Avventure nel Mondo

Trilogia di viaggio. Tre momenti di viaggio

da " Yemen, Iraq e Rwanda" con Avventure nel Mondo
di GABRIELLACARLA COPPOLA

1 - Notte a sorpresa nel deserto yemenita

Il Corano menziona otto gruppi di persone a cui dovrebbe essere destinata la Zakat ovvero I’elemosina rituale, un tributo versato dai fedeli per “purificare la propria ricchezza”. L’ottavo gruppo “Ibnus-Sabeel” riguarda i viaggiatori bloccati in situazione di bisogno. Mancavano poco più di due giorni alla fine del viaggio nello Yemen… un breve ed intenso tour nelle città e nel deserto di un paese isolato e fascinoso. Gran parte del gruppo decise di restare nella capitale Sana’a e nei suoi dintorni per godere a fondo i mercati e le ultime architetture fiabesche. In quattro, tutte donne, decidemmo di provare a raggiungere il villaggio di Shaharah sulle montagne del nord a 2600 metri di altezza. L’abitato era celebre per un ponte di pietra costruito nel XVII secolo per consentire agli abitanti del villaggio di fuggire in caso di attacco turco. Ci accordammo con qualcuno che ci rassicurò sulla possibilità di andare a Shaharah e ritornare a Sana’a in tempo per l’aereo del rientro in Italia. Partimmo ed attraversammo di nuovo il deserto. Arrivati alla base dell’abitato - aggrappato al crinale di una montagna rosata - ne raggiungemmo la sommità con un trasferimento da capogiro. Accovacciate sulla piattaforma di un motociclo scassato e arrugginito, guardavamo l’ abisso sul cui ciglio il nostro mezzo di fortuna si inerpicava ondeggiando paurosamente. Giunte nel paese, immerso in un fantastico scenario, ci avviammo lungo il sentiero per raggiungere il bellissimo ponte gettato su un canyon profondo duecento metri. Tutt’intorno, al tramonto, il sole incendiava le montagne. Il villaggio brulicava di donne avvolte dal nero dei veli in cui uno squarcio sottile incorniciava gli occhi scuri, intensi e sfuggenti. Ce ne andammo via a malincuore… il nostro driver ci riprese a bordo e via verso Sana. Lentamente cadde la sera sulle sabbie e sulle montagne rosate e presto il buio ci incapsulò… . Dopo qualche ora ci rendemmo conto che l’autista aveva perso l’orientamento e cercava a tentoni una pista per rientrare a Sana. Il tempo passava veloce ma intorno non c’erano punti di riferimento. D’un tratto si materializzò una luce nel buio profondo…c’era un palazzetto….come sorto dal nulla nella sabbia. Costrinsi letteralmente l’autista a fermarsi per chiedere informazioni. Scendemmo dalla jeep e bussammo al portoncino di ingresso. Dopo poco qualcuno si affacciò e parlò con l’autista. Ancora qualche minuto ed un uomo aprì il portone invitandoci a salire per quattro ripide rampe di scale. Giungemmo nel “mafraj”, la sala più bella nelle case yemenite, dove l’uomo ci mise gentilmente a sedere sui grandi cuscini disposti a ferro di cavallo sui tappeti color rosso scuro. Restammo sole per qualche tempo, poi arrivò la “mater familias” con il capo coperto ma il viso libero e sorridente; ci offrì da mangiare una meravigliosa zuppa di lenticchie. I padroni di casa parlarono a lungo con l’autista e alla fine quattro grandi materassi furono stesi a terra per consentirci di dormire comodamente. Poi ci lasciarono da sole nella stanza immensa e, quando si spense la luce, le grandi vetrate scintillarono di stelle schiarendo il buio. Ci addormentammo e ci svegliammo all’alba. Preparammo i pochi bagagli e scendemmo dal mafraj. La madre era in cucina a preparare il the. Presi dalle tasche 50 dollari e glieli porsi... Lei li rifiutò bloccandomi la mano…..poi chiese all’autista se potevamo accompagnare suo figlio a scuola. Il ragazzo avrebbe dovuto percorrere a piedi 10Km per raggiungere l’istituto, mentre con il nostro aiuto avrebbe potuto dormire un po’ di più. Io accettai ovviamente e ribadii di voler lasciare del denaro ma non fu possibile. Più tardi, dopo il the, ci imbarcammo tutti. Noi quattro eravamo commosse per l’ospitalità ricevuta. Qualcuno mi ricordò che la zakat è uno dei pilastri dell’Islam… però un conto è sapere cos’è ..e un conto è riceverla in una notte di stelle nel deserto yemenita. Dimenticavo….all’epoca 50 $ corrispondevano allo stipendio mensile di un impiegato yemenita di alto livello…

