Avventure nel Mondo

Cento sfumature di Blue

da "Hawaii natura discorery" con Avventure nel Mondo
di Giulio Seva
foto di Giulio Seva

Un Paradiso nato dal fuoco dove la Natura si è fatta Arte

Sulla linea del Tropico del Cancro si trova uno dei paradisi naturalistici più rinomati al mondo: le Hawaii, un arcipelago che seduce e accoglie ogni anno più di sette milioni di turisti, attratti da quella grande varietà culturale e geografica che è da sempre il punto di forza dell’Aloha State, così definito per il desiderio incondizionato di promuovere il vero bene delle altre persone in uno spirito amichevole di fratellanza. Sette isole principali più qualche isola minore che rappresentano un mix ottimamente riuscito di tradizione e innovazione. Come ha ben detto Mark Twain “la più deliziosa flotta di isole ancorate in un oceano”.

Noi ci trascorreremo due settimane avventurandoci tra i paesaggi lunari di Maui, modellati intorno al cratere dell’Haleakala, e quelli giurassici di Kauai, con la meravigliosa Na Pali Coast e il Waimea Canyon; ci rilasseremo lungo le spiagge bianche isolate di Kona e in quelle più affollate di Waikiki. Questo e tanto altro in quest’avventura che sta per cominciare in uno degli scenari più primordiali che la Terra possa offrire.

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26 Dicembre: Italia/Maui

Mi incontro con parte del gruppo all’alba del 26 Dicembre a Milano Linate, un breve volo per Francoforte e con gli arrivi da Venezia e da Roma siamo al completo poche ore dopo.
Lo scrittore Jack London scrisse che “le Hawaii sono un Paradiso e io non posso smettere di proclamarlo”. Ma per andare a scoprirlo questo Paradiso prima bisogna conquistarlo ed il viaggio è lungo: una decina di ore fino in California e poi altre sei da San Francisco per un totale di due fusi orari e undici ore in meno rispetto all’Italia. 

Atterriamo a Maui che è ormai sera. Siamo finalmente arrivati alle Hawaii, il cinquantesimo stato americano, diventato ultimo stato federato dell’Unione solo nel 1959.  Prendiamo un bus e in una decina di minuti ci sistemiamo nel nostro ostello a Wailuku, capitale dell’isola ricca di negozi e musei relativi a usi, costumi e tradizioni locali. Siamo più o meno sfiniti, c’è chi si addormenta appena tocca il materasso e chi passerà la nottata a fissare il soffitto per il jet lag. Io, Raissa e Matteo cerchiamo invece di sopravvivere dato che gli sconosciuti con cui condividiamo la stanza hanno deciso di impostare una temperatura che è prossima a quella della Kamcatka a dicembre. Le probabilità di risvegliarsi come Jack Torrance intrappolato nel labirinto dell’Overlook Hotel in Shining non sono proprio poche.

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27 Dicembre: Maui, Haleakala Vulcano

Un’ottima colazione a base di pancake e partiamo alla scoperta di Maui, una delle isole più giovani dell’arcipelago, eletta la “più bella del mondo” nel 2016. Qui è dove la natura ha dato il meglio di sé regalando uno straordinario connubio non scontato di misteriosi vulcani, mare color cobalto e foreste tropicali. Infatti mentre sulla costa occidentale si trovano le località balneari più famose, favorite da un clima più secco e soleggiato, quella orientale è ricoperta da una lussureggiante foresta tropicale.

Oggi il nostro obiettivo è il vulcano dormiente Haleakala,  forse il simbolo di Maui di cui peraltro ne occupa circa il 75% della superficie. Inattivo da più di trecento anni si staglia all’orizzonte per oltre 3048 metri, rappresentando la vetta più alta dell’isola.
Haleakala in hawaiano significa “casa del sole” per un’antica leggenda che riguarda il semidio Maui, l’unico a cui il dio Ka-Le concesse la salvezza quando adirato con gli uomini per la loro crudeltà sommerse tutte le terre innalzandovi sopra le montagne e devastando la qualsiasi col suo furore.
Secondo la mitologia il semidio dalla riccia chioma fluente durante un viaggio sulla cima del vulcano sollevò il sole nel cielo in modo da rallentarne l’inesorabile discesa e allungare quindi la durata del giorno, motivo per cui, sempre secondo la leggenda, le giornate in cima all’Haleakala son più lunghe che altrove.
Qui è dove si può ammirare l’alba più bella del mondo, uno degli spettacoli più sublimi a cui si possa assistere quando i bagliori dorati del sole che si risveglia vanno ad infuocare i coni di cenere disperdendo la foschia circostante. Uno spettacolo tuttavia a numero chiuso dato che le autorità per salvaguardare l’ecosistema hanno limitato l’accesso con un servizio di prenotazione che consente a solo pochi fortunati di godere di questa rappresentazione di vita quasi mistica.

