Avventure nel Mondo

Un mondo di crema e panna

Un mondo di crema, di panna e chantilly appoggiati su un’enorme torta, pronti per essere spalmati, questa è l’impressione che danno i Lençòis visti dall’alto. Morbide e bianche come onde che si accavallano una sull’altra e l’insieme lascia a bocca aperta e occhi sgranati. Questa è l’immagine di rimando del volo panoramico sul Parque Nacional do Lençóis Maranhenses, un’immensa distesa di dune bianche inframezzate da lagune di acqua cristallina di origine piovana
di LAURA FERRATO
foto di LAURA FERRATO

Siamo nel Nord-Est del Brasile, una tra le zone meno ricche che si sta facendo conoscere per l’inconsueto “deserto non deserto” che occupa la fascia costiera tra l’oceano e la selva. Il parco si estende per circa 70 km con una larghezza fino a 50 km, con una superficie totale di circa 270 kmq.

Sconosciuto fino agli anni 80, questo gioiellino ecologico è stato casualmente scoperto dai piloti della tratta Belém-Fortaleza che si sono trovati a sorvolare un’area che passava dal verde della foresta al bianco di queste dune, tanto da avere l’impressione di una distesa di panni messi ad asciugare al sole e a cui il parco deve il proprio nome: Lençóis, lenzuola in portoghese.

Per tutelare questa zona dai progetti di sfruttamento petrolifero, nel 1981 è stata dichiarata riserva naturale ed ora anche i locali, consci della ricchezza ambientale che hanno, se ne stanno prendendo cura. Lo abbiamo notato diverse volte, all’inizio pensavamo ad un gesto solitario, invece i nostri autisti, piuttosto che i barcaioli o le semplici persone dei paesini, quando vedevano un rifiuto abbandonato per terra lo raccoglievano scrollando la testa in segno di disappunto. Certi comportamenti fanno riflettere, ancor di più quando fatti da persone che non hanno certamente un tenore di vita molto elevato. Anche il riutilizzo dei rifiuti è fantastico: con i copertoni delle auto costruiscono poltroncine, con le bottiglie dell’acqua i sentierini all’esterno dei ristoranti, con le radici secche delle mangrovie le staccionate delle abitazioni… e tanto altro.

Ma questo paesaggio così inusuale cosa ha all’origine? Il vento. Qui Eolo ha messo su casa. Vento dolce che rinfresca l’aria e non fa pesare la calura delle ore centrali del giorno, vento forte che alza la sabbia fine dei Lencois come il borotalco e crea sempre nuove dune, vento come risorsa infinita di energia con campi eolici a perdita d’occhio. Il vento è il compagno di viaggio di questo itinerario molto bello dal punto di vista naturalistico, i panorami e i bagni nelle lagune dei Lencois sono inframezzati da navigazioni sui fiumi Parnaiba, Preguicas e Mearim, dalle città coloniali di Sao Luis e soprattutto Alcantara.

Le dune hanno avuto origine nell’era quaternaria da agglomerati di sedimenti fluviali modellate nei millenni dal vento incessante che soffia dall’oceano e che ha creato questa fascia costiera in continuo movimento. Le formazioni di arenaria sono alte anche 100 metri e il paesaggio è in continua evoluzione sia per il vento che per le piogge stagionali. In effetti questo è un deserto anomalo, piove sei mesi l’anno (da gennaio a giugno cadono mediamente 220 cm d’acqua), ma la pioggia non filtra nella sabbia perché il suolo sottostante è formato da uno strato di argilla e roccia, quindi l’acqua resta intrappolata formando delle meravigliose lagune con un’ampia gamma cromatica. Le sfumature di colore cambiano in base alla diversa composizione mineraria: rame e nickel fanno risaltare le tonalità sul verde, calcio e magnesio danno colori sul turchese e azzurro… insomma un paradiso da godere appieno.

