Ho parlato con i gorilla di montagna
Durante una visita nel continente africano, il primo ministro della Gran Bretagna, Sir Winston Churchill proclamò l’Uganda “Perla d’Africa” poiché fu straordinariamente attratto dall’eccezionale bellezza del paese. I miei amici coordinatori che hanno già fatto questo viaggio mi hanno confermato tale titolo; infatti, il paese è davvero… un gioiello!
L'Uganda, situata a cavallo dell'equatore, è il luogo dove l'immensa savana dell’Est Africa incontra le foreste tropicali dell'Ovest. Confina a nord con il Sudan, ad est con il Kenya, a sud con il lago Vittoria, la Tanzania e il Rwanda e ad ovest con la Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire). E’ il vero cuore geografico dell’Africa, dove armonizzano in modo spettacolare paesaggi diversi: foreste rigogliose, ambienti montani e lacustri, savane e vulcani. Il paese è verdissimo, e stupisce per l’abbondanza di coltivazioni. Essendo nel centro del continente, non ha nessuno sbocco al mare, ma l’acqua non manca; infatti, ci troviamo nella zona dei grandi laghi e persino il fiume Nilo nasce in territorio Ugandese.
Ex protettorato britannico, indipendente dal 1962, travagliato dalle tragedie degli anni ‘70 e ’80, l’Uganda ha aperto da pochi anni le porte al turismo (anche se “la massa” fortunatamente non è ancora arrivata grazie alle strade sterrate). Le più recenti disposizioni governative e una rinnovata coscienza ecologica hanno dato l’avvio alla creazione di nuove aree protette, facendo sì che l’Uganda sia un vero paradiso ecologico che conta oggi un sistema di dieci parchi nazionali e riserve su entrambi i versanti dell’Equatore.
Da esperto WWF, confermo quello che hanno dichiarato altri coordinatori, ossia che non è assolutamente vero che in Uganda si va solo per vedere i famosi e rarissimi gorilla di montagna, poiché il paese offre ben altro... molto altro! A noi il compito di vivere ogni momento del viaggio e scoprire nuovi orizzonti.
Per l’orografia i parchi non sono paragonabili a quelli della Tanzania, Kenya, Botswana, ma... qui ci sono delle particolarità... delle unicità: i tanto citati gorilla e anche gli scimpanzé, non presenti in altri stati. E poi, se siamo fortunati, potremo avvistare un’avifauna rara e ricchissima, sperando di osservare il “Becco a scarpa” e l’“Uccello Martello”, rarissimi, oltre ad aquile, avvoltoi, cicogne, ecc. Anche i climbing lions dell' Isasha, nel Queen Elizabeth National Park, insieme ai leopardi, sono una rarità, ma io sono abbastanza fortunato in materia di avvistamenti di fauna selvatica, quindi… incrociamo le dita. Ed infine i laghi storici Victoria ed Albert collegati dal Nilo, per far rivivere sulle carte geografiche la storia d’amore tra la regina Victoria ed il principe consorte Albert, drammaticamente interrotta per la prematura scomparsa di quest’ultimo. E dulcis in fundo il passaggio dell’Equatore con la classica fotografia ricordo e i piedi a bagno nelle sorgenti del Nilo nel Lago Vittoria.
Italia Roma/Milano – Cairo – Entebbe - Kampala Ziwa Rhino Sanctuary - Murchinson N.P.
Viaggiamo di notte, per arrivare ad Entebbe all’alba del giorno dopo. Facciamo colazione, prepariamo i pulmini e via verso lo Ziwa Rhino Sanctuary, con sosta pipì in una stazione di servizio. La Riserva dei Rinoceronti bianchi provenienti dal Kenya è molto interessante, soprattutto perché ha registrato le prime nascite e poi perché rappresenta il ritorno di questa specie dopo l’estinzione del rinoceronte orientale e del rinoceronte del deserto settentrionale, causata dal bracconaggio durante la guerra civile. Con l’aiuto dei rangers li vediamo a poca distanza. E’ uno spettacolo incredibile, una scarica di adrenalina che ci fa affrontare uno dei viaggi più belli fatti con Avventure. Ripartiamo in direzione di Masindi, dove entriamo nel Parco N. Murchinson. Arriviamo al Yebo Camp dopo le 20,30 con buio pesto. Quindi cena, relax davanti al fuoco a contemplare le stelle e poi a nanna. Sonno profondo fino all’alba.