Di prima mattina risaliamo la strada che porta in cima al vulcano fin oltre le nuvole. Ci troviamo tra il mare e la montagna, circondati da un arcobaleno di colori in netto contrasto col nero del suolo lavico, ed i nostri occhi si perdono all’orizzonte con quel panorama unico che si spinge fino alle coste di Big Island. 

L’Haleakala in realtà è una caldera che si è formata dopo il collasso del cono del vulcano centrale e al cui interno è possibile vedere tutti gli altri piccoli coni nati con le eruzioni seguenti, regalando un panorama unico nel suo genere. Il modo migliore per ammirarlo è effettuando uno dei trekking nel mare di sabbia della sua caldera, il più famoso dei quali è lo Sliding Sand Trail, un sentiero che scende ripido sul fondo del cratere in mezzo ad un panorama ultraterreno. Lo intraprendiamo con l’entusiasmo di chi si ritrova d’un tratto in un ambiente fiabesco e raggiungiamo dopo circa 4 km il piccolo cratere di Ka Lu’u ka O’o per poi tornare indietro sui nostri passi. La salita è molto irta e ognuno la affronta alla sua velocità con la nebbia che da valle corre veloce verso la cima come a mangiarsi l’orizzonte. Ricompattato il gruppo, con Isa arrivata un po' in ritardo per un’indigestione avuta a metà trek che probabilmente la farà rimanere lontana dai tramezzini al tonno per i prossimi dieci anni, riprendiamo la via verso l’ostello. La discesa dal vulcano provoca una nuova vittima, Elena S., che esce provata dalle numerose curve dell’Haleakala.

Ormai è tardi, alle Hawaii alle sette sono già seduti a tavola da un po'; pertanto per evitare di saltare la cena andiamo direttamente a Paia, piccola località di 3000 abitanti sulla costa nord, un tempo nota per essere l’ultima tappa della Road to Hana, oggi invece considerata il posto più alla moda dell’isola: un villaggio cosmopolita in netto contrasto con le zone turistiche ad alto prezzo di Wailea e Kaanapali.  Qui trascorreremo tutte le nostre serate cenando alternativamente in tutti i ristoranti presenti nella via principale.

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28 Dicembre: Maui, Molokini Island

Oggi per una parte del gruppo la sveglia suona che è ancora notte. Abbiamo infatti l’appuntamento al porto molto presto per l’escursione a Molokini, un’isola vulcanica che sorge tra Maui e Kaho’olawe. Arriviamo appena in tempo per il briefing mentre il cielo comincia a colorarsi ed improvvisamente si accende e si infiamma sopra di noi. Ecco l’alba.

Il mare è una tavola e d’inverno non è affatto fatto scontato, ci imbarchiamo e cominciamo il nostro viaggio verso quell’isolotto che richiama numerosi amanti di snorkeling e diving, attratti da un ambiente con acque limpide e fondali popolati da centinaia di pesci tropicali.

Poco dopo essere salpati capiamo che questa non sarà solo una giornata di bagni e divertimento ma sarà anche e a tutti gli effetti un tour di whale watching. Infatti, dopo un’estate trascorsa a nord per nutrirsi e accumulare tutte le riserve necessarie di grasso, le balene percorrono migliaia di km e migrano nelle acque tropicali delle Hawaii per accoppiarsi, partorire e crescere i propri cuccioli in queste aree protette da predatori. 
Maui è un paradiso per gli amanti delle balene, in hawaiano no kohola, cetacei che possono arrivare fino a 18 metri e che arrivano in queste acque a fine novembre per andarsene verso marzo-aprile. Oggi dal pontile del nostro catamarano abbiamo la fortuna di ammirarne una decina in tutta la loro gloria mentre fanno capolino dalle acque, saltano e si immergono mostrandoci la loro maestosa coda. Uno spettacolo che non ci aspettavamo e che ci strabilia. Corriamo da un lato all’altro della barca per ammirarne il più possibile e, soprattutto, aiutiamo Alessia a scorgerne qualcuna visto che ogni volta che una balena emerge dalle acque lei è sempre in altro affaccendata.

