Avventure nel Mondo

Il nostro selvaggio blu

da "Selvaggio Blu" con Avventure nel Mondo
foto di Mauro Serra

A giugno 2022 Avventure nel Mondo ha programmato, per la prima volta nella sua storia, un viaggio che prevedeva di affrontare il famoso “Selvaggio Blu”, un trekking che si sviluppa su 5 tappe da Cala Pedra Longa a Cala Sisine nella provincia dell’Ogliastra in Sardegna, noto per le bellezze paesaggistiche che offre ma anche per le difficoltà che impone di affrontare lungo tutto il percorso e che lo hanno fatto definire da più voci il trekking più difficile d’Italia e tra i più impegnativi in Europa.  Le difficoltà sono legate alla totale mancanza di fonti d’acqua e di tracce di sentiero visibili lungo il tragitto, alle caratteristiche del terreno sul quale si cammina, alla presenza di numerosissimi passaggi esposti (alcuni attrezzati e altri no), di tratti da affrontare in ferrata, arrampicata e calata in corda, al caldo intenso nei mesi estivi (giugno è considerato comunque il termine, luglio e agosto sono off limits per il caldo).  Le comunicazioni sono difficili, i cellulari prendono raramente ma questo, per alcuni, è un valore aggiunto.  Del resto, si chiama Selvaggio Blu e mai nome fu più azzeccato.  Comunque, ogni difficoltà è ripagata dalla natura in maniera più che generosa con falesie di centinaia di metri che si tuffano in un mare cristallino che si fatica a credere vero, bagni rigeneranti in calette verdi e turchesi, adrenalina, notti al chiaro di luna sotto ad un cielo con miliardi di stelle, la creazione di un gruppo affiatato e unito per affrontare l’avventura.  Ecco com’è andata!  LA PARTENZA E IL VIAGGIO PER BAUNEI Partiamo sabato 18 giugno in tre gruppi da Roma e Milano con destinazione Olbia.  Ci incontriamo in aeroporto e, dopo le presentazioni, saliamo su un transfer che ci conduce a Baunei.  Lungo il tragitto abbiamo modo di iniziare la nostra conoscenza, siamo nove persone, Roberta (la coordinatrice), Lucio e Antonio dal centro Italia, Greta, Claudio, Maurizio, Stefano, Sandro e Gianpaolo dal nord Italia, le età vanno dai trentacinque ai sessantadue.  Già dai primi momenti si crea un bel clima, si ride e si chiacchiera sull’avventura che affronteremo.  Il viaggio da Olbia a Baunei dura più di due ore e attraversa l’Ogliastra offrendo scorci interessanti.  Offre anche un sacco di curve e aria condizionata piuttosto fredda, ne tenga conto chi, come il sottoscritto, patisce queste cose!  Arrivati a Baunei ci dirigiamo alla “Cooperativa Goloritzè”, luogo nel quale passeremo la prima notte, prima di iniziare il cammino.  I ragazzi della cooperativa sarà anche il nostro grande assistente durante l’avventura, si occuperà di fornirci acqua e viveri, di trasportare i nostri bagagli più grandi e pesanti fino alla tappa successiva, di fornirci guide che ci accompagneranno lungo il percorso.  Passiamo la prima serata al camping della cooperativa, ceniamo con il famoso porcellino sardo e altre tipicità locali, bevendo cannonau e facendo la prima conoscenza delle guide che ci accompagneranno nei giorni seguenti, si tratta del presidente della cooperativa Antonio Cabras e di suo figlio Francesco.  Terminata la serata andiamo a letto, ben sapendo che nei giorni successivi non ci saranno letti definibili tali. 

