Dolce pensiero d'Islanda
Quante tazzine faceva? Boh! E chi lo sa! Tre? Quattro? Forse 27? Chi può dirlo. Però, in compenso, ci siamo trascinati dietro due chili di caffè macinato, roba che bastava avere dei savoiardi, una pirofila, del cacao, il mascarpone e Carlo Cracco e potevamo farci un bel tiramisù. Ma non abbiamo tempo di essere pretenziosi. Siamo un gruppo di giovani esploratori e dobbiamo cogliere ogni istante, rubarlo al tempo e farlo nostro. A proposito, qualche altro dato: video tremolanti all’attivo, circa 470. Foto di primi piani : un numero spropositato! (Si vocifera che la reflex abbia perso il conto a metà viaggio).
"Persino Oliviero Toscani ha fatto un comunicato ansa per dissociarsi “troppi visi, troppe facce!” scriveva “ma icchellè questo lavoro? Due occhi due orecchie e una bocca, come un viandante senza mulo, io mi domando santissima gnocca ma fallo uno scatto del culo!”
Aurore viste tre. Emidio, il nostro super coordinatore, lo aveva previsto. Pare che una notte, prima di partire, abbia consultato le stelleed esse, stronze per natura, gli abbiano detto “vedrai il cielo dipinto di bianco con pennellate verdi e violacei bordi, ma solo a patto che tu riconosca di Ligabue tutti gli accordi.” E così, mentre dalle casse dei pulmini risuona tutta la discografia di Luciano, ci avventuriamo in magici luoghi. Fortunatamente la complicità segue altri spartiti, perché due accordi non bastano, serve ben altro a creare affiatamento, uno sguardo, un abbraccio, un “fanculo mi impalli la foto”.
27AGOSTO
Atterriamo all’aeroporto di Keflavik. Scendiamo tutti inebetiti dal lungo viaggio e dalle luci fluo delle cappelliere della Rekjavik Airlines che simulano le fluttuanti northenlights. Della serie “ho portato giusto due cosette” svuotiamo il nastro trasportatore del ritiro bagagli e prendiamo possesso dell’ingresso dell’aeroporto come se dovessimo colonizzarlo. Fuori è già buio. Rekjavik ci accoglie con le sue casette basse e colorate con delle luci così fievoli e tenui che sembrano quasi non voler disturbare la notte. 28 agosto Il paesaggio è così particolare, verde e ondulato, ogni tanto in lontananza si intravedono piccole costruzioni dai colori accesi. Sembrano pezzetti di lego persi da un gigante. Quello che appare subito chiaro è che gli occhi dovranno abituarsi a perdersi nel vuoto. Guarderanno lontano alla ricerca dell’orizzonte senza mai incontrare ostacoli. Attraversiamo a piedi la faglia che divide l’America dall’Europa, sorpresi dalla prima pioggia che fortunatamente ci lascia ultimare la camminata. Ripartiamo e dopo pochi chilometri siamo dinnanzi ad una delle cascate più maestose di quest’isola. Gullfoss, ovvero cascata d’oro. La raggiungiamo dopo una breve passeggiata lungo il canion scavato dalla candida acqua del fiume Hvita. Ci sono due salti, uno di 11 m e l’altro di 21 m. Incredibile atmosfera, immersi nel silenzio di un paesaggio privo di vegetazione, il frastuono dell’acqua che si infrange sulle rocce è di una potenza quasi assordante. La terza visita della giornata ci porterà al cospetto deI Strokkur Geyser. Sembra quasi un’attrazione costruita per turisti, eppure nonostante la vicinanza a parcheggi e ristoranti, è tutto creato da Madre Natura. Ci sono tre geyser, ma uno esplode prepotente con maggior frequenza, quando meno te lo aspetti, l’acqua si surriscalda creando una forza tale da formare un’unica enorme bolla che scoppiando sprigiona nuvole di vapore acqueo all’ odore di zolfo. Molto difficile provare a scattare nel momento giusto. Lo sbuffo ti sorprenderà facendoti quasi cadere dallo spavento! Continuiamo in macchina verso Kerlingarfjoll. Nessuna luce ad indicarci la via. Come dispersi in mezzo