Arriviamo quindi a Molokini, un cratere in gran parte sommerso la cui caldera a forma di luna crescente emerge per una cinquantina di metri sull’oceano. Quest’isolotto ha creato sotto di sé un ecosistema unico al mondo, un vero acquario naturale, in cui ci tuffiamo per il primo snorkeling della giornata che non disattende le attese. Proseguiamo quindi il nostro tour verso un altro spot sulla via del ritorno. Riscendiamo in acqua e qua viviamo una delle esperienze più emozionanti che questo viaggio ci regalerà. Sotto di noi a una decina di metri scorgiamo una foca monaca riposare che improvvisamente si sveglia, si gira su sé stessa, risale verso la superficie, ci passa a fianco ed emerge dalle acque. Siamo in acqua con questo bellissimo animale a pochi cm che ci fissa con sguardo sornione ed è tutto tanto incredibile quanto inaspettato. Avremmo anche potuto averne un video indimenticabile a ricordo se solo Fabrizio prima di partire avesse dato una riletta al manuale di utilizzo della sua Gopro.

Dopo pranzo ritorniamo al porto e trascorriamo il resto del pomeriggio a Poolenalena Beach, spiaggia nella zona di Wailea, lussuosa località di resort

 a south Maui, rinomata per le spiagge a mezzaluna e i campi da golf, dove assistiamo nello stesso momento ad una richiesta di matrimonio tra due giovanissimi e ad un rinnovo delle promesse nuziali tra due nonni circondati dalla loro numerosa famiglia.

Qui ci raggiungerà anche l’altra parte del gruppo che ha trascorso una mattinata di relax a nord tra Napili Bay e Ka’anapali Beach.

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29 Dicembre: Maui, Road to Hana

Anche oggi la sveglia suona presto. Oggi affronteremo l’Hana Highway, colloquialmente chiamata Road to Hana, una delle strade più scenografiche del pianeta, fatta addirittura rientrare nei “sentieri storici” da Clinton nel 2001.
Questa strada, sicuramente la più celebrata delle Hawaii, è composta da due segmenti in successione, la Hwy 36 e la 360, e comincia a Kauhului, ben 84 km da Hana, anche se sono soprattutto gli ultimi 55 a racchiudere un vero e proprio trionfo della natura. Questo è un percorso tortuoso con 56 ponti ad un’unica corsia e 617 curve di cui 300 a “S”, una strada costiera che si addentra sulle montagne e la fitta foresta tropicale della costa orientale dell’isola. Si tratta di un susseguirsi frenetico di panorami che cambiano continuamente ma che ti impongono di fermarti, rilassarti e innamorartene un po’. Lungo la Road to Hana si possono trovare cascate più o meno nascoste, piante di eucalipto arcobaleno, scogliere che si tuffano nell’oceano, surfisti che dominano onde tumultuose. Ed una foresta di bambù che ricorda vagamente quella di Kyoto, alla fine.
Le fermate che si possono effettuare, le più importanti delle quali segnate da mile marker lungo il percorso, sono infinite ma l’attrazione principale di questa strada rimane proprio il percorso, l’aria di benessere e libertà che si respira più che la destinazione finale. Pertanto incominciamo il nostro tour con calma vivendo ogni km percorso.

