Una lunghissima giornata di spostamenti si prospetta all'orizzonte.
Prima tappa il deserto di Siloli, un piccolo deserto di appena quaranta chilometri di lunghezza. Ad alcuni ricorda molto il nord del Sahara con le grandi mesa rocciose e sabbia mista a pietre. Il piccolo segreto di questo luogo, però è l'arbol de piedra, una roccia modellata dagli eventi atmosferici, che negli anni ha assunto la forma di un albero la cui chioma viene mossa dal vento. In realtà la vista ci lascia un po' delusi, ce lo aspettavamo molto più grande.
Con le nostre auto attraversiamo un canyon nel quale scorre un rivolo d-acqua ghiacciato in superficie. Ne approfittiamo per una passeggiata e qualcuno si diletta col salto in lungo, senza grandi risultati!
Raggiungiamo poi l'area delle lagune Alto Andine. Camminiamo attorno alla laguna Honda dalla caratteristica forma di cuore, prima di raggiungere la Laguna Hedionda Norte dove, per la prima volta, vediamo i fenicotteri ad una distanza piccolissima. Pensiamo a quanti fenicotteri abbiamo visto in questi giorni e una frase, improvvisamente, rompe il silenzio "Alla fine i fenicotteri per i boliviani sono un po' come i piccioni per noi, sono ovunque. Se loro venissero in Italia fotograferebbero i piccioni!".
Raggiungiamo il Salar Chiguana che ormai e quasi il tramonto.
Ci perdiamo ad osservare l'orizzonte infinito e il susseguirsi di miraggi.
Domani ci aspetta la giornata piu attesa di tutto il viaggio.
L'ennesima sveglia alle quattro e trenta questa mattina non pesa come le altre, siamo infatti emozionatissimi per l'intensa giornata che ci aspetta.
A tremilaseicento metri di quota, sulle Ande meridionali boliviane, dove un tempo si trovava il lago Minchin, oggi luccica il deserto bianco, un’immensa lastra di sale che dà origine ad uno dei paesaggi più singolari al mondo: il Salar de Uyuni.
È ancora buio quando i nostri autisti si avventurano nel salar. Dopo una ricognizione per verificare le condizioni del fondo salato decidono di tornare indietro e di provare un altro ingresso. Accade spesso, infatti, che l'umidità notturna sciolga gli strati più superficiali del sale rendendo pericolose le traversate in auto.
I nostri autisti, però, guidano con tranquillità, senza paura di perdersi, conoscono il deserto come le loro tasche. A noi sembra la cosa più complicata del mondo, soltanto il cielo che inizia a schiarire alla nostra destra ci fa capire che ci stiamo muovendo verso nord.
Arriviamo, dopo circa una mezzora di auto, all'isola Incahuasi. Il cielo è ancora scuro ma nella penombra intravediamo già i suoi cactus millenari. Iniziamo ad arrampicarci sulle rocce per raggiungere un punto panoramico da cui vedere l'alba. Più saliamo di quota, più le spine dei cactus si colorano di arancione e la distesa di sale bianco inizia a luccicare.
Raggiungiamo il punto più alto dell'isola quando il cielo è ormai violaceo ed il sole inizia a fare capolino.
Il panorama ci lascia a bocca aperta.
È una delle scene più surreali e affascinanti di tutta la nostra vita. Ci sembra di avere davanti un mare infinito con tante isole. In altri momenti, invece, abbiamo l'impressione di essere sul tetto del mondo e volare sopra una distesa infinita di nuvole dove fanno capolino solo le vette più alte.
"Forse la definizione più immediata delle nostre confuse sensazioni è l'idea di navigare su qualcosa di provvisorio e temporaneo, ed il recondito timore che tutto possa annullarsi in un attimo, sprofondare o capovolgersi, sono questi ghirigori sottili di acqua che descrivono sulla superficie bianca nastri sfumati di rosa a dare l'idea di provvisorietà, di fragilità? Non so." -Paola Segre, Camino Real 1974
Restiamo qui fino al sorgere del sole. I primi raggi ci scaldano la pelle e sfidano il freddo notturno.
Andiamo poi alla ricerca del cactus gigante, soggetto di una foto scattata durante il Cammino Real del 1974 e che ci piacerebbe replicare.
L'impresa si rivela più ardua del previsto, i cactus sull'isola sono tantissimi!
La caccia al tesoro, però, ci regala una sorpresa inaspettata: un piccolo di viscaccia che saltella tra le rocce.
Dopo il saliscendi sull'isola, finalmente troviamo il luogo della foto. Sfortunatamente il grande cactus non c'è più ma al suo posto ne troviamo un altro, più "piccolo", ma ugualmente scenografico.
Qualche scatto, poi, torniamo in auto, le ruote scricchiolano, rotolando sul fondo di sale, è un rumore particolarissimo, come di vetri rotti, ed è l'unico che interrompe il silenzio assoluto del Salar, un po' come quando nevica, ogni suono è attutito.
Raggiunto il centro del deserto, ci divertiamo a scattare foto in prospettiva, anche se la cosa più divertente è osservare il backstage di tutte le riprese: vedere le movenze, apparentemente senza senso, di tutti i nostri compagni di viaggio è una scena esilarante.
Nel pomeriggio ci spostiamo verso Uyuni per vedere il cimitero dei treni.
Abbandoniamo la strada sterrata per quella asfaltata e proprio mentre ci stiamo per rilassare e chiudere gli occhi per qualche momento, la macchina capofila si blocca improvvisamente nel mezzo della strada senza riuscire più ad avanzare. Le ruote anteriori sono completamente bloccate. L'autista scende dall'auto ed inizia a chiedere "Agua? Agua?" Scendiamo anche noi dall'auto, ci abbassiamo e notiamo una fiamma sotto il cofano.
Ci spaventiamo molto, anche in questo caso, però, i nostri autisti non si perdono d'animo. Dopo pochissimi minuti, senza pensarci due volte, dividono i viaggiatori dell'auto in panne nelle altre due e si riparte, il viaggio deve continuare.
Il cimitero dei treni si trova in un luogo molto meno poetico di quello che pensassimo.
I vagoni che un tempo venivano usati per il trasporto delle merci vennero abbandonati nella periferia di Uyuni 1940, a causa della crisi mineraria. Il sale col tempo li ha erosi, riducendoli a scheletri arrugginiti. Immaginavamo di trovare questi rottami nel mezzo del deserto, in realtà si trovano vicino ad una sorta di discarica a cielo aperto, piena di rifiuti. Questo orrido spettacolo ci lascia senza parole, ci chiediamo come sia possibile che la città che dà il nome ad uno dei luoghi più incantati del mondo possa trovarsi in queste condizioni.
Con un po' di amaro in bocca raggiungiamo un'officina dove troviamo uno dei nostri autisti. La scena è abbastanza comica, l'officina, infatti, è aperta ma dentro non c'è nessun proprietario, solo due bambini, e il nostro autista, vestito da meccanico, che entra ed esce come se fosse sua. Una riparazione self service. Dopo appena un'ora dall'incidente, l'auto è già pronta a ripartire. Raggiungiamo il vulcano Tunupa che domina il Salar per un'ultima vista panoramica, prima di vedere il tramonto scendere su questa giornata e chiudere il sipario su questo meraviglioso spettacolo che è il Salar de Uyuni.