ad un deserto montano giungiamo stanchi al nostro rifugio. E’ notte e fa un freddo decisamente pungente. Svuotiamo i pulmini e saliamo lungo strette e ripide scale in legno. Dormiremo nel sotto tetto a punta. Dopo il quarto pesantissimo e ingombrante borsone, ci rendiamo conto che l’idea del “trasloco” non è stata proprio delle più intelligenti. Persone che camminano sui trolley, gente incastrata sotto una montagna di sacchi a pelo, valige semirigide che vengono passate di mano in mano su per le scalette impervie, sudore e fatica. Le risate degli altri attempati avventori non ci rendono la cosa meno ardua ma, alla fine, come dei bravi giocatori di tetris, riusciamo a spuntarla. Prima di andare a letto decidiamo di tentare un attacco alla cucina e con molta fantasia viene messa in tavola della polenta servita su dei pezzi di carta stagnola e cucinata un po’ per volta in un tegamino per il latte. Lo stesso tegamino che ci servirà per riscaldare l’acqua per il tè l’indomani mattina.
29 AGOSTO
Davanti a noi spuntano piccoli rifugi ancora parzialmente nascosti dalla nebbia. Le prime pecore sfilano indisturbate sul promontorio muschiato. [...] Proseguiamo verso nord e dopo un’oretta ci fermiamo nella ventosa Hveravellir. Una pozza d’acqua calda, un piccolo bar ristoro e una piacevole camminata su una passerella di legno che costeggia i rigagnoli di acqua sulfurea che levigano la roccia rendendola striata e liscia come il marmo. I più temerari del gruppo sfidano l’aria gelida e si immergono in quella che appare come una grande vasca jacuzzi naturale. La cosa che agli occhi di un viaggiatore italiano può sembrare strana è la totale disinvoltura con la quale gli altri gruppi di persone si spogliano completamente dinanzi a noi. il pudore probabilmente è una sensazione di casa nostra, perché il guardare e giudicare pare sia il nostro passatempo preferito. Eppure il segreto per condurre una vita serena forse, è proprio la naturalezza con la quale la si vive. Stiamo risalendo verso la costa nord. I cantautori italiani ci hanno già rotto i timpani e non solo. Apriamo i finestrini e facciamo entrare l’aria fresca islandese. Ha un buon profumo, sa di pulito, di fresco, una cosa assai strana per chi come noi combatte con il traffico cittadino dalla mattina alla sera. Una spiaggia nera come la pece, con sabbia finissima che brilla d’argento, questa è la nostra prossima tappa. Siamo a Osar a ovest di Blonduos, qui le foche hanno un’aria così stanca. Sbuffano distese sulla parte opposta della costa a poche decine di metri da noi. Non possiamo raggiungerle per via della lingua di mare che ci divide, ma possiamo ammirarle in tutta la loro flemmatica cicciosità. Una rilassante passeggiata in riva al mare ci porta sino allo Stone Arch, una roccia in mezzo al mare non lontano dalla riva. Uno dei luoghi più fotografati di quest’isola proprio per la sua particolare forma piatta e alta che la rendono simile a un portone da e verso il blu marino. luoghi emozionanti intervallati da lunghi e, certe volte, lunghissimi tratti da fare in auto. Ma se hai 10 kili di patatine fritte a tutti i gusti, 21 barrette da mezzo kg di cioccolata, un fornetto al posto del porta oggetti e un tostapane alimentato dall’accendi sigari, puoi affrontare qualsiasi percorso impervio.
“Passami il borsone, no! Attento, metti il piede un po’ più in giù, ecco bravo, ancora un po’…ci sei. Adesso resta in bilico così, con una gamba sopra e una sotto sul gradino più stretto. Passami i 700 kg di zaino, attento alla testa, bene così, reggila! Non la mollare! Dopo un paio di mani schiacciate, qualche vertebra incrinata e una commozione cerebrale, riusciamo a chiudere entrambi i bagagliai."