La prima fermata la facciamo al Ho’Okipa Beach Park, dal cui lookout ci fermiamo ad ammirare una massa di surfisti in acqua a domare acque impetuose. Poco dopo si trova Jaws Surf Break, la spiaggia più famosa per le sue onde alte decine di metri, talmente difficile da raggiungere che alcuni sportivi si fanno calare con la tavola da elicotteri.
Proseguiamo nella foresta con qualche improvviso scroscio di pioggia a farci compagnia e arriviamo al belvedere di Wailua Valley State Wayside da cui si possono ammirare alcuni tra i migliori paesaggi mauka (verso le montagne) e mauna (verso oceano), comprensivi delle viste sulla Keanae Valley e delle sue cascate in lontananza.
Riprendiamo il percorso e lungo la strada scorgiamo i primi eucalipto arcobaleno, un albero diffuso solo qui, in Indonesia e nelle Filippine, conosciuto per la sua corteccia che mentre cresce verso il cielo si sfalda mostrando uno spettacolo di colori strabiliante, pennellate dall’arancione, al viola, al blu.
Dopo uno sosta in uno dei tanti camioncini colorati che si incontrano per un gelato non proprio economico a 8USD arriviamo prima a Koki Beach, spiaggia dalla sabbia rosso scuro proveniente dal vicino vulcano Ka Iwi Pele, e poi a Wailua.Falls, le cascate più fotografate di Maui, alte ben 24 metri. Qui la leggenda narra che i nativi di stirpe reale, i kane ali’i, mettevano a dura prova la loro resistenza saltando da circa 80 piedi nella piscina sottostante.
Rientriamo quindi nel Parco Nazionale dell’Haleakala e percorriamo il Pipiwai trail, un sentiero che si addentra in una maestosa foresta di bambù fino alle imponenti cascate Waimoku che cadono da 400 piedi lungo una parete di roccia lavica a ferro di cavallo.

Riprendiamo la strada dell’andata. Non so se sia peggio guidare al buio senza alcuna luce su quella strada così tortuosa o sentire la musica che esce dal telefono di Elena.
Ritorniamo in ostello con un unico pensiero: oggi la Natura si è fatta Arte ad i nostri occhi.

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30 Dicembre: Maui/Kauai

Oggi lasciamo Maui. Un volo della Hawaiian Airlines, la compagnia di bandiera, ci porta a Kauai, la quarta isola più grande dell’arcipelago, quella più antica e settentrionale, un luogo dove un tempo nessun edificio poteva essere più alto di una palma da cocco.
Secondo la leggenda deve il suo nome ad un navigatore polinesiano, Hawai’iloa, che per primo vi approdò e volle darle il nome del figlio prediletto; questo spiegherebbe il perché una delle possibili traduzioni del nome Kauai sia “un posto intorno al collo”, a rappresentazione del modo in cui un padre porterebbe il proprio figlio preferito. E nello stesso modo vi vorrete aggrappare a lei una volta che l’avete esplorata e conosciuta. Per non lasciarla più.
Lontano dal turismo di massa di Ohau e Maui è proprio a Kaui infatti che si riesce a ritrovare la vera essenza di queste isole. Seppur anch’essa di origine vulcanica viene abitualmente definita “garden island” per via della foresta tropicale che ne ricopre gran parte della superficie e che ospita ogni tipo di scenario: da grotte marine a valli color smeraldo, da scogliere frastagliate e invecchiate nel tempo a canyon e altopiani con meravigliose cascate, un micro-ecosistema popolato da centinaia specie di piante e da una dozzina di uccelli in via di estinzione. Alcune parti sono accessibili solo via mare o via aerea, mostrando panorami al di fuori di qualsiasi fervida immaginazione.
Ma tutta quest’acqua avrà un’origine ed infatti Kauai è uno dei posti più umidi sulla terra, sferzato da piogge tropicali che la fanno rinascere ogni volta sempre più forte, rigogliosa e prepotente. E noi questo lo scopriremo da vicino e anche spesso nei prossimi giorni.

Ci sbarchiamo nel primo pomeriggio, un veloce pranzo in quella che si dimostrerà essere la più buona poke house del viaggio, un salto in albergo e ci dirigiamo verso la costa nord, nella baia di Hanalei che con i suoi 3 km è la più grande dell’isola. Avvolta da una bellezza senza tempo questo piccolo paese, pochi minuti a ovest di Princeville, ospita di tutto, da gallerie d’arte alle fattorie di taro, piante a forma di cuore usate per fare il poi, fino ai locali più frequentati dai surfisti.
Trascorriamo una serata abbastanza alcolica in uno di questi locali e ritorniamo in albergo.