Murchinson N.P. - Masindi
Sveglia alle 5,00, colazione alle 5,30 e partenza per il primo safari alle ore 6,00. Malgrado le scomodità tutti hanno dormito bene e quindi abbiamo ricaricato le batterie. Il fatto di essere partiti puntuali alle 6,00 ci ha permesso di arrivare all’imbarcadero alle 6,45 ed essere i primi della fila per l’imbarco sul ferry delle h. 7,00 a Paraa. In pratica dobbiamo oltrepassare quel tratto di Nilo Vittoria che dalle Murchinson Falls va a sfociare nel Lago Alberto. Sulla sponda opposta inizia il Safari. Attenzione ai babbuini ladroni che entrano perfino nelle macchine e tentano di rubare di tutto. Ma le nostre grida li allontanano. Si parte quindi per il Safari in un territorio non pianeggiante come la classica savana africana, ma ondulato e vario. Molto interessante con numerosi branchi di animali: Damalischi (antilope Topi), Giraffe, Bufali, Kobi (antilope Lichi), Antilope Reedbuck, Antilope Bush Duiker, Antilope Bushbuck, una famiglia di leoni, gruppi di elefanti e di Ippopotami,gruppi di Galline faraone, molti facoceri, diversi gruppi di piccole scimmie ed una coppia di Iene maculate, forse la specie più difficile da vedere durante un game drive diurno. Tornati all’imbarcadero, veniamo accolti da un gruppo musicale locale con strumenti tradizionali che ci allietano l’attesa del ferry. Torniamo col ferry sull’altra sponda per fare la seconda parte della giornata, ossia la mini-crociera fino alle cascate Murchinson. Il Caronte di turno ha portato un frigo bar e quindi abbiamo comprato da bere acqua, birre ed altre bevande per accompagnare lo spuntino che ci eravamo portati appresso. Lungo il tragitto, osserviamo diverse specie: molti Waterbuck (Antilope d’acqua), numerosi Ippopotami, ma soprattutto diverse specie di uccelli tra cui: cicogne dal becco giallo e dal becco nero, Marabù, cormorani, Gruccioni e Martin pescatori di due specie il Kingfisher ed il Nilotico, Aironi nella varietà cenerino, golia, bianco maggiore, guardabuoi, e Aquila pescatrice. Paesaggio molto bello, anche se il corso del Nilo è tappezzato di chiazze di schiuma bianca dovuta all’emulsione dell’acqua del fiume carica di nutrienti provenienti dagli escrementi degli Ippopotami e degli uccelli. Un fenomeno prettamente naturale anche se poco bello, ma dipende anche dalla temperatura stagionale dell’acqua. Arriviamo con la barchetta ad una cinquantina di metri dalle cascate. Ci manca il fiato nell’osservare la potenza dell’acqua. Da un imbarcadero inizia il sentiero pedonale che ci porterà al Top of the Falls.Sentiero quasi di montagna molto interessante fatto sotto un sole cocente ed un caldo umido. Scorci molto belli e tante fotografie. Curiosate nelle varie deviazioni che conducono a punti panoramici, fino ad arrivare in cima, dove occorre deviare verso sinistra per arrivare fino a lambire l’acqua del fiume che inizia a precipitare. Fantastico. Ormai siamo alla fine del sentiero, un ranger ci raggiunge per indicarci la retta via comunque obbligatoria: un grande prato verde con alcuni capanni dove abbiamo completato il nostro spuntino e steso al sole le camicie completamente fradice dal sudore. Avevo concordato con gli autisti che dovevano farsi trovare in cima alle cascate e così è stato. Di lì abbiamo preso direttamente la strada per Masindi e ci siamo sistemati nel nostro Hotel Victory Bijja.
Masindi – Budongo Forest - Hoima
Secondo giorno nel Murchinson N.P. per fare il track agli Scimpanzè. Partiamo di buon ora per stare nella Riserva di Budongo all’ora concordata con i ranger. Rifacciamo, in pratica, la stessa strada che abbiamo fatto la prima sera per arrivare al Yebo Camp. Ad un certo punto, da lontano vedo un primate di grossa taglia che ci attraversa la strada. John, la guida, dice che è un Babbuino, io invece noto che l’andatura è diversa e con le braccia più lunghe, penzolanti. Grido è uno Scimpanzè, sì sì è uno Scimpanzè che ci attraversa la strada da sinistra verso destra. Arriviamo alla Riserva e troviamo la prima sorpresa. Essendo 16 non possiamo partire insieme, ma in due gruppi in orari diversi. Prima uno e l’altro al ritorno del primo gruppo. Non c’è altra soluzione. Accettiamo e tiriamo a sorte tra i due van quello che deve partire prima. Viene sorteggiato il mio van a cui si aggiunge un’altra partecipante dell’altro van, anch’essa sorteggiata. Questo sorteggio è stata la fortuna per tutto il gruppo e per tutti gli altri gruppi della giornata. Capirete perché. Due Ranger, maschio e femmina, ci fanno un briefing sugli Scimpanzè e sul comportamento da