Dopo una “frugale” merenda on the road giungiamo a Glaumbaer con un tempismo straordinariamente perfetto. Il sole sta calando e le montagne dinanzi a noi si tingono di rosso. Un rosso acceso che ci accompagna lungo tutta la visita alle casette di torba, incredibili già da sole. Andiamo quindi verso Akureyri una graziosa cittadina all’interno della più lunga insenatura del nord. Attraversiamo il ponte e rimaniamo affascinati dalle prime luci dell’aurora. Il cielo è limpido, alla nostra destra la luna è già alta e alla nostra sinistra il sole si sta gettando in mare. La guesthouse per questa sera è una casetta nelle campagne verdi, dotata di ogni confort. Dopo una cena stranamente non a base di polenta, ci dedichiamo agli scatti delle northenlights. Fumi bianchi che sopra le nostre teste continuano a muoversi eleganti facendoci quasi scordare il freddo glaciale della notte. Quasi. 30 agosto, la mattina ci svegliamo molto presto, e partiamo con tutta calma dopo 4 ore, perché al coordinatore piace aspettarci seduto al volante. Husavik è un piccolo centro coloratissimo sulla costa. Un sole caldo risplende in mare. Prendiamo la barca per un’escursione di 3 ore alla ricerca delle balene. Siamo un gruppo fortunato, riusciamo a vederne diverse, alcune addirittura sfiorano la nostra imbarcazione scodando con grazia come a volerci salutare. Ci fermiamo quindi a pranzo in uno dei ristorantini davanti al porto. Pesce fresco e birra locale. Il sole permette di stare seduti all’aperto ad ammirare il lento sciabordio dei piccoli pescherecci attraccati. (nota culinaria: consigliatissimo l’assaggio dell’ArcticCharr, un pesce delizioso). Ci lasciamo il mare alle spalle e guidiamo verso l’interno. Le cascate di Godafoss, tradotte come le cascate degli Dei, si gettano a semicerchio con un salto di circa 12 metri. Restiamo il tempo sufficiente a scattare un migliaio di fotografie e riprendiamo; giungiamo al nostro alloggio con un sorriso sulle labbra che ricorda vagamente quello di Jocker. L’ albergo è incredibile, bar, televisione, sala relax, peccato che, non è il nostro albergo. Quello prenotato non è lontano, ma non riusciamo a scorgerlo sino a quando non ce lo troviamo proprio davanti. È un container. In mezzo alla campagna. Adesso Jocker è senza trucco. In realtà all’interno questo Asbyrgi River Guesthouse ha una cucina che fa invidia a un ristorante stellato e le camere sono doppie e molto calde. Per non parlare della distesa di bagni singoli con doccia.
30 AGOSTO
Ci svegliamo rilassati pronti ad affrontare il lungo trekking all’interno del Jokulsargljufur National Park. Un percorso che si snoda tra arbusti, canion, spiagge di sassi, campi verdi e ruscelli. Un luogo incantevole. Pranziamo distesi al sole. Poi, per non perdere l’abitudine andiamo a fare qualche scatto a Dettifoss la più grande cascata islandese. Tre diverse cascate all’interno dell’imponente Jokulsargljufur. Il getto d’acqua è talmente potente e violento da impressionare chiunque gli si avvicini. L’ultima delle nostre tappe è il lago Myvatn. 1 settembre, parcheggiamo davanti a Grjotagja, una piccolagrotta al cui interno la luce che filtra da una fessura laterale tra le rocce, rende l’acqua di un verde così brillante, da sembrare quasi finto. Attraversiamo la strada ed entriamo in un campo fatto di piccoli arbusti e rocce scure. Camminiamo per circa 30 minuti fino ad arrivare al cospetto del cratere Hverfjall. Un nerissimo vulcano, un cumulo nero altissimo di sabbia e sassi. La risalita non è delle più semplici, ma dalla cresta si può ammirare la vallata a 360°. Ci allontaniamo di qualche chilometro per visitarne un altro, molto diverso. Il Dimmuborgir Viti Crater si presente di una tonalità più chiara di marrone, e al suo interno vi è uno splendido specchio d’acqua azzurro. Concludiamo la giornata in modo esemplare. Alle terme. Vicino Leirhnjukur, una zona non distante dal lago Myvatn con numerose fumarole che segnalano l’intensa attività geotermica. Il complesso termale offre tre vasche a sfioro su un paesaggio lunare, privo di intrusioni architettoniche. Il sole sta per tramontare e il cielo si colora di rosso. Nonostante ci sia diversa gente, sono tutti molto silenziosi. L’acqua è molto calda e crea un piacevole contrasto con il freddo gelido dell’aria. Ogni tanto qualcuno scompare sotto l’acqua bianca per riscaldarsi un po’ la testa. Dopo qualche ora usciamo rilassati e profumati.