31 Dicembre: Kauai, Poipu beach, Wailua Waterfall

Mi sveglio con un allarme maltempo e possibili allagamenti del fiume Wailua, l’unico corso navigabile dell’intero arcipelago. Incomincio a capire il perché quest’isola sia così tanto verde e ricca di corsi d’acqua che si biforcano in strepitose cascate.
Cambio di piani e decidiamo di passare la giornata rilassandoci a Poipu Beach, una delle spiagge più famose della costa sud. A forma di mezzaluna in realtà è costituita da due spiagge separate da una stretta lingua di sabbia, chiamata Nukumoi Point, che si estende dalla costa ad una piccola isola dove è proibito andare e che è il posto preferito per le foche monache che qui si recano a riposare indisturbate. Infatti Poipu Beach è uno dei luoghi più rinomati per vedere questi animali in via di estinzione che ogni mattina presto vi approdano per dormire crogiolandosi al sole. Seppur al mondo non ne siano rimasti più di 1100 esemplari, circa 200 vivono intorno alle isole principali delle Hawaii e non è pertanto raro incontrarle.
Oggi ne avvistiamo un paio nell’area sul lato occidentale della spiaggia, quella preferita dai principianti del bodyboarding e del surf.

Fortunatamente già dalle prime ore del mattino il meteo si rimette e riusciamo a passare una giornata in totale relax al mare, disturbata da due-tre acquazzoni della durata di pochi minuti. Fabrizio, Matteo e Simone provano anche a prendere lezioni di surf.

Le Hawaii sono fra gli ultimi paese ad entrare nel 2022 ma non è loro abitudine festeggiarlo. Pertanto dopo una cena in un locale con cucina tex-mex ci uniamo ad un gruppo parallelo di Avventure brindando con gli alcolici di cui ci siamo approvvigionati in abbondanza nel pomeriggio.

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1° gennaio: Kauai

L’anno incomincia col migliore degli auspici: di prima mattina ci giunge la notizia che è stata ritrovata la valigia di Federico andata persa nel viaggio di andata e rimasta giorni a svernare a San Francisco. Ne danno il lieto annuncio il sottoscritto, costretto ad andare più volte in aeroporto agli orari più improponibili ed il cui telefono era ormai stato preso in ostaggio per le innumerevoli chiamate fatte a chiunque potesse avere alcuna notizia manco fosse stata rapita dall’Anonima Sarda, e Monica, l'addetta al lost and found di Maui che era spesso la destinataria di queste telefonate e che probabilmente dopo quest’avventura ha chiesto il prepensionamento anticipato a poco più di trent’anni. O una scorta maggiore di ansiolitici. Non lo sapremo mai, purtroppo.

Per una sorta di compensazione fuori il tempo non è dei migliori quindi rivediamo il programma e andiamo a fare il Maha’ Ulepu Heritage Trail, un trek costierodi circa 5 km che parte da Shipwrech Beach e che rappresenta l’unico tratto di costa meridionale accessibile non ancora edificato. Attraversiamo dune di sabbia, alberi di kawe, campi da golf PGA Grand Slam ed insenature rocciose, testimonianza dell’epica danza tra le eruzioni vulcaniche e l’erosione causata dall’oceano. Il sentiero è facile e regala incredibili viste sul Pacifico per quasi tutto il percorso. Arriviamo fino alla spiaggia di Maha’ulepu dove le onde esplodono sulle rocce e gli spruzzi vengono portati lontano dal vento e torniamo indietro per la stessa via.
È tornato il sereno, ritorniamo a Poipu per goderci il nostro primo tramonto hawaiano in spiaggia. Ci sediamo in riva al mare e il nostro sguardo si perde verso l’orizzonte e quel cielo incandescente che illumina le acque con un caleidoscopio di colori inimmaginabile. Il sole scivola sotto le onde lontane e noi lo guardiamo emozionati. 
Nel frattempo sul lato orientale notiamo una calca di gente che guarda le acque incredula: con l’arrivo del buio alcune tartarughe stanno uscendo dal mare per andare lentamente a riposarsi sulla spiaggia. Le vediamo muoversi indisturbate ed è uno spettacolo unico al mondo.
Nel frattempo le foche monache invece dovrebbero fare l’inverso, ossia svegliarsi e tuffarsi nell’oceano per andare a pescare, o perlomeno così hanno detto oggi i volontari a Raissa che ormai sono ore che si erge immobile davanti ad un paio di loro sperando che qualcosa accada. E niente le foche non hanno la minima intenzione di interrompere il loro sonno e con qualche difficoltà quel sant’uomo di Matteo riesce a trascinarla via quando l’unico modo per illuminare la sabbia era l’uso della torcia frontale.
Ci prendiamo una pizza da asporto e anche questa giornata è volta al termine.