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Nella stagione secca si possono ammirare questi panorami con facilità utilizzando strade sterrate perfettamente percorribili e litorali marini, nei mesi da luglio a ottobre l’acqua nelle lagune raggiunge la temperatura di circa 30 gradi, fare il bagno diventa un vero piacere, come pure rotolarsi giù dalle dune e cadere direttamente nella laguna. Nei mesi di novembre e dicembre solo le lagune più grandi hanno ancora molta acqua, quelle più piccole purtroppo si prosciugano.

Tutto questo viaggio si svolge attraverso i tre stati brasiliani del Cearà, del Piaui e del Maranhão, si percorre la “Rotta delle Emozioni”, in pratica da Fortaleza a Sao Luis sovente si viaggia sulla costa e con molti tratti sul bagnasciuga, veramente entusiasmante. È un Brasile molto diverso dagli stereotipi che noi immaginiamo, niente samba e niente feste. Un ambiente tranquillo a contatto con la natura con noi sempre in costume, canotta, pantaloncini corti e di rigore le infradito Havaianas.

L’arrivo del volo intercontinentale è a Fortaleza, una città di 2,7 milioni di abitanti oramai stracolma di grattacieli che lasceremo velocemente alle spalle per iniziare i 1.000 km che ci separano da Sao Luis. In questo periodo l’alta marea è al mattino, le spiagge sono ancora coperte dall’acqua pertanto siamo costretti a fare i primi cinquanta chilometri sull’asfalto. Arrivati a Lagoinha con i nostri fuoristrada ci fiondiamo sul bagnasciuga di questa spiaggia larghissima e infinita dove non sembra nemmeno vero poterci passare con questi mezzi. Si sgonfiano un po’ i pneumatici e si va alla grande! Piacere assoluto. Dopo 20 minuti ecco la nostra prima chiatta per attraversare una lingua d’acqua lasciata dall’alta marea che ancora non si sta ritirando. Si torna indietro nel tempo con la fune della chiatta che è tirata a mano, metodo che però funziona bene. Un po’ di titubanza, ma vediamo gli autisti tranquilli e ci godiamo anche noi questa breve traversata. Sarà il primo dei numerosi attraversamenti che faremo utilizzando delle chiatte/zattere.

Il paesaggio è incredibile, non c’è nessuno, giusto qualche capanno di pescatori. Tra spiagge e asfalto arriviamo nella vivace Jericoacoara. Prima della scoperta dei lençòis era un paesino di pescatori ma ora è diventato una località turistica molto frequentata, piena di negozi e ristoranti. L’aspetto più sorprendente che nessuno si aspettava è che tutte le vie e i vicoli sono rimasti rigorosamente con la sabbia. In paese si viaggia solo con dune buggy e fuoristrada e per chi va a piedi naturalmente Havaianas. Jeri è conosciuta per il Parco Nazionale, un piccolo assaggio di quello che saranno i Lencois, ma a noi sembra già di essere fuori dal mondo. È bellissimo ed è difficile descrivere quello che si prova, un misto di stupore e di appagamento. Tutto sembra irreale eppure stiamo iniziando ad assaporare le prime dune con le lagune. Si corre, si fanno foto, si tocca la sabbia tiepida e ci si gusta questi momenti.

Nella laguna che avevamo scelto questa mattina per fare il bagno c’è qualche turista che però non ha tardato ad andarsene lasciando questa meraviglia solo per noi, sembra un paradiso e non abbiamo ancora coscienza di quello che ci aspetterà.

Le nostre dune buggy vanno sicure su un saliscendi di dune, dove è permesso, e ci portano alle prime amache sistemate in mezzo ad una laguna. Un ragazzo ci porta un cocco fresco: beh, cosa si vuole di più dalla vita!!! Abbiamo completato la giornata con una bella camminata sulla spiaggia per vedere la Pedra Furada, carina, ma è il paesaggio circostante che merita, con sfumature marroni, ocra, rosse e nere. È molto bella la salita lungo il Serote all’ora del tramonto in mezzo ai cactus. Arrivati in cima ci aspetta un panorama da cartolina, da una parte la vista sul paese di Jeri e dall’altra l’intera baia con le dune sullo sfondo.