adottare. Parla la Ranger donna che spesso chiede riferimenti tecnici all’altro ranger. Capisco che è più affidabile il piccolo uomo in divisa. Quindi, quando ci dicono di dividerci in due gruppi io dico subito al piccolo Ranger: io vengo con te. Nel Van John racconta al piccolo uomo dell’avvistamento dello Scimpanzè (che solo il primo van aveva fatto). Il ranger ci dice di andare nel punto dell’incontro che John ricordava. Da lì siamo partiti a piedi anche noi. Il Ranger ha detto che lo scimpanzé avvistato era la retroguardia di un gruppo in spostamento per la ricerca di cibo. Incominciamo a camminare nella Foresta, non fa freddo e la temperatura è accettabile. Poca umidità, almeno a quell’ora. Il Ranger si tiene in contatto radio con altri ranger. Dopo un po’ si sentono alcune grida e il Ranger dice che un gruppo di Chimp si sta spostando verso di noi. Ma camminiamo ancora per circa un’ ora in una selva molto bella e ricca di specie che il Ranger ci spiega. Alberi giganti con apparato radicale incredibile. E finalmente arriviamo al fatidico incontro, prima in sordina, tutti in silenzio e nascosti e poi piano piano quando loro ci hanno visti ed accettati, ci mettiamo allo scoperto per vederli meglio e fotografarli. Sono in alto tra le cime degli alberi e stanno mangiando, foglie, frutti e bacche. In segno di benvenuto ci pisciano addosso e ci bombardano con bacche. Dico al Ranger di chiamare l’altro nostro gruppo che sta con la ranger donna. Affinchè anche gli altri possano osservare i primati che più ci assomigliano. E’ uno spettacolo naturale e selvaggio molto bello. Il nostro Ranger chiama anche gli altri gruppi partiti prima di noi che non avevano avvistato nulla. E così anche loro possono godere dell’incontro. Perché ho detto che il sorteggio e la scelta fatta da me del piccolo ranger è stato un colpo di fortuna? Perché se fosse partito l’altro gruppo non avrebbero avuto la notizia dell’avvistamento. Se fossimo arrivati molto prima alla Riserva saremmo partiti senza fare l’avvistamento sulla strada. Tutto è stato generato da quello incontro fortuito e dalla perizia del piccolo ranger che sapeva il fatto suo e a cui abbiamo riservato abbracci e una lauta mancia, tutta meritata. Partiamo per il Villaggio Women’s Boomu Group tornando indietro sempre sulla stessa strada tra la Budongo Forest e Masindi. Ci viene incontro una Mama, la responsabile del gruppo di donne, che abbiamo capito lavorano insieme e producono begli oggetti di artigianato. Ci spiega come funziona il gruppo, per l’assistenza delle donne e dei bambini della comunità (mentre gli uomini sono lontano per lavoro), ci fa visitare il villaggio composto di tante capanne, alcune ben organizzate da ospitare anche visitatori come noi, ci danno una dimostrazione del lavoro al telaio ed in compenso compriamo molti oggetti della cooperativa. Ma la cosa più bella è stato l’incontro con i bambini, diecine e diecine, accorsi per la curiosità di incontrarci e avere qualcosa da noi. Per fortuna, eravamo ben forniti e quindi è stata una festa quando ad ognuno di loro è stato regalato un cappellino, o una maglietta, o un paio di pantaloncini, o una bambolina o un giocattolino, o quaderni e colori. Una felicità impagabile per loro e per noi. Tante foto ricordo e tanti abbracci prima di partire. La Mama è stata molto accogliente perché ci ha messo a disposizione la sala da pranzo per gli ospiti, molto pulita, per consumare il nostro spuntino, però in compenso abbiamo comprato acqua e bibite. Riprendiamo la strada che ci porterà fino a Hoima. C’è solo un piccolo accenno di pioggia quando ormai siamo sulla strada per l’hotel. Fuori dell’Hotel, in un prato noto una mandria di mucche della razza “Ankole”, bellissime con corna enormi, originarie dell’omonima regione vicina a Lake Mburo. Dicono che più sono grandi le corna e più aumenta il prezzo alla vendita. Ogni sera, dopo cena, si chiacchierava e si studiava il programma del giorno dopo con l’aiuto degli autisti e della mia carta stradale. Nell’Hotel di Hoima, il Kolping, il migliore in assoluto, sotto un gazebo del giardino abbiamo fatto l’approfondimento di alcuni personaggi che erano passati per l’Uganda prima di noi: Speke e Burton, scopritori delle sorgenti del Nilo, D. Fossey e J. Goodall, le più famose studiose di primati al mondo. Ognuno ha presentato il suo personaggio. Io ho letto una relazione sui Gorilla che il mio amico pittore Jean Annoot mi portò dal Rwanda.E’ stato molto bello ed istruttivo. E poi tutti a nanna dopo un bel drink di vino liquoroso del Sud Africa.