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LA PRIMA TAPPA: DA CALA PEDRA LONGA A OVILE GINNIRCO  Alla mattina ci alziamo con un bel sole e facciamo colazione con ciò che ci propone la cooperativa: ricottine di capra con miele, marmellata di arance, torta fatta in casa oltre a latte caffè, tè.  Facciamo un briefing con le guide, ci illustrano brevemente le tappe, ci fanno le raccomandazioni del caso, ricordandoci di guardare sempre dove metteremo i piedi e di prendere acqua in abbondanza.  Scopriremo presto che questi consigli, banali in apparenza, in un territorio come quello del Selvaggio Blu sono da tenere costantemente presenti.  La prima tappa sarà impegnativa ma non occorreranno attrezzature alpinistiche, lasciamo quindi tutto negli zaini grandi che ritroveremo in serata e saltiamo su un Defender che ci porta a Cala Pedra Longa, da dove partiremo.  Già la partenza ci lascia a bocca aperta, ci si presenta davanti un tratto di costa blu e azzurra dominata dalla Pedra Longa, una guglia calcarea di 128 metri di altezza a picco sul mare.  Iniziamo a camminare seguendo la guida e in poco tempo raggiungiamo una spiaggetta deserta, ci concediamo così il primo bagno in quell’acqua che è troppo invitante anche per i restii, anche perché fa piuttosto caldo.  La sosta non dura molto, ci rimettiamo presto in cammino addentrandoci tra arbusti e ginepri e facendo la prima conoscenza dei cosiddetti “campi solcati”, un particolare terreno di tipo roccioso caratterizzato dal fatto di essere parecchio frastagliato e tagliente e che richiede quindi una grande attenzione quando lo si calpesta.  Ci fermiamo per una breve pausa pranzo, nella quale possiamo notare che la trasformazione in “selvaggi” passa anche da pranzi improvvisati, da insalata scondita mangiata direttamente dal ceppo, salami aggrediti a morsi e nessuna lamentela, se qualcosa non piace ci sarà sicuramente qualcuno disposto a fare uno scambio.  Saliamo molto, attraversando passaggi spettacolari da affrontare a “quattro zampe” quasi arrampicando, alla fine della giornata avremo fatto circa 900 metri di dislivello, dai punti panoramici che ci mostra la guida vediamo la guglia di Pedra Longa, che a quel punto sembra piccola.  Passiamo da punti esposti a picco sul mare e dopo ore di cammino giungiamo ad Ovile Ginnirco, ovile tuttora in attività.  Ascoltiamo la guida che ci racconta la storia del luogo e proseguiamo nel cammino, raccogliamo legna per fare il fuoco la sera e in breve tempo ci troviamo al punto di raccolta, dove troviamo il Defender che ci ha portato i nostri bagagli e la cena per la sera.  Ci ha portato anche le “docce”, ossia bottiglie da riempire d’acqua per lavarsi nella natura, divertente!  La cena è preparata dai ragazzi della cooperativa, si mangiano verdure e carne di capra alla griglia, si beve cannonau, mirto e filu ferru e l’atmosfera è di festa.  Facciamo la conoscenza di altri due gruppi che stanno facendo il Selvaggio con altre guide della cooperativa, uno di questi lo ritroveremo in tutto il viaggio e alla fine ci considereremo un gruppo solo.  Alla fine della serata andiamo a dormire nei nostri sacchi a pelo senza tende (non le useremo per tutto il viaggio) per la prima notte sotto il cielo stellato, lo spettacolo è indescrivibile e quasi spiace addormentarsi.

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LA SECONDA TAPPA: DA OVILE GINNIRCO A PORTU PEDROSU  La mattina del secondo giorno ci svegliano il sole, i belati e le campane delle numerose capre che sono giunte nei pressi del luogo del nostro accampamento, la notte è trascorsa tranquillamente, a parte una lumacona su una spalla di Stefano, nulla di particolare da segnalare.  Facciamo colazione, prepariamo gli zaini e siamo pronti per partire per la seconda tappa.Stavolta nello zaino metteremo anche imbrago, kit da ferrata e caschetto e non li toglieremo fino alla fine del viaggio.La seconda tappa prevede più discesa che salita, il dislivello sarà molto più negativo che positivo e ci porterà dalle alture al mare.  Partiamo quindi seguendo Francesco, che mentre cammina ci illustra la flora e ci racconta aneddoti del luogo, facendoci rivivere le atmosfere degli antichi pastori e carbonai sardi.  Non mancano le soste panoramiche e iniziamo ad assaporare un po' di adrenalina affrontando il primo traverso in modalità "ferrata".  Un piccolo appunto per chi, come il sottoscritto, è abituato alle ferrate "comode" e attrezzate ad esempio del lecchese: non troverete scalette o staffe metalliche che aiutano, c'è solamente la fune alla quale assicurare la longe, gli appigli ci sono ma...vanno cercati!  Ci fermiamo per il pranzo in una radura ombreggiata e il teschio di una capra incastrato in un ramo ci rammenta che...si deve stare attenti!  Ripartiamo attraversando un bosco di lecci, corbezzoli, ginepri e olivastri e proseguiamo nella discesa verso la nostra meta, Portu Pedrosu.  Quando giungiamo all'arrivo della tappa, veniamo accolti da una caletta incantevole dalla spiaggia sassosa e dal mare dal fondale verde nel quale possiamo immergerci, osservare pesci e addirittura delle piccole murene.Veniamo accolti anche da lattine di Ichnusa fresca, che abbiamo avuto l'accortezza di chiedere il giorno prima all'organizzazione e che diventeranno il rito della fine di ogni tappa.  Ci viene inoltre raccontato che Portu Pedrosu era luogo nel quale i carbonai caricavano il carbone sulle imbarcazioni, aggiungendo così fascino al luogo (come se ne avesse bisogno!).  Ceniamo su una lunga tavolata organizzata in compagnia degli altri gruppi, mangiando orate cotte alla griglia e bevendo buon vino.  La serata si caratterizza poi per una vera e propria invasione di falene che riempiono l'aria e si posano in ogni dove, creando qualche disagio ma comunque senza fare danni.  Terminata la cena, ci prepariamo per la notte, la maggior parte di noi si prepara un giaciglio sulla spiaggia per una notte al chiaro di luna in riva al mare. L’idea è idea tanto romantica nelle intenzioni quanto poco pratica nella sua realizzazione, almeno a giudicare dai racconti di chi lo ha fatto, dormire su un letto di grossi sassi, pur con un materassino, non deve essere comodissimo! Se poi di notte si ha bisogno della “toilette” …  Per chi non subisce il fascino della notte in spiaggia, il bosco retrostante offre numerosi spazi per organizzare confortevoli giacigli.  