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2 - DAVID “LE CHAUFFEUR RUANDESE”

Il Great Rift , nel 1992, fu un viaggio memorabile…. Si partiva da Lilongue nel Malawi per raggiungere Mpulungu sul lago Tanganica. In nave si attraversava il lago fino al Burundi, poi si procedeva verso il Rwanda e infine si giungeva a Nairobi in Kenya. Era un viaggio complesso in cui le frontiere erano vaghe, talvolta pericolose, e i trasporti improbabili…..La parte più interessante era l’attraversamento del Lago Tanganica effettuato in tre giorni sulla mitica motonave “Liemba” che partiva da Mpulungu per arrivare a Bujumbura. In Italia, prima di partire, ebbi da una amica coordinatrice l’indirizzo di un autista, a dir suo eccezionale, a cui mandai un telegramma con data e luogo probabili per il nostro arrivo a Bujumbura. Sinceramente all’epoca non avrei scommesso una lira sulla riuscita di questo appuntamento. La “Liemba” non era mai puntuale ma il suo servizio era comunque vitale per le popolazioni locali. Ci imbarcammo a Mpulungu sulla nave che ad ogni sosta si riempiva di gente e mercanzie; l’assalto delle barche che vendevano o prelevavano merce era uno spettacolo coloratissimo sull’azzurro vivido del lago e del cielo; di notte la Croce del Sud e le altre stelle scintillavano sul lago mentre lungo le coste si accendevano fuochi tremolanti in assenza di energia elettrica. Quando giungemmo a Bujimbura sbarcammo dalla Liemba…sbrigammo le procedure di frontiera, ci guardammo intorno e provammo a chiamare ad alta voce David. Qualcuno ci chiese se cercavamo lo “ chaffeur rouandese”….e lui si materializzò...alto, magrissimo e sorridente. Incredibile ...conosceva qualche parola italiana perché aveva lavorato con una grande azienda italiana in Rwanda. Il viaggio si svolse in una atmosfera bellissima….David era intelligentissimo e capace. Quando era stanco si aggrappava al volante dicendo a se stesso ad alta voce …David daaaiii !! reminiscenza italiana dei suoi rapporti di lavoro. Superava le frontiere con facilità e disinvoltura e fuggiva allegramente ai posti di blocco ordinandoci di sorridere e salutare …. Ma il Rwanda ormai era in una situazione di tensione….la guerra civile era già strisciante….. sacchi di sabbia e filo spinato dappertutto. David ci portò a casa sua, ci presentò la sua famiglia e poi ci lasciò a Nairobi dopo un viaggio meraviglioso. Lo proposi a Roma come possibile corrispondente. A Natale mi chiamò dal Ruanda perché aveva finalmente un telefono. Poco dopo, lo scontro che coinvolgeva le etnie Tutsi e Hutu si risolse in un terribile genocidio. David non mi chiamò più né io riuscivo a rintracciarlo….Contattai più volte la Croce Rossa anche dopo la fine della guerra. Mi risposero che non riuscivano nemmeno a restituire i bambini sopravvissuti ai loro genitori. Con dolore e malinconia mi rassegnai.