31 AGOSTO
Ci svegliamo rilassati pronti ad affrontare il lungo trekking all’interno del Jokulsargljufur National Park. Un percorso che si snoda tra arbusti, canion, spiagge di sassi, campi verdi e ruscelli. Un luogo incantevole. Pranziamo distesi al sole. Poi, per non perdere l’abitudine andiamo a fare qualche scatto a Dettifoss la più grande cascata islandese. Tre diverse cascate all’interno dell’imponente Jokulsargljufur. Il getto d’acqua è talmente potente e violento da impressionare chiunque gli si avvicini. L’ultima delle nostre tappe è il lago Myvatn.
1 SETTEMBRE
Parcheggiamo davanti a Grjotagja, una piccolagrotta al cui interno la luce che filtra da una fessura laterale tra le rocce, rende l’acqua di un verde così brillante, da sembrare quasi finto. Attraversiamo la strada ed entriamo in un campo fatto di piccoli arbusti e rocce scure. Camminiamo per circa 30 minuti fino ad arrivare al cospetto del cratere Hverfjall. Un nerissimo vulcano, un cumulo nero altissimo di sabbia e sassi. La risalita non è delle più semplici, ma dalla cresta si può ammirare la vallata a 360°. Ci allontaniamo di qualche chilometro per visitarne un altro, molto diverso. Il Dimmuborgir Viti Crater si presente di una tonalità più chiara di marrone, e al suo interno vi è uno splendido specchio d’acqua azzurro. Concludiamo la giornata in modo esemplare. Alle terme. Vicino Leirhnjukur, una zona non distante dal lago Myvatn con numerose fumarole che segnalano l’intensa attività geotermica. Il complesso termale offre tre vasche a sfioro su un paesaggio lunare, privo di intrusioni architettoniche. Il sole sta per tramontare e il cielo si colora di rosso. Nonostante ci sia diversa gente, sono tutti molto silenziosi. L’acqua è molto calda e crea un piacevole contrasto con il freddo gelido dell’aria. Ogni tanto qualcuno scompare sotto l’acqua bianca per riscaldarsi un po’ la testa. Dopo qualche ora usciamo rilassati e profumati.
2 SETTEMBRE
Metà gruppo ha la broncopolmonite. Questo su e giù della testa tra gli inferi e il polo non ha avuto una buona riuscita. La cosa più divertente in assoluto è provare a guadare i corsi d’acqua con l’ansia di rimanere fermi. Va bene, ho voluto sembrare positiva, “divertente” non è forse l’aggettivo più appropriato, avevamo ansia, mista a terrore. [...]
"Ad ogni guado scendevamo a controllare la situazione e quindi: A) scendi, B) prendi schiaffi di freddo, C) infila velocemente il giaccone, il cappello la sciarpa e i guanti, avessimo avuto anche una stufa ci saremmo messi in spalla anche quella. Cerchiamo rapidamente un modo per calcolarne la profondità: -usiamo un bastone. -non c’è. -proviamo a camminarci dentro. -certo e dopo ci iberniamo. -lanciamo una ruota. - tocca prima smontarla, troppa fatica.- guarda un motociclista! Mandiamo avanti lui!.