2 Gennaio: Kauai, Waimea Canyon

Solita colazione in camera delle ragazze, diventata in questi giorni il refettorio del gruppo e cominciamo la giornata dirigendoci verso la sponda sud-occidentale dell’isola dove si trova il Waimea Canyon, anche noto come il “Grand Canyon del Pacifico”.
Sebbene non sia né grande né vecchio come quello dell’Arizona, alle Hawaii non si trova nessun'altra formazione geologica di tale portata: una drammatica cicatrice lungo 16 km per 900 metri di profondità, una meraviglia perfettamente inserita in un panorama di caldere e terreni lavici. 
Raggiungerlo non è per nulla difficile in quanto la strada principale, la Waimea Canyon Drive, lo attraversa quasi per intero e termina al Kokee State Park, regalando numerosi punti di osservazione su panoramici epici che si estendono per miglia.

Al centro si trova il fiume Waimea, in hawaiano “acque rosse” per le pareti ambrate del canyon circostante che quando piove vanno a colorarne le acque. 
A differenza di altre formazioni di simile portata quest’immensa gola ha una storia geologica unica; infatti non deve la sua formazione solo all’erosione provocata dall’omonimo fiume che lo ha scolpito negli anni ma anche al collasso del vulcano che creò l’isola stessa.

Dopo esserci fermati a tutti i lookout per una visione d’insieme di quello spettacolo cominciamo uno de tanti sentieri che gli amanti del trekking possono effettuare da queste parti. Noi scegliamo l’Awaaawapuhi trail, un sentiero di modesta difficoltà di poco più di 10 km che attraversando una lussureggiante foresta pluviale arriva a regalare uno dei panorami più suggestivi della Na Pali Coast.
L’andata è una continua escursione in discesa. C’è parecchio fango per le piogge torrenziali dei giorni precedenti e camminiamo molto accorti. Malgrado le dovute attenzioni Isa scivola e poggia male la mano infortunandosi; niente che un buon tutore acquistato nelle ore successive non possa mettere a posto in pochi giorni.
Dopo i primi km la foresta comincia a diradarsi e si aprono all’orizzonte i primi scorci sull’oceano e sulle valli. In circa un’ora e mezza arriviamo al punto panoramico finale: una vista impareggiabile sulle scogliere frastagliate della Na Pali Coast che si librano sopra l’oceano. Questo è solo un preludio di quello di cui godremo domani in elicottero ma ne rimaniamo già esterrefatti. Alcuni di noi si avventurano lungo la cresta finale e rimaniamo sempre più stupefatti da quei drammatici dislivelli, dall’entità dei dirupi e dalla profondità della valle che arriva a baciare le acque del mare. Questi sono i paesaggi che spingono ogni anno migliaia di persone a venire a Kauai e noi abbiamo la fortuna di viverli in una bellissima giornata di sole. Torniamo sui nostri passi e ci avviamo verso l’hotel.

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3 Gennaio: Kauai/Ohau

Ci svegliamo e sta diluviando. Oggi abbiamo il tour in elicottero sull’isola ed il maltempo non è un fattore previsto. Va bene che Kauai è un’isola molto umida ma ci sono altri 365 giorni per rinvigorire foreste e cascate!
Ci dividiamo in due gruppi, una parte va a capire come poter fare il giro in elicottero e una parte va sulla costa nord a Tunnel Beach. Questa spiaggia, una baia contorniata da una rigogliosa foresta e con le montagne a dominala dall’alto, è uno degli spot migliori sia per il diving che per lo snorkeling per la presenza di tubi di lava che formano caverne sottomarine che vanno a rendere la barriera un magico mondo sottomarino.
Mi raccomando con Luciana alla guida del pulmino di arrivare puntuale in aeroporto nel pomeriggio per il volo per Ohau.