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LA TERZA TAPPA: DA PORTU PEDROSU A SU TASARU  Al mattino ci svegliamo (almeno chi ha dormito) e facciamo colazione, poi ci prepariamo per partire.  Le nostre gambe e braccia sono già parecchio disegnate dai graffi che rametti, pietre e spine ci hanno tracciato addosso nei giorni precedenti e i nostri piedi iniziano a presentare vesciche (Compeed santi subito!), ma teniamo duro e siamo pronti a ricominciare!  Le guide, che ci avevano anticipato che la terza sarebbe stata una delle tappe più dure, ci raccomandano di portare tanta acqua.  Personalmente ne ho caricata per 5 litri nello zaino e durante il percorso l'ho bevuta tutta.  Saliamo moltissimo su terreni difficili, ci ripariamo per una breve pausa in un vecchio ovile in disuso ma ancora in ottimo stato e poco dopo, quasi all’improvviso, i nostri sforzi sono ripagati da una vista mozzafiato che dall'alto ci mostra Cala Goloritzè e un bel tratto di costa.  La famosa guglia di Goloritzè, enorme pinnacolo di 143 metri di altezza, meta internazionale del pellegrinaggio di numerosi climbers, appare minuscola ai nostri occhi e il panorama è indescrivibilmente scenografico. Ascoltiamo affascinati i racconti di Francesco, che ci fanno immaginare le scene vissute in quei luoghi dai pastori e carbonai secoli fa, scopriamo ad esempio che per respingere attacchi che arrivavano dal mare si usava anciare dall’alto grosse pietre che “piovevano” sulle barche di legno, distruggendole facilmente.  Metodo semplice, efficace e munizioni pressoché illimitate.  Proseguiamo e scendiamo fino al livello del mare per concederci una pausa per mangiare e per fare il bagno proprio a Cala Goloritzè, su quella spiaggia da spot pubblicitario di profumi. Terminata la pausa ci rimettiamo in cammino, dobbiamo salire ancora circa 500 metri.  I terreni difficili come le pietraie, le pendenze parecchio ripide e il caldo cocente ci mettono in difficoltà, facciamo diverse pause e saliamo lentamente, fino ad arrivare stremati e felici al nostro punto di raccolta, dove ci attendono i nostri bagagli, lattine di birra fresca e una cena a base di carne di capra alla griglia accompagnata da verdure, formaggi e pane carasau.  Si mangia in atmosfera festosa e dopo cena si va presto a dormire, siamo parecchio stanchi e la giornata successiva non sarà certo una passeggiata! 