Alla fine succedeva sempre che armati di fiducia cosmica entravamo lentamente nelle acque gelide in punta di pneumatico, come fanno gli anziani sul bagnasciuga, un po’ per volta, lentamente per poi superare l’ostacolo e gridare a squarciagola come fa chi ha appena vinto alla lotteria. Guardandosi intorno ti viene da pensare: certo Madre Natura dev’essersi proprio divertita in questa parte del mondo. E’ riuscita a rendere armoniosa persino la parte più selvaggia della Terra. Come un architetto senza budget, ha organizzato lo spazio senza badare a spese; “mettiamo una cascata qua, un torrente da questo lato, e un lago azzurro proprio lì, vicino a quella spiaggia nera. Sbricioliamo qualche roccia grigia su questa distesa di muschi verdi e da quella parte ci mettiamo tre o 4 crateri. Poi dei ghiacciai, qualche altra cascata, un paio di gyser e perché no anche una foresta, un paio di montagne e delle scogliere a picco sul mare.” Si vocifera che a Paola Marella siano venuti i capelli bianchi dopo aver visto il suo ineguagliabile lavoro.
3 SETTEMBRE
Fortunatamente tra un pacco di patatine e l’altro, qualcuno ha pensato bene di comprare anche dei pacchi di fazzoletti. I pulmini sono diventati un vero e proprio lazzaretto. E così tra una soffiata di naso, un colpo di tosse e un “certe notti”, scivoliamo verso Askja. Il gruppo si divide. Una parte s’incammina sul lungo percorso e i più sfaticati proseguono a piedi sul trekking di un’ora. Ci ritroviamo tutti in uno dei luoghi più poetici dell’Islanda. In cima al cratere che al suo interno ha un bacino d’acqua calda, cratere bagnato lateralmente da un lago enorme di una tonalità di azzurro molto più scura data dalla sua profondità. Tutt’intorno montagne innevate e vallate color marrone scuro con striature rosse qua e là. L’atmosfera è tra le più emozionanti perché probabilmente tra le più desolate del pianeta. Non c’è vento e il sole è caldo. Qualcuno si spinge all’interno della bocca del vulcano per fare un bagno nella torbida acqua riscaldata dalla vibrante attività dello stesso. Ci rimettiamo in auto con gli occhi ancora pieni di amore per questo luogo incantato e guidiamo per poco più di sei ore verso Porsteinsskali. Le strade sono ovviamente sterrate e ci fanno sobbalzare non poco, ma la magia si nasconde al di là dei nostri finestrini in quel paesaggio lunare che modifica la sua forma ogni cento metri. Il nostro rifugio si trova nel nulla cosmico. Una casetta dal tetto rosso con una bandiera che sventola indisturbata. Nient’altro. Perché non c’è nulla che ti dà di più del nulla.
4 SETTEMBRE
A proposito di ghiacciai, oggi abbiamo scattato delle foto incredibili sotto una grotta fatta di ghiaccio. Ci fermiamo poi a Modrudalur per prendere un caffè caldo con dei dolcetti fritti speziati. Il bar è all’interno di una graziosa casetta di torba a tre tetti. Divani comode, poltrone su cui sprofondare e una capra all’ingresso. Attenzione a non lasciare la porta aperta altrimenti furtivamente si insinua tacchettando con i suoi zoccoletti a punta sul parquet del locale. Viaggiamo verso la costa est e giungiamo a Seyoisfjorour, un piccolo centro abitato e importante snodo portuale. Le navi attraccate sono enormi a confronto delle piccole casette dai colori pastello. La guesthouse offre sauna e una cucina da rivista patinata. La sera dopo cena ci immergiamo nella rumorosa vita notturna del centro. Noi, della buona musica, birra locale e…tre giovani autoctoni che ci guardano sorridendo.