Hoima – Fort Portal
Oggi è una giornata di trasferimento, quindi partiamo comodamente alle h. 8,30 dopo aver fatto colazione. John ci dice che faremo una sosta pranzo a metà giornata in un piccolo villaggio, e poi direttamente a Fort Portal, bella cittadina coloniale con un interessante mercato. Doveva essere una giornata di scarso interesse, ed invece, ci sono stati alcuni aspetti molto accattivanti. Il primo capita quasi per caso, lungo la strada. Vedo due ragazzi che lavorano in un campo da poco disboscato e dissodato e su un lato del terreno noto un mucchio di terriccio squadrato quasi a parallelepipedo, con lati a piramide, con vari sfiatatoi da cui esce del fumo. Intuisco che trattasi di una carbonaia. Faccio fermare i van e chiedo di fare una breve sosta per vedere da vicino questo antico etradizionale sistema di produzione di carbone, ormai scomparso in Europa e in Nord America. I due ragazzi di 16 e 22 anni, hanno prima disboscato, poi hanno accatastato i pezzi di legna migliori e sopra vi hanno costruito una carbonaia con copertura di terra, all’interno della quale un fuoco moderato e continuo avrebbe trasformato, dopo molte ore di lenta combustione, la legna in carbone, attraverso un principio fisico-chimico semplice e complesso allo stesso tempo. I ragazzi sono stati contenti della nostra visita. Loro stavano preparando con la zappa il terreno, fertile e vergine, per la semina del mais dai chicchi bianchi e non gialli come i nostri. Ci danno un po’ di semi e ci invitano a seminare: una buchetta un paio di semi e poi copertura con la terra. Li ringraziamo e gli diamo anche una piccola mancia, mio figlio Edoardo gli regala dei pantaloni portati dall’Italia, Tiziano acquista un machete originale, che qui chiamano Panga. Ma come farà a portarlo sull’aereo? Riprendiamo la strada e all’ora di pranzo ci fermiamo nel piccolo villaggio dove c’è un ristorantino con la pretesa di chiamarsi Hotel. Non si presenta male. Ordiniamo, pesce di lago con patatine, uova al tegamino, con promessa di consegna in un quarto d’ora. Aspettiamo, mezz’ora e poi anche un’ora, alla fine arrivail cibo che è buono. Un’ordinazione non arriverà mai. Intanto abbiamo consumato anche il nostro cibo (le scatolette dall’Italia) insieme a tanti bambini che si sono radunati. Nell’attesa abbiamo gironzolato per i negozietti vicini ed infine nella cucina per vedere a che punto stava la preparazione e, qui l’apoteosi. Scene incredibili che in barba alle leggi sanitarie e all’HCCP, vanno avanti da secoli. I lavoranti erano in divisa ma il livello di igiene e gli ambienti non li potete immaginare se non li vedete. Forse qualcuno non avrebbe più mangiato, ma io ho fatto notare che tutto il cibo era poi cotto su un grande fuoco. Quindi nessun timore ed infatti nessuno ha avuto disturbi. Continuiamo il viaggio ed un’altra sosta per il pipì stop la facciamo in una grande piantagione di Thè. Piante ben coltivate e potate a perdita d’occhio per tutte le colline circostanti. Un autentico mare verde frazionato in tanti appezzamenti più o meno squadrati e delimitati da stretti corridoi per il passaggio delle raccoglitrici e di noi, avventori necessitanti di un po’ di privacy per una sosta idraulica. Arriviamo a Fort Portal verso le tre del pomeriggio. Prendiamo le camere, ordiniamo la cena e poi tutti in libera uscita per visitare il mercato e la città. Il mercato coperto è molto interessante sia nella parte alimentare che in quella delle botteghe artigiane (in vero banchetti più o meno organizzati). Chicca: il pedicure alle donne lo fanno gli uomini che chiudono il lavoro con la dipintura delle unghie in maniera artistica. Alcuni non vogliono foto altri invece invitano a farle. Fuori dal mercato notiamo una grande fila di moto con piloti, tutti schierati. Capiamo che non sono bikers come da noi, ma veri noleggiatori, infatti per tutta l’Uganda vediamo tante moto con passeggero o passeggeri (anche tre) e relativi bagagli. Si chiamano Boda Boda, per imitare il suono del clacson. Questa che è una delle più grandi città dell’Uganda, offre anche interessanti spunti architettonici dell’epoca coloniale. La serata si chiude con la cena e con la nanna.