Noi ci dirigiamo verso l’agenzia che ci ha organizzato il tour e che prontamente ce lo rimanda ad un paio di ore dopo che noi occupiamo facendo colazione in un posto scoperto da Sergio nei giorni precedenti. E lì capisco il motivo per cui quasi ogni mattina (la maggior parte ero svenuto che non avrei nemmeno sentito un tifone che si abbatteva sulle nostre teste, come peraltro è successo) lo sentivo svegliarsi ad orari improponibili: era consono andare a fare colazione prima dell’appuntamento comune.

Ed ecco finalmente arrivato il momento del decollo! Il tempo si è rimesso, c’è un’ottima visuale, pronti via e partiamo.
Certi paesaggi offrono uno spettacolo più completo se visti dall’alto; quando li si ammira a bordo di un elicottero si è come al cinema, seduti in una platea in movimento. Sullo schermo ci appaiono angolature e visioni d’insieme che altrimenti ci sarebbero precluse ed è tutto talmente strabiliante che non può non emozionare. Dall’alto questo paradiso esotico che sorveglia l’infinità del Pacifico ci appare ancor più bello di quello che si poteva immaginare. Sorvoliamo le centinaia di cascate che rigogliose si gettano da precipizi alti centinaia di metri in quelle valli in cui Spielberg ha ambientato Jurassic Park, superiamo il Waimea Canyon e finalmente viriamo raggiungendo la Na Pali Coast e la sua inaccessibile costa selvaggia. Sedici miglia di scogliere, bracci di mare che si insinuano impetuosi tra le spiagge isolate e ripidi precipizi che si gettano nelle acque dell’oceano da impressionanti altezze in un concerto di suoni e colori unici. Siamo dove la foresta incontra il Tropico del Cancro, dove le acque blu cobalto dell’oceano si infrangono sul reef dipingendo guizzi senza fine. Trascorre circa un’ora, senza quasi essersene accorti. O almeno quasi tutti visto che Davide C. rimane per po' provato dalle planate che ha fatto il cessna con cui lui ha fatto il tour.

Ci rechiamo in aeroporto per prendere il volo per Honolulu che, fortunatamente, è in ritardo visto che l’altra metà del gruppo arriva trafelatissimo, ancora in costume da bagno peraltro, un’ora dopo l’appuntamento stabilito.
Poco più di mezz’ora e sbarchiamo a Ohau.

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4 Gennaio: Pearl Harbour/ Kualoa Ranch/ Pipeline Beach

Siamo a Ohau che in hawaiano significa “luogo di incontro” ed in effetti questa è un ben riuscito mix di tradizione e innovazione che trova la sua perfetta sintesi nella più rinomata Honolulu, capitale dello Stato delle Hawaii e cuore finanziario del Pacifico orientale, paradiso tropicale dei film americani degli anni ‘30. Qui troviamo da un lato ampie spiagge con acque cristalline e dall’altro grattacieli e strade che arrivano ad avere tre corsie per senso di marcia; siamo su un’isola dove la confusione delle discoteche e delle feste sulla spiaggia si interpone alle quiete dei templi shintoisti. 

Ci alziamo di buon mattino trovando nella hall dell’albergo la colazione che Sergio e Davide S. sono andati premurosamente a prenderci e andiamo a visitare Pearl Harbour.
Situata in una posizione strategica, al riparo di uno dei pochi porti naturali dell’arcipelago, il 7 dicembre 1941 la sede della Flotta del Pacifico venne attaccata con bombe infami dagli aerei dei samurai del Sol Levante facendo diventare quella guerra Mondiale. Il sogno di Tokyo di avere un impero in Asia si scontrerà tuttavia poco dopo con i funghi atomici di Hiroshima e Nagasaki.
Visitiamo il sito che racconta quello che successe quel giorno, passato alla Storia come quello dell’infamia. Diamo uno sguardo da lontano in quanto non visitabile in questi mesi al simbolo di quel bombardamento coi suoi 1177 morti: l’Arizona 75 che rimane ancora inesorabilmente rovesciata sul fondo della baia come un monito alla memoria.

