetterà di entrare anche in contatto con la popolazione locale, per scoprirne gli usi e i costumi e trascorrere insieme a loro momenti indimenticabili.

Bolivia Cile
21 luglio

Bolivia Cile Discovery

La Bolivia e il Cile sono la ciliegina sulla torta di questo meraviglioso viaggio, con i loro panorami variopinti riescono a rappresentare tutti i colori del Sud America.
A bordo di due pulmini, dodici cavalli, tre fuoristrada e dodici mountain bike da Sucre raggiungeremo il confine col Cile attraversando quebradas, deserti, ammirando lagune che cambiano colore col vento e cimiteri di treni abbandonati. Punteremo poi tutta verso nord, attraverseremo il Salar de Uyuni e dormiremo in un ostello fatto completamente di sale per terminare poi il nostro viaggio a La Paz, la capitale più alta del mondo. 
Sarà un viaggio che ci metterà alla prova sia fisicamente che emotivamente. Un sali e scendi di emozioni ad altissima quota. Un percorso che ci farà scoprire le meraviglie naturali della Bolivia e del Cile ma anche le loro ferite ambientali e sociali, quelle che qualcuno definirebbe “Le vene aperte dell’America Latina”.

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