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Dopo una giornata di relax siamo nuovamente sui fuoristrada per altre emozioni, puntiamo verso nord e tra le varie dune ecco spuntarne una che è stata attrezzata con i “sandboard”. Questa discesa è assolutamente da fare! Ci sono due corde, una per aiutare le persone a risalirla e l’altra per recuperare i surf. Nella discesa la sabbia ci entra ovunque e noi non siamo così bravi da surfare in piedi, quindi scendiamo sdraiati sulla tavola e al fondo una capriola ci sta tutta!

Altre dune e altro divertimento con i toboga. Un po’ altini a dire il vero, ma per chi l’ha fatto uno spasso. In pratica hanno attrezzato una duna con uno scivolo che termina con tuffo nella laguna sottostante. Non ancora soddisfatti, alla sosta successiva facciamo una zip-line che guarda caso finisce con tuffo nella laguna.

Rinfrescati, riprendiamo i fuoristrada per arrivare a Port Tatus. Qui iniziamo la nostra prima navigazione sul Parnaiba per raggiungere la nostra pousada che si rivelerà molto suggestiva, una sorta di parco-foresta in posizione sopraelevata rispetto al fiume. Questo corso d’acqua alla foce diventa simile al palmo di una mano e si divide in cinque dita. Dopo 1344 km crea un insieme di più di 70 isole ed è l’unico delta nelle Americhe che sfocia in mare aperto, il terzo al mondo dopo quello del Nilo e del Mekong. È un insieme di diversi ecosistemi e la sua unicità è data dall’alternanza tra paesaggi marini, selva interna e dune color oro lungo le sponde. Le mangrovie qui la fanno da padrone, offrono un ambiente ideale sia come riparo che come sostentamento per i tanti animali che la abitano, dagli anfibi ai granchi passando per un’infinita varietà di uccelli.

Lo spettacolo più singolare a cui si può assistere navigando questo delta è il raduno serale degli ibis scarlatti (guarà). Con la motolancia ci inoltriamo tra i canali del Parnaiba per poi arrivare in uno dei suoi bracci principali. Il timoniere, verso le 17, getta l’ancora davanti ad uno dei tanti isolotti e con il solo rumore del vento come sottofondo, assistiamo al rientro degli ibis per la notte. Con il lungo e arcuato becco hanno trascorso la giornata a pescare sulle sponde sabbiose lasciate libere dall’alta marea. Sfrecciano, rosso fuoco, sopra le mangrovie e si appostano sugli alberi della piccola isola. Tutte le sere tornano sempre sugli stessi alberi, appaiono come macchie di un rosso acceso tra il verde, sembra che improvvisamente gli alberi stiano fiorendo! Arrivano da tutte le direzioni, in piccoli gruppi, da soli, in grandi formazioni e sono tantissimi, gli alberi di fronte a noi oramai sono fioriti completamente e noi a guardare questo spettacolo della natura richiamandoci l’un l’altro appena ne avvistiamo un altro gruppo.

La luce del tramonto inonda il fiume e noi, sbalorditi da tanta bellezza, pensiamo a restare in sintonia con i guarà facendo un’ottima cena a base di gamberi, i migliori di tutto il viaggio (magari anche noi diventeremo rossi!). L’ibis rosso, o ibis scarlatto, è molto simile al comune ibis bianco ma assume questa colorazione quasi luminosa quando inizia a volare. Da piccoli il piumaggio è grigiastro ed è solo in seguito che, nutrendosi di grandi quantità di gamberetti e altri molluschi di colore rosso, produce un eccesso di carotenoide che gli conferisce questa brillante pigmentazione rossa alle piume. Il viaggio verso nord continua con l’utilizzo delle camionette, una sorta di pick-up con 4 posti nella cabina e 6/9 posti nel cassone aperto dove sono poste 2 o 3 panche sopraelevate e con solo un tettuccio per coprirsi dai raggi del sole. È bello e divertente viaggiare in posizione panoramica, ma occhiali, bandana e maglietta a maniche lunghe per proteggersi dal vento sono d’obbligo.