5 SETTEMBRE
La mattina l’atmosfera è decisamente differente, il sole splende, un gruppo di bambini accompagnati dalle insegnanti raccolgono foglie ed erbette nei giardini in riva al mare, i negozianti aprono le piccole botteghe e dal bar della via centrale, dipinta con tutti i colori dell’arcobaleno, esce un buon profumo di caffè. In questa giornata di viaggio tocchiamo varie cittadine lungo tutta la costa: Egilsstadir, Djupivogur e il faro Hvalnes. Il faro di per sé non è nulla di entusiasmante, anzi. Ma signori miei la spiaggia ai nostri piedi far venir voglia di gettare le scarpe e lanciarsi in una corsa sfrenata sul bagnasciuga nero e correre, correre correre a perdifiato verso le montagne che si affacciano fiere sul mare. Ovviamente non tutto quello che hai voglia di fare rappresenta quello che fai nella realtà infatti, incappucciati fino agli occhi come dei pugili che entrano nel ring, affrontiamo gli schiaffi di vento gelido cercando di schivarne almeno un po’
6 SETTEMBRE
La fortuna ci regala un’altra giornata di splendido sole. Dopo una ristoratrice colazione al Viking Cafè, famoso per essere teatro di una delle foto più incredibili scattate da uno di noi (cavallo che si abbevera lungo un ruscello vicino la costa) guidiamo verso la baia di Lone Hofn. Nemmeno il tempo di parcheggiare e ci ritroviamo vestiti come palombari con tutone termiche rosse e nere. Saliamo sui gommoni insieme a delle guide locali che assomigliano a James Bond, ci sediamo lungo il bordo e ci reggiamo alle corde per non cadere in acqua. Il gommone sfreccia lungo l’imponente parete di ghiaccio di Jokulsarlon. Centinaia di iceberg di varie forme e sfumature di bianco fuoriescono dall’acqua e sembrano quasi galleggiarvi. Purtroppo assistiamo alla caduta di un pezzo della parete di ghiaccio. Forse il rumore, forse le onde lunghe che ci raggiungono, o probabilmente la consapevolezza di aver assistito ad uno dei problemi più importanti che affligge il nostro Pianeta, ci rende improvvisamente tutti commossi. I ghiacci si sciolgono davanti ai nostri occhi, ne siamo testimoni. Dei cuccioli di foca fanno capolino in lontananza mentre nuotano zigzagando nelle acque gelide. Tocchiamo terra dopo circa un’ora e assistiamo ad un altro spettacolo naturale pazzesco. Uno vikingo/Bond si spoglia davanti a noi rimanendo in mutande e canottiera e si immerge in acqua per spostare a mano un iceberg grande come un’automobile. La giornata prosegue con una passeggiata sulla spiaggia disseminata di pezzi di ghiaccio che sembrano diamanti abbandonati (forse da quella gran riccona di Madre Natura). Dopo aver trascorso una mattinata così emozionante non importa se ci perdiamo ancora una volta nelle campagne islandesi senza illuminazione e cartelli stradali. Dopo aver sbagliato strada un paio di volte arriviamo a Kiddasiggi nella fattoria di nonna vattelappesca il nome è impronunciabile. Ci addormentiamo cullati dal muggito delle mucche che pascolano indisturbate nel giardino insieme alle pecore.