Crater Lakes - Kasese - Equator Point - Katwe Lake - Q. Elizabeth N.P. Mweya
Partiamo verso le h. 8,00 per affrontare una delle giornate più intense di attività, soprattutto perché affrontiamo il terzo trekking ai Crater lakes in preparazione di quello dei Gorilla. Né ho programmati tre prima di quello fatidico, per preparare le gambe per chi non le aveva allenate. Ed, infatti, questo secondo per me, è stato il più faticoso, ancor più di quello dei Gorilla. Intanto perché l’itinerario è lungo e poi perchè costituito da saliscendi a volte ripidi con un clima molto umido. In compenso è bellissimo. Il paesaggio è stupendo: si attraversano tratti di foresta tropicale inestricabile e tratti rurali bellissimi, tra bananeti e campi coltivati a patate e mais. Le scene del lavoro nei campi con strumenti rudimentali, direi primitivi, erano semplicemente spettacolari. D’altronde sui terrazzamenti in alta montagna si può lavorare solo con la forza fisica e con la zappa. Vediamo tre laghi, prima uno alla volta e poi tutti insieme da Top of the World, nei cui pressi l’Università di Innsbruck ha istituito un dipartimento di meteorologia con osservatorio. Abbiamo visto diversi stormi di bellissime Gru coronate. Si prosegue fino al primo Equator Point dopo Kasese, però quello tra Mburo e Kampala è più scenografico. Comunque il primo incontro con la linea dell’Equatore è senza dubbio molto significativo, con foto a go-go. Di qui procediamo a ritmo serrato perché dobbiamo rispettare l’orario di visita alla salina del Lago Katwe e poi della mini crociera lungo il Kazinga Channel. In realtà questa zona che è all’interno del Parco Nazionale Queen Elizabeth è molto interessante perché è costituita da una serie di laghi vulcanici prospicientiil grande Lago Edoardo, e tra questi il lago Katwe. La caratteristica di questo piccolo lago è che trattasi di un lago vulcanico nel cui bacino è accumulata una enorme riserva di sale fossile di origine mineraria, salgemma, che viene raccolto con un antico sistema, in una salina ricavata ai suoi margini. L’aria è quella salmastra, tipicadelle saline, con intensi effluvi bromo-iodici. La difficoltà è che la raccolta viene fatta a mano da uomini e donne, con fasi di lavorazione separata, immergendosi nei vari bacini salanti. Per me, che sono un appassionato di saline, è stato molto interessante ma anche per il resto del gruppo, che ho animato prima, durante e dopo la visita guidata, condotta dal Direttore della salina. Il quale alla fine ci ha premiato portandoci a vedere i fenicotteri che “pascolavano” nei bacini di evaporazione. Abbiamo avuto l’opportunità di acquistare anche sacchetti di sale del Katwe che io a casa ho utilizzato tranquillamente in cucina: ottimo anche se quasi grigio. Purtroppo non abbiamo potuto assistere alla raccolta poiché climaticamente non ci trovavamo nella stagione giusta. In tutte le saline del mondo la raccolta del sale avviene una volta l’anno, ossia alla fine della stagione secca quando il sale è maturo e si è formata la lastra di cristalli di sale sul fondo del bacino. Sarebbe stato bellissimo vedere eserciti di uomini e donne intenti nelle varie fasi della raccolta manuale a forza di picconi e pali. Dopo Katwe ci dirigiamo all’ingresso del Parco per andare all’imbarcadero e iniziare la crociera lungo il canale naturale Kazinga che collega il lago Edoardo (per la felicità di mio figlio Edoardo) con il Lago George. Qui prendiamo il battello a due piani del Parco ed assistiamo ad uno spettacolo della natura incredibile. Mi sembrava di stare all’interno di un documentario di Quark, tra l’altro seduto in prima fila, armato di binocolo Pentax, Foto-Camera Canon ed una ghiacciata birra Nile. Eccezionale!!! Un Ranger ci faceva da guida e spiegava molto bene le specie che di volta in volta avvistavamo. Io, ogni tanto lo integravo con qualche aspetto di etologia, a cui era interessata anche una famigliola di americani che con noi dividevano l’imbarcazione. E allora le specie viste, tutte in abbondanza, sono state: elefanti, bufali, ippopotami, coccodrilli e varani arrampicati sugli alberi (Lizard), Antilopi d’acqua e scimmie di varie specie: vervet, red-tailed e blue, e poi un’infinità di uccelli: cicogne, gruccioni e martin pescatori di tutte le specie, Ibis mignattaio ed eremita, pellicani e aquile pescatrici, cormorani ed aironi, e soprattutto l’uccello martello. Invano ho cercato la cicogna becco a scarpa “Shoe bill Stork”, ma niente. Il ranger mi ha detto che vive in tutt’altro areale, ossia alla foce o confluenza di fiumi con canneti. E tra l’altro è un uccello molto raro ed elusivo. Pazienza sarà per un’altra volta. La crociera finisce quando si arriva in vista del Lago George dove si fa retromarcia verso l’imbarcadero. Soddisfatti e felici ci dirigiamo verso i nostri lodge. La cena organizzata al ristorante del Parco è stata molto buona.