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3 - L’IRAQ IN FRANTUMI

Nell’intervallo tra le due guerre che investirono l’Iraq, la prima nel 1991 e la seconda nel 2003, si verificò la possibilità di poter entrare nel paese con visto turistico. La mia ancestrale passione per i Sumeri si sarebbe finalmente concretizzata in un “ viaggio in Mesopotamia”. Giungemmo in una Bagdad che portava le cicatrici dei bombardamenti americani; il grande mercato coperto presentava squarci nei muri e nelle volte mentre alcune strade centrali erano in stato di abbandono. Visitammo madrase e moschee e minareti…. la gente era gentilissima con noi, sempre sorridente e curiosa ….Sul far della sera si andava spesso a bere il tè alla menta nei bar all’aperto dove si fumava e si giocava a carte….. Però sui muri di tutti i quartieri campeggiava, in gigantesche dimensioni, l’immagine di Saddam Hussein in tutte le possibili rappresentazioni, in foggia militare, in abito arabo.. ma anche al telefono, con un libro o con un piatto di spaghetti. La nostra guida, Amar, aveva preparato per noi un circuito che comprendeva la capitale e i suoi dintorni con un’ estensione al solo nord. Ero disperata …avrei pagato qualsiasi cosa per andare al sud. Fortunatamente il nostro corrispondente era.... una donna che, con un permesso speciale e molte raccomandazioni, ci spedì al sud. Lì, nella devastazione dei bombardamenti, ancora resistevano i tratti culturali più imponenti di tutte le civiltà che si erano succedute in quel glorioso territorio. Davanti a noi si stendeva l’area delle grandi paludi, istoriate nella pietra dei bassorilievi del Louvre; poi le gigantesche ziggurat di Eridu, Uruk, Ur e Nippur. Infine le grandi moschee di Kufa, Najaf e Kerbala con i mausolei d’argento massiccio che ricordano ancor oggi l’eccidio del quarto califfo Ali e del figlio al-Husayn; la faida che ne seguì provocò la scissione del califfato nelle due diramazioni, sunnita e sciita. A 80 km dalla capitale visitammo Babilonia dove campeggiava la copia della porta di Isthar (l’originale è nel museo di Berlino)…. persino qui, sui muri restaurati, spiccava una tavoletta in cuneiforme che celebrava i fasti di Saddam. Poi rientrammo a Bagdad e di qui proseguimmo per il nord, verso i luoghi degli assiri e dei Parti. Ci aspettava una Mossul bombardata con i minareti in bilico ed una quantità di bambini dagli immensi occhi neri ...poi i siti archeologici di Assur , Ninive e Nimrud, quindi Dur Kurigalzu, odierna Aqar Quf, ed infine la meravigliosa Hatra. Rientrammo a Bagdad e con Amar concludemmo il tour della capitale con le grandi piazze marmoree culminanti nei giganteschi monumenti eretti dopo le guerre con l’Iran. Ma la visita non era finita….. Amar ci portò in un’area periferica della città e ci invitò a scendere lungo una gradinata che conduceva in una vasta area coperta e chiusa. Le pareti della sala erano ricoperte da una specie di velatura a grandi macchie diseguali dal colore bruno….piccole e grandi foto erano attaccate ai muri sopra la velatura….Ci trovavamo nel rifugio antiatomico che era stato bombardato duramente dagli americani intenzionati a stanare Saddam. Le esplosioni delle cosiddette “smart bomb” riuscirono a squarciare il bunker fino ai piani inferiori dove l’acqua nelle tubature si surriscaldò risalendo e inondando il rifugio. Centinaia di madri e bambini morirono in modo atroce lasciando le tracce dei loro corpi sui muri del bunker. La crudeltà non ebbe limiti. Ancora oggi è sconosciuto il numero effettivo di vittime delle ultime due guerre in Iraq. Quattromila anni di civiltà contraddistinguono questa grande regione oggi in bilico tra desertificazione e prosciugamento dei grandi fiumi storici bloccati a nord dalle dighe turche e siriane.. Ma ancor più folle l’accanimento bellico contro un territorio fragilissimo in cui si espressero le prime forme della civilizzazione umana.