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Arriviamo a Caburè dove non c’è un paesino vero e proprio ma semplicemente tre capanne di foglie di palma, di cui una è adibita a ristorantino. Siamo circondati dalle dune e davanti a noi c’è un’immensa laguna. Nell’attesa del pranzo e del barcaiolo qualcuno noleggia i quad per un giro in mezzo alle dune, la guida dei quad non pone problemi, solamente il vento è fastidioso. Con una mezz’ora di navigazione raggiungiamo Atins, un paesino sul delta del fiume Preguicas dove tutte le strade sono di sabbia incredibilmente morbida e bianca e dove si fatica moltissimo a camminare. Sembra di essere fuori dal mondo, da un lato locali di tendenza in mezzo al nulla e dall’altra le persone a dorso d’asino. Raggiungiamo quindi a piedi la baia dove si pratica il kitesurf. C’è qualche bar con panorama sul delta e soprattutto un meritato relax. Finalmente siamo nel Parque National Lençóis Maranhenses. Atins si sta aprendo adesso al turismo e da paese di pescatori probabilmente diventerà presto come Jeri. Ci sono già diverse pousade di livello particolarmente alto ma molto ben integrate nell’ambiente.

Prima di rimmergerci tra i lençòis corriamo veloci con la nostra camionetta sulla spiaggia del Canto do Atins, larghissima e infinita. La bassa marea ha lasciato parecchie conchiglie di scutella sul bagnasciuga, resti fossili di un riccio di mare primordiale che sono in arenaria, delicatissime e sorprendenti. È appagante camminare su questa distesa, a destra l’oceano impetuoso, noi su questa striscia infinita e a sinistra una zona lagunare con qualche ibis rosso che fruga alla ricerca del pranzo. Dalla battigia si entra nella zona delle grandi dune. Che dire, ovunque si posi lo sguardo è una meraviglia. Vedendo questo spettacolo infinito e particolare si capisce come ben si siano integrate le riprese del film degli Avengers: Infinity war. Il remoto pianeta Wormir è in realtà il parco dei Lençóis!

Questo è un viaggio dove il cambio dei mezzi di trasporto è quotidiano, oggi utilizziamo una bella motolancia per la navigazione sul fiume Preguicas, una sosta al faro militare per ammirare il panorama dall’alto e tra mangrovie, scimmiette e dune arriviamo all’hotel a Barreirinas. È talmente normale in queste zone vivere in simbiosi con l’acqua che l’ingresso dell’hotel è direttamente dal fiume, come tutte le abitazioni che hanno ognuna il proprio attracco.

Oggi è stata forse la giornata più emozionante, di sicuro la più magica di tutto il viaggio. Con un volo panoramico sorvoliamo il parco per più di un’ora. Dall’alto si comprende la vastità di questo ecosistema spettacolare, un repentino cambio di paesaggio che dal verde lussureggiante della selva, arriva in un luogo dalla morfologia quasi lunare… d’altra parte siamo sul pianeta Wormir! Un turbinio di emozioni da togliere il fiato e da solo questo panorama vale il viaggio.

Lagune Gaviao, Tropical, Azul, tutte con l’acqua alta dove poter fare il bagno dopo una bella camminata sulla cresta delle dune, è veramente gratificante. Bello è correre giù dalle dune e tuffarsi in quest’acqua a 30 gradi, cristallina, filtrata dalla sabbia che sembra borotalco bianco.

Durante le nostre tappe abbiamo sovente attraversato grandi piantagioni di caju, un frutto la cui polpa è ottima come dissetante mentre il seme è l’anacardo, che in Brasile chiamano castagna. L’autista si ferma a raccoglierli e noi ne approfittiamo per succhiarne qualcuno. Il caju è molto diffuso nel nord est del Brasile e le sue proprietà sono eccellenti. Infatti il contenuto di vitamina C del caju risulta circa 3-4 volte superiore a quello dell’arancia, oltre ad avere una notevole proprietà antiossidante.