Queen Elizabeth N.P. da Mweya sector a Isasha sector – Kihihi - Kisoro
Partiamo per il settore Mweya e iniziamo il safari. Riusciamo a vedere un bel gruppo di leoni con più maschi, nella savana con erba alta e gialla. Varie specie di antilopi in un contesto paesaggistico integro ed interessante. Facciamo una rapida sosta pranzo e poi ci dirigiamo nel settore Isasha, dove giriamo in lungo e in largo ma non vediamo leoni né sugli alberi né a terra, né tanto meno leopardi e così arriviamo all’uscita del Parco e infine a Kihihi alla Guesthouse Kasunju. Partiamo che è ancora buio e arriviamo al gate che deve ancora albeggiare. Assistiamo così ad uno spettacolo di colori incredibili. Il safari non ci concede nulla di particolare se non un giro in una savana silenziosa con l’avvistamento di un Serval (raro). John è muto e molto rattristato per un battibecco avuto con il suo collega Joachim. Quindi gli faccio un bel discorso dicendo che il gruppo non ce l’aveva con lui, anzi gli siamo molto riconoscenti per quello che ha fatto per noi e per il lavoro che sta facendo, ma soprattutto che abbiamo molto apprezzato le sue qualità di guida e di uomo onesto. Lui ha ringraziato e così ci siamo incamminati verso Kisoro. La tappa di trasferimento non ha offerto nulla di particolare se non nell’ultimo tratto di foresta che è quella denominata Bwindi Impenetrable Forest, cioè l’ambiente dove vivono i gruppi di Gorilla di Montagna ed il panorama su colline coltivate e laghi vulcanici.Arrivati a Kisoro ci sistemiamo nell’Hotel Virunga dove ci viene assegnata una palazzina nuova che occupiamo solo noi, con 4 camere al piano terra e 4 al primo piano, con letti e bagno molto comodi. Addirittura con balcone e veranda con sedie e tavolini. Cerchiamo di capire se fare la cena al Golden Monkey che vado a visitare, ma non ci dà alcuna garanzia. Quindi optiamo per la cena al Virunga, dove usava mangiare Diane Fossey. In compenso facciamo una bellissima ed interessante passeggiata per la cittadina di Kisoro, molto animata in virtù del mercato settimanale.Assistiamo anche ad un incontro musicale e danzante di un gruppo religioso riunitosi in un parco al centro della città. Tante foto interessanti. Compro mezzo chilo di arachidi crudi, già sgusciati ma ancora con la pellicina rossa, come quelli che mi porta suor Beata dal Rwanda. Infatti, tornato in Italia li ho tostati in forno e sono venutiuna vera bontà. Dopo cena, prepariamo l’attrezzatura per il track ai Gorilla e andiamo a nanna presto, perché dobbiamo alzarci all’alba. Siamo tutti elettrizzati per l’attesa dell’incontro con il grande primate che caratterizza tutto il viaggio.
Bwindi Impenetrable Forest
Facciamo colazione con il buio e partiamo che è appena albeggiato. Rifacciamo all’inverso una parte della strada del giorno prima, fino ad arrivare in alta montagna e fermarci presso una Stazione di Ranger dove vediamo già tanti altri gruppi. Un ranger ci fa un briefing su come è gestito il Parco Nazionale dei Virunga (parco transfontaliero tra Uganda, Rwanda e Congo), come viene gestita la protezione dei Gorilla di montagna e come va fatto il track. In pratica in Congo non ci si va più a causa della guerriglia e i gorilla si sono spostati nelle zone più tranquille dell’Uganda. In Rwanda il track è molto più costoso. Sul versante ugandese ben 13 gruppi sono abituati all’incontro con l’uomo e al pari di altri gruppi non abituati, sono monitorati dai ranger 24 ore su 24, anche di notte, per il pericolo costante del bracconaggio (cattura dei piccoli per vendita a privati, per la pelliccia del silver back e per la carne: in Africa è molto richiesta carne di scimmie e primati in genere). Ci dicono anche quali sono le norme di comportamento: non guardare negli occhi, non fare movimenti inconsulti, non vestire abiti con colori sgargianti, non usare profumi, non parlare ad alta voce, non avvicinarsi a meno di 10 metri, vietato partire con raffreddore in corso. I gruppi sono di max 8 persone e sono accompagnati da due ranger ed eventuali portatori. Ogni gruppo viene diretto in una particolare zona ed abbinato ad un gruppo di gorilla, più o meno lontano. Quindi noi veniamo divisi in due gruppi. Il mio parte a piedi, l’altro prende il van. Noi dopo poco avvistiamo già tracce di cacca fresca e dopo un’oretta siamo a contatto con i Gorilla. I ranger si tengono in contatto via radio e quando arriviamo, ci dicono di non fare rumore, ma in realtà non vediamo nulla. Poi vediamo muoversi rami e foglie e un ranger inizia il contatto diretto con i Gorilla con vari mugugni. Il capo ranger è vicino a me e mi traduce lo scambio vocalico, in pratica dice: “noi (guardie) stiamo bene, tutto a posto, non vi preoccupate di noi perché questi sono nostri amici tranquilli”. Ricevuta la risposta tramite altri mugugni. E’ incredibile, abbiamo assistito ad un dialogo tra gorilla