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LA QUARTA TAPPA: DA SU TASARU A BACU SU PADENTE Ci svegliamo al mattino e alcuni di noi trovano nei pressi dell’accampamento un gruppetto di maiali selvatici che sembrano incuriositi dalla nostra presenza.  Riordiniamo i nostri materiali della notte e li affidiamo ai ragazzi della cooperativa, facciamo colazione, rifornimento di acqua e viveri e ripartiamo per la quarta tappa.  Qualora qualcuno non avesse avuto abbastanza di passaggi esposti e tratti difficoltosi da percorrere, da oggi avremo delle belle dosi di adrenalina!  Cambiamo guida, Antonio si mette in testa al gruppo e lo seguiamo nella discesa lungo ripide ma ombreggiate pietraie, che ci conducono al luogo dove avverrà la prima calata in corda.  Raggiungiamo il punto di calata mentre l’eccitazione sale, ci imbraghiamo, Antonio attrezza la stazione di partenza della calata e si va! Uno dopo l'altro scendiamo questa falesia di circa 30 metri, l'emozione si sente e alla fine della calata siamo tutti piuttosto gasati! Proseguiamo nel percorso, che ci dà la possibilità di effettuare ancora alcune calate e di fare un pranzetto al volo e un bagno rinfrescante a Portu Quau, una caletta dall'acqua verde smeraldo.  Terminata la sosta, ripartiamo in salita e qui ci troviamo in una situazione simile a quella vissuta il giorno precedente: lunghe, ripide e assolate pietraie mettono a dura prova muscoli, equilibrio e idratazione di tutto il gruppo.  Alcuni passaggi su cenge piuttosto strette, esposte e non attrezzate sfidano i nervi, ma il consueto gioco di squadra fa superare a tutti le difficoltà del percorso.  Continuando ad incoraggiarci a vicenda e sostenendoci l'un l'altro riusciamo comunque a raggiungere il punto di raccolta e l'Ichnusa oggi è ancora più buona.  L’accampamento di oggi è in una radura particolarmente luminosa, ampia, che ci dà modo di mangiare seduti (quasi) comodamente e addirittura di comunicare con il mondo esterno, visto che i cellulari in qualche zona prendono.  La cena è uno spettacolo, carne di vitello infilzata in due spade e cotta direttamente sul fuoco, oltre a funghi, verdure, formaggi e pane carasau, il tutto accompagnato prima da vino cannonau e successivamente da mirto e filu ferru.Terminiamo la serata tra aneddoti e barzellette sarde, andiamo a dormire stanchi ma entusiasti per quello che ci aspetta il giorno dopo!  