Abbiamo lasciato per ultime le lagune della zona di Betania, il meglio del viaggio. Alimentati dal desiderio di scoprire, camminare ed esplorare che dimora in ognuno di noi, eccoci arrivare in questo mondo di panna. Oggi gli autisti ci hanno anche caricato ombrelloni e sedie. Tra chi preferisce restare nella parte bassa della laguna e chi invece va a esplorare nuove dune, faremo nuotate, spuntini e tanto relax tra queste gigantesche dune talmente bianche da abbagliare facendo perdere la percezione della profondità di campo.

Ma le sedie servono soprattutto per farci godere appieno la luce romantica del nostro ultimo tramonto sulla duna più alta dei dintorni… in alto soffia il vento ma non importa quando si è in paradiso.

Il viaggio nel Maranhao non sarebbe completo se non si visitassero le belle città coloniali di Sao Luis e Alcantara. In uno stato colonizzato dai portoghesi, nel 1612 proprio qui sono sbarcati i francesi che hanno fondato una città chiamandola Sao Luis in omaggio al re Luigi XIII. Capitale dello stato del Maranhao, nel 1997 Sao Luis è diventata patrimonio Unesco per il suo centro storico che conta oltre 3000 case ricoperte da azulejos di cui solo una parte è stata restaurata. Ma l’insieme è molto bello, tra stradine e scalinate, negozietti e localini.

In una delle tante case coloniali abbiamo avuto la fortuna di visitare un museo etnografico curato da un appassionato professore universitario. All’interno, oltre a reperti archeologici che raccontano la vita preistorica, ci sono anche dei bellissimi ornamenti in piume e conchiglie che venivano utilizzati dagli indios Tupinambas, gli stessi che furono scacciati e schiavizzati durante le colonizzazioni.

Con il traghetto di linea attraversiamo il braccio di mare che ci separa dalla città coloniale di Alcantara. Qui sembra che il tempo si sia fermato, sembra quasi una cittadina fantasma e proprio questo è il suo fascino. Posta su un promontorio che domina da una parte l’oceano e dall’altra il fiume Mearim, emerge dalla tipica vegetazione equatoriale. Strade di pietra contornate dagli scheletri delle abitazioni coloniali oramai prive di azulejos e ora di un inteso color rosso-nero.

Si sbarca al porto di Jacaré e con una ripida salita, costeggiando basse abitazioni bianche, si giunge nel cuore di questo paesino dal passato molto ricco. Alcantara era diventata importante a partire dall’inizio del 1700. L’aristocrazia dei latifondisti aveva scelto questa zona per viverci rendendo la città animata sia economicamente che culturalmente. I dintorni erano tutte fazendas con terreni coltivati a canna da zucchero e cotone. Nel 1888, con l’abolizione della schiavitù e la caduta del prezzo del cotone, la città si avviò verso un lento declino dal quale non riuscì più a risollevarsi.

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Giunti nel cuore del paese, sulla piazza principale troviamo ciò che resta della facciata della chiesa di Sao Matias e il museo storico che è sito in un palazzo restaurato del 1800. All’interno di questo palazzo c’è ancora l’arredamento coloniale completo, accompagnato dal profumo del legno e da un’atmosfera d’antan. Sembra di udire ancora i passi dei padroni di casa e della servitù. Girovaghiamo su e giù tra viuzze acciottolate accompagnati da Danilo, il proprietario della posada dove alloggeremo. Danilo ci racconta tanti aneddoti, è innamorato della sua cittadina e ha un gran desiderio di farci apprezzare al meglio il luogo dove vive. Tanto che, raccontandogli quello che avevamo visto, si arriva a parlare degli ibis rossi del Parnaiba. Qui ce ne sono molti di più, ci dice Danilo. Saliamo quindi sull’ennesima barca che navigando sul fiume Mearin tra una folta vegetazione frammista a qualche agglomerato di capanne a bordo fiume, ci porta a vedere questo spettacolo della natura.

Sono a migliaia i guarà che stanno arrivando da ogni direzione, il cielo è tinto di rosso, è incredibile, bellissimo, sembra di essere dentro un documentario!

Non poteva esserci saluto più bello di quello che questa sera il Maranhao ci ha offerto…

Buon viaggio a tutti.

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