e uomini. Ci avviciniamo di più, e finalmente li vediamo. Uno di fronte, uno di lato, uno in alto, una mamma con piccolo, il Silver Back ed il maschio secondo. I ranger ci permettono di avvicinarci ancora e li vediamo benissimo. Veniamo accolti e noi lo percepiamo. Mio figlio mi dice: papà sopra la tua testa ce ne è uno, ed un altro alla tua sinistra. Noi del gruppo siamo tutti vicini e ci rendiamo conto che ci hanno accerchiato. Non siamo in una radura aperta ma nel folto di una boscaglia e loro mangiano, non fanno altro che mangiare e guardarci di soppiatto. Forse curiosi, si divertono pure. Il ranger vicino a me, mi dice che il gruppo è di 11 unità e che intorno a noi ce ne sono 8. Noi sinceramente ne vediamo tanti, ma alcuni essendo di uguale stazza ci sembrano uguali e non riusciamo a distinguerli. Alcuni si arrampicano ed altri no. Dopo che è certa la nostra accettazione da parte del gruppo e soprattutto del Silver back, il ranger ci permette di avvicinarci ancora. Cerco di misurare la distanza, forse sono circa 5 metri. Io e Leonisia siamo proprio di fianco al secondo maschio e ci guardiamo con simpatia. Sembra che ci voglia parlare, che voglia chiederci come stiamo. E’ incredibile. Lo sguardo è il nostro stesso sguardo. Ma ci chiediamo a cosa stia pensando e come stia pensando? E’ un mistero. Un gran bel mistero che ci lascia con il respiro corto. Trascorso il tempo consentito, i ranger ci fanno cenno di rientrare. La soddisfazione si taglia con il coltello. Siamo felici di aver fatto uno degli incontri più belli della nostra vita, forse con un antico parente. Ci rendiamo conto che a breve distanza c’è il confine con la zona coltivata, dove vivono gli uomini, ecco perché devono essere così protetti e tutelati. Ci riposiamo in una radura, consumiamo il nostro pasto e consegniamo ai ranger la meritata mancia. Io pago il mio portatore che mi ha portato lo zaino. Ce n’erano tanti nel punto di partenza, che aspettavano di guadagnarsi la giornata, ad un costo davvero accettabile. Faccio capire ai partecipanti che prendere un portatore equivale a tutelare i gorilla, in quanto se le popolazioni locali trovano un tornaconto economico, capisce che la sopravvivenza di questo primate garantisce anche la loro sopravvivenza. E così ne abbiamo presi due. Finito il nostro track torniamo all’Hotel Virunga a Kisoro, ma dell’altro gruppo nessuna notizia. Il telefono di John non riesce a contattare quello di Joachim. Tutto bene, arriveranno solo con un po' di ritardo. Li hanno avvistati anche loro ma dopo un lungo percorso a piedi abbastanza faticoso. A cena si raccontano le varie esperienze e dopo a nanna, abbastanza stanchi per non dire cotti, ma molto contenti.
Kisoro – Lake Mburo N.P.
Colazionati e bagagliati partiamo alle h. 8,00 in direzione di Lake Mburo N.P., senza soste intermedie, per avere il game safari nel primo pomeriggio. All’arrivo al Parco ci rendiamo conto che trattasi di una area molto secca in cui non è presente foresta di alto fusto. I limiti del parco confinano con zone rurali, tanto che incontriamo una grande mandria di vacche Ankole con corna grandissime. Paghiamo i ticket di ingresso e ci rechiamo sul lago per prenotare la cena. Dopo di che paghiamo le tende e andiamo a guardarle. Sono molto belle ed inserite in un contesto naturale very wild. Le tende sono collocate su pedane di legno e dotate di letti e finestre con zanzariere, due hanno il bagno incorporato, per le altre ci sono due bagni esterni con il minimo necessario (occorre la torcia). Il ranger ci promette di accendere un fuoco al centro dell’accampamento e dotare ogni tenda di una lanterna a petrolio. Partiamo per il game safari per osservare per la prima volta zebre ed impala. E’ anche l’areale del leopardo ma di lui nessuna traccia. Facciamo con i van tutto il giro del parco e all’imbrunire torniamo all’accampamento. Sistemiamo le tende per la notte e poi andiamo al ristorante. Il ristorante domina il lago e per questo moscerini e zanzareabbondano, anzi sono insopportabili nonostante l’Autan. Il ristorante è caro e anche molto scarso di cibo. A voi che partirete dopo di noi consiglio di organizzarvi così: per strada acquistate una piccola griglia e qualcosa da cuocere, patate, peperoni, pomodori e pane. Farete un bel barbecue davanti al fuoco in mezzo alle tende. Infatti, il ranger ci ha fatto trovare il fuoco acceso. Un grande falò. Il cielo è stellato, bellissimo. Davanti al fuoco, prima di andare a dormire facciamo lunghe chiacchiere e la sintesi del viaggio. Durante il viaggio, un pezzo per volta, avevo composto una poesia sull’Africa, sull’Uganda, sui partecipanti, sul viaggio. L’ho letta davanti al fuoco ed ha suscitato l’apprezzamento di tutti a coronamento di un bellissimo viaggio. La leggerò anche a voi alla fine di questo racconto. Quindi facciamo una bella dormita in tenda.