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LA QUINTA E ULTIMA TAPPA: DA BACU SU PADENTE A CALA SISINE  Al mattino ci svegliamo, un pochino acciaccati e incerottati dai giorni precedenti ma assolutamente gasati per quella che si preannuncia come la tappa più adrenalinica di tutte, e ancora non sappiamo quanto le nostre aspettative verranno soddisfatte se non addirittura superate!  Dopo la consueta abbondante colazione e i preparativi, partiamo alla conquista di Cala Sisine!  Percorriamo dei saliscendi, talvolta in modalità ferrata e in altri punti con calate spettacolari fino a 50 metri di altezza e ci imbattiamo in un passaggio nel quale si devono attraversare le macerie lasciate da una frana avvenuta nel 2015, impressionante ma affascinante, molte pietre erano rotte ed all’interno si potevano osservare meravigliose geometrie disegnate dai minerali.Antonio non ci fa mancare nozioni e curiosità relativi alla terra nella quale ci troviamo, scopriamo ad esempio che in sardo i nomi dei colori sono legati al ricordo che evocano, il rosso è chiamato “fuoco” e l’azzurro “cielo”, interessante immergersi in questa cultura.Proseguiamo camminando costeggiando la roccia su punti esposti nei quali tenere i nervi ben saldi e giungiamo, imbragati già da un pezzo, al punto in cui dovremo affrontare due tratti di vera arrampicata.  Il livello di difficoltà tecnica delle due arrampicate non è alto (3 e 4), non occorrono particolari abilità e nemmeno le scarpette da arrampicata ma l'esposizione è totale, si ha davvero la percezione di essere a picco sul mare per centinaia di metri, fa parecchio effetto! Comunque superiamo tutti l'ostacolo e otteniamo tutti delle foto spettacolari!  Ora non ci ferma più nulla, sentiamo che il traguardo è vicino e proseguiamo nella discesa attraverso il bosco, nel quale, per la prima volta dall'inizio del viaggio, è presente una traccia di sentiero, fino a quando l'ultimo tornante ci fa scorgere la spiaggia bianca di Cala Sisine e il mare che ci aspetta.  A questo punto l'emozione è grande, viviamo la sensazione di impresa compiuta, esultiamo, ci abbracciamo, ridiamo, ci tuffiamo nell'acqua fresca e trasparente che ci rinfresca e ci rimette a nuovo.  Ci ricongiungiamo con l’altro gruppo, facciamo le foto di gruppo e saliamo sul gommone che ci porterà al porto di Santa Maria Navarrese.  Percorriamo con il gommone, in senso contrario, il tragitto che abbiamo affrontato in questi cinque giorni, la sensazione è quella di incredulità, abbiamo fatto una cosa grande e il tragitto in gommone ce ne restituisce immagini, ricordi, sensazioni.  Rivedere dal mare quei passaggi, quei luoghi, quei punti così tanto esposti restituisce un che di sorpresa perché durante il cammino non ci siamo resi pienamente conto di ciò che abbiamo fatto, sul gommone si sentono frasi come “Ma davvero siamo passati da lì?” o “Ma siamo fuori di testa?” o “Se me lo avessero detto prima, non ci avrei creduto”.  Torniamo al campeggio della cooperativa in Defender, dove per prima cosa ci buttiamo sotto delle docce “vere”, perché è bello lavarsi con le bottiglie ma dopo cinque giorni così una doccia ci voleva proprio! Più tardi ci vengono consegnate dalle nostre guide le magliette del Selvaggio Blu, le indossiamo con orgoglio, come fossero medaglie, prima di sederci per la cena, deliziosa e abbondante come tutte le altre, nella quale il cuoco ci coccola con gnocchi alla bottarga e maialino e si unisce alla nostra festa.  A fine serata, dopo aver cenato e festeggiato a dovere, ci prepariamo per andare a dormire in alcuni bungalow del campeggio, ci sembra stranissimo appoggiarci su dei letti veri e possiamo finalmente lasciare andare tutta la concentrazione, l’eccitazione e la fatica dei giorni precedenti, ci addormentiamo ancor prima di aver toccato il cuscino!  A trekking terminato possiamo dire che l’assistenza di Antonio, Francesco e in generale della “Cooperativa Goloritzè” è stata ottima, non ci hanno fatto mancare nulla del necessario e non solo, ci hanno accompagnato venendo incontro alle nostre richieste (preparando menù per soddisfare esigenze specifiche ad esempio) e ci hanno anche un pochino viziati, in un’esperienza del genere è cosa non scontata.  Alla mattina successiva ci svegliamo in bungalow, facciamo colazione con le prelibatezze proposte dalla Cooperativa, salutiamo lo staff e i ragazzi dell'altro gruppo e, indossando orgogliosamente le nostre magliette ripartiamo per l'aeroporto di Olbia.  Arrivati in aeroporto, percepiamo che questo sogno è finito, ci abbracciamo e ci salutiamo con la promessa ed il desiderio di ritrovarci presto per vivere nuove avventure insieme, una squadra così deve continuare a giocare!  

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CONCLUSIONI E RINGRAZIAMENTI Il resoconto, per quanto si sia proposto di essere esaustivo, lascia inevitabilmente indietro qualcosa, qualche episodio, paesaggio, risata, profumo.  Non è possibile racchiudere tutti questi elementi nel racconto di un viaggio "normale", figuriamoci per il Selvaggio Blu.  Selvaggio Blu non è certamente definibile come una “vacanza”, non è un semplice viaggio, è una sfida con sé stessi e con il gruppo di cui ci si trova a fare parte, è un costante esercizio di presenza e autocontrollo, un'esperienza dura e bellissima al tempo stesso, un invito a fare un viaggio dentro sé stessi, per scoprire vette ed abissi dei quali non si conosceva l’esistenza e per imparare a fidarsi e ad impegnarsi con un gruppo che, composto da sconosciuti, diventa più forte della somma della forza dei singoli nel giro di breve tempo.  Si imparano un sacco di cose, la vita selvaggia è dura ma insegna che a volte basta meno di quel che pensiamo necessario, che tante volte si hanno risorse ma non si sa di averle, che tante volte è meglio fare invece che pensare, poi ci si volta a guardare cosa si è fatto e ci si emoziona.  Da Selvaggio Blu si esce graffiati, ammaccati, stanchi e sporchi, ma anche cambiati, più forti, più consapevoli di sé.  Nei giorni successivi al nostro ritorno, scorrendo i social, mi sono imbattuto in un commento di Claudio che recitava "E' stato il viaggio più bello della mia vita".  Sorrido, sento di condividere in pieno il pensiero.  E forse, caro Claudio, non siamo gli unici a vederla così.  Grazie compagni di viaggio, grazie Selvaggio Blu, grazie Avventure Nel Mondo!  Ajò!  Gianpaolo Sporzon