7 SETTEMBRE
A VikMyrdalci arriviamo con impermeabili lunghi fino ai piedi stile ispettore gudget perché ci avevano avvertito “i puffins defecano in volo sui turisti”. Probabilmente è vero, ma uno dei requisiti fondamentali perché ciò accada è, indiscutibilmente, la presenza dei pennuti. Riusciamo a scorgerne un paio tra i cespuglietti attaccati alle pareti della scogliera. Il basalto ha la forma di torrette ottagonali incollate le une alle altre. Dopo questo stupendo spettacolo naturale passiamo a far visita alla cascata di Ofaerufoss prima di immergerci nelle acque calde delle pozze termali di Landmannlaugar. Questa zona a sud dell’isola è una delle più particolari perché le colline spruzzate di verde si specchiano sui grandi specchi d’acqua formando all’occhio, una lunghissima onda sonora. Ci sono dei piccoli fiori bianchi che fanno capolino tra le lunghe foglie di erba, sembrano piccoli piumini che si muovono leggeri al vento. È l’erba di cotone che delicata al tatto,danza. La sconfinata vallata Landmannahellirè veramente magica e ci regala il vero senso della libertà. Descrivere questi luoghi è assai duro, bisogna viverli, si rischia di risultare banali perchè, come scriveva Conan Doyle, una volta eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità.
8 SETTEMBRE
Ci spostiamo nuovamente verso l’interno per affrontare un trekking al lago di Ljotippollur. Poi dopo aver viaggiato lungo la costa, ci fermiamo ad ammirare la splendida cascata di Seljalandfoss. L’acqua scende dai ghiacciai alimentando il fiume Seljalands per poi scendere in picchiata con un salto di 60 metri. La particolarità è la grotta scavata dietro la stessa cascata che ti permette di ammirarla da tergo. Un percorso a piedi di circa 5 minuti per raggiungere la cava e godere dello scroscio d’acqua da una prospettiva decisamente insolita ed unica. Giungiamo la sera a Reykjavik. I ristoranti chiudono presto nonostante il centro città abbia una fervida vita notturna. Andiamo a cena in un locale sulla via principale e poi ci dedichiamo ad un tour dei pub e discopub più in voga. Entriamo ed usciamo dai locali con una velocità sbalorditiva, siamo così rapidi che persino gli omaccioni in giacca e cravatta davanti alla porta non sanno più se sono buttafuori o buttadentro, comunque si compiacciono per l’ottimo lavoro svolto. Se volete divertirvi questa città ve lo lascerà fare offrendovi zone fumatori, pub con solo birra, i pub con solo superalcolici, discopub anni 80/90, piccole discoteche eleganti con musica commerciale, e molto altro ancora, ed ecco svelato il segreto delle islandesi: girare in gonna senza calze si può anche quassù, basta ubriacarsi come se non ci fosse un domani (non fatelo! Bevete responsabilmente! E, indossate le calze)
9 SETTEMBRE
L’ultimo giorno nella capitale islandese è libero. Ci immergiamo nel pazzo mondo dello shopping sfrenato, curiosiamo in giro perdendoci per le vie della città e ci dedichiamo alla degustazione dei piatti tipici della cucina islandese. Consiglio un salto al porto, dove potrete visitare il mercato dei prodotti locali e non fatevi sfuggire la chiesa di Hallgrimskirkja, che ha l’aspetto di un razzo pronto a partire per una missione intergalattica. Nella graziosa strada che vi porta dalla chiesa al centro, potete trovare un piccolo negozio di fotografia con degli scatti meravigliosi, se non vi bastano quelli che avete fatto approfittatene così da portare a casa un ricordo dell’atmosfera islandese. Dopo cena ci rechiamo all’aeroporto dove il tentativo disperato di dormire sdraiati a terra dentro i sacchi a pelo è stroncato sul nascere dagli addetti alla vigilanza. E mentre gli altri viaggiatori sfoggiano delle poltroncine pieghevoli, i giochi in scatola e i mazzi di carte, a noi non rimane che girarci i pollici. Ma lo facciamo da veri esperti, con nonchalance, come se non avessimo fatto altro negli ultimi dieci giorni. Eppure solo noi sappiamo che non è stato così, che negli occhi dei nostri compagni di avventura ritroviamo quegli spruzzi di acqua fresca delle cascate, i prati verdi baciati dal sole caldo, i ghiacciai imponenti e le piccole pecore pelose in fila indiana. Il lungo viaggio di rientro perciò non ci intimorisce perché su quei sedili di aereo, verremmo cullati dal dolce pensiero d’Islanda.