Lake Mburo N.P. – Kampala – Jinja – Kampala
Ci alziamo di notte, carichiamo i bagagli e partiamo alla volta di Kampala, con una sosta per la colazione da farsi al secondo Equator Point. Uscendo dal Parco effettuiamo interessanti avvistamenti: mandrie di bufali, zebre ed impala che ci hanno attraversato la strada. All’Equator Point troviamo diversi negozi e ristoranti con bar. Facciamo colazione, acquisti di souvenir e foto ricordo. E via verso Kampala, o meglio verso il traffico di Kampala. Per arrivare a Jinja, bisogna passare obbligatoriamente per la capitale, intasata ad ogni ora, ma soprattutto tra le 11,00 e le 13,00, ossia quando ci passiamo noi. Superiamo anche l’imbuto di Kampala e finalmente arriviamo a Jinja sul Lago Vittoria per fare un giro in barca e arrivare alle sorgenti del Nilo. Jinja è la seconda città dell’Uganda, economicamente molto attiva, con bei quartieri residenziali. Paghiamo un ticket per entrare in una specie di parco dal quale si accede all’imbarcadero. Alcuni evitano questo imbarco per non pagare il ticket, invece io lo consiglio perché è ben servito di negozi, bar e ristoranti, ma soprattutto per il Mausoleo a Gandhi nel punto in cui vennero sparse le sue ceneri (solo una parte perché il resto ha trovato altre destinazioni nel mondo). Con Gandhi, nella mia vita ho fatto tre incontri: a Bombay nella sua casa, in Uganda alle sorgenti del Nilo e a Roma per le vie della Garbatella, dove fu ricevuto, sotto tono e malvolentieri, dal governo fascista. Di fronte a Gandhi, sull’altra sponda è ubicato il Mausoleo a Speke, l’esploratore inglese amico di Burton che intuì le sorgenti del Nilo proprio qui nel Lago Vittoria. Noleggiamo due barche su cui si accomodano gli occupanti dei due van. Il giro è molto interessante soprattutto per il ricordo storico che rappresentano le sorgenti. Nel puntodel Lago Vittoria da cui nasce il Nilo, si nota che la corrente dell’acqua si increspa, in virtù del fatto chesott’acqua è stata realizzata una specie di barriera costituita di massi. Infatti, qui è stato posto una specie di cippo con relativa tabella e le barche riescono ad attraccare per far bagnare i piedi ai visitatori, per chi vuole, con tanto di foto ricordo. Alle sorgenti del Nilo, il nostro viaggio è terminato in gloria.
Chiosa finale
Il viaggio è stato intenso e concentrato in 10 giorni, netto voli. E’ opportuno tagliare bene il viaggio utilizzando i giorni a disposizione con visite mirate, considerando che tutto gira intorno alla prenotazione del track ai Gorilla e agli Scimpanzè. Il clima ci ha aiutato molto. Anche lo studio misurato della cassa comune e l’ampliamento della stessa ci ha permesso di non avere difficoltà contabili né lamentele. Ma il successo del viaggio deve essere attribuito soprattutto al gruppo, eccezionale, costituito da persone educate, motivate, allegre, generose, collaborative. Nessun battibecco. Forse ho un piccolo merito, quello di averlo preparato e motivato, già prima della partenza. L’Uganda ha un bellissimo territorio, ricco di panorami, di montagne e vallate popolate da comunità rurali molto attive. Certamente la parte del leone la fanno i Gorilla ed il resto della fauna, ricchissima, nonostante le stragi del periodo bellico. Ma l’aspetto che più mi ha colpito riguarda la gente: cordiale, amabile, disponibile, fraterna, espansiva, sorridente nonostante i seri problemi di sopravvivenza quotidiana. Gente che ci ha permesso di realizzare veramente un bel viaggio.
“UGANDA, SEDICI PERSONE E UN VIAGGIO”
Sedici persone, una persona sola. Dove vai fratello lungo la strada polverosa? …E poi acqua, acqua e ancora acqua, impetuosa, assordante, del Grande Fiume Sacro.
Sedici persone, un solo pensiero. Maestosi elefanti e variopinti uccellini, elusivi scimpanzè e affettuosi gorilla. …E poi verde, verde e ancora verde, senza vedere il cielo, senza vedere il sole.
Sedici persone, una sola anima. E l’abbraccio delle donne, delle ragazze e dei bambini. …E poi nero, nero e ancora nero, il nostro volto bianco i loro occhi sorridenti.
Sedici persone, un cuore solo. Il cuore dell’Africa. …E poi rosso, rosso e ancora rosso, di una strada senza fine, di una storia rossa di sangue e di violenza, che si vuole dimenticare.
Africa, Africa! Non sento più il tuo tam tam, ma il battito del tuo cuore, del cuore di sedici persone e di un unico viaggio.
Dedicata ai miei fantastici compagni di viaggio: Alessia, Costanza, Dario, Edoardo Vittorio mio figlio, Elena da Genova, Elena da Torino, Filippo, Leonisia, Luisa, Marta, Massimo, Monica, Saverio, Silvia, Tiziano.