Terminato il tour ci dividiamo, una parte andrà nelle immense spiagge bianche della costa orientale, quelle famose per avere fatto da set a telefilm come Baywatch e Magnum P.I, mentre io, Isa, Alessia, Davide C. ed Elena M. ci avventuriamo verso nord con destinazione finale il Koalua Ranch, una riserva naturale con oltre 4000 acri di bellezze naturali, da spiagge segrete a valli nascoste a montagne maestose e minacciose. Utilizzata negli anni anche come set per girare più di 50 film (Jurassic Park, Godzilla, Jumanji..) si pone come obiettivo principale quello di proteggere e valorizzare il patrimonio naturale che preserva con visite a basso impatto ambientale. Noi abbiamo riservato un tour in Raptor 4WD, una sorta di quad che percorre le aree meno ospitali del ranch. Attraversiamo torrenti e corriamo veloci per la collina divertendoci come bambini.

Terminiamo la giornata recandoci al tramonto sulla North Shore a Pipeline Beach, la spiaggia più famosa per chi pratica surf per le sue enormi onde che si infrangono su acque basse creando quei tubi sognati da chi pratica questo sport. Ci mettiamo sulla riva a guardare quei ragazzi in attesa dell’onda perfetta.

Ci ritroviamo poi tutti quanti verso sera per andare a cena a Waikiki.

5 Gennaio: Hanauma Bay/ Koko Crater

Splende un bellissimo e caldo sole sull’Aloha State e noi ci dirigiamo all’Hanauma Bay Nature Preserve, un’area marina che prima della pandemia registrava fino a 3000 visitatori al giorno e che oggi invece per una politica di preservazione e rigenerazione dell’ecosistema ne accoglie meno di un migliaio e solo su prenotazione. Non è infatti una spiaggia ma una riserva, parco protetto dagli anni ‘60, dedicata alla salvaguardia della fragile vita marina della baia, in sofferenza dopo anni di abbandono e di abuso.
Sorge a sud-est di Ohau, al riparo della catena vulcanica di Koolau e attira turisti da tutto il mondo per le sue acque turchesi e la sua barriera corallina, sogno per gli amanti dello snorkeling. Ci trascorriamo quasi tutta la giornata tra nuotate, bagni di sole e un po' di meritato relax

Dopo pranzo ci dividiamo, una parte preferisce continuare il pomeriggio in spiaggia tra Lanikai e Kailua Beach mentre io con altri del gruppo ci spostiamo verso Dyamond Head, cratere vulcanico di 228 metri a sud-est di Honolulu dalla cui cima si gode di un’impareggiabile vista su Waikiki.
Appena arrivati mi rendo conto di aver perso il portafoglio e non ho idea di quando e soprattutto di dove; quindi d’istinto torno alla baia accompagnato da Maddalena che, mentre io risalgo la collina a velocità sostenuta, riesce con un incrocio di telefonate a trovare il mio portafoglio che mi verrà riconsegnato da una dipendente all’ingresso visto che la riserva aveva già chiuso.
Per quest’anno penso di aver esaurito la mia dose di fortuna.

Non potendo più tornare a Dyamond Head in quanto il parcheggio alle 16 chiudeva decidiamo di affrontare il trek del Koko Crater, un promontorio di tufo di 368 metri la cui cima può essere raggiunta attraverso un sentiero molto ripido composto da più di 1000 gradini ricavati da una ferrovia abbandonata della seconda guerra mondiale. Dalla cima ci godiamo un bellissimo e quanto mai meritato tramonto sulla baia di Hanauma. 

6 Gennaio: Ohau/Big Island, Kealakekua Bay, Green Sand Beach

Questa mattina abbiamo il volo per Big Island alle prime luci dell’alba. Ci svegliamo tutti molto presto... o quasi tutti visto che Luciana (sì, ancora lei), Alessia, Elisa e Elena S. rimangono addormentate, o meglio spengono la sveglia rigirandosi dall’altra parte. Di certo la serenità nel destarsi e prepararsi che devo aver trasmesso loro quasi buttando giù la porta ha fatto in modo che tutti ci imbarcassimo puntuali.

Lo spettacolo inizia già dall’oblò dell’aereo quando nell’infinita distesa blu del mare di colpo compare questa chiazza verde smeraldo e rosso ruggine. Siamo arrivati a Big Island, nome con cui è più comunemente chiamata Hawaii, l’isola più estesa dell’arcipelago che deve proprio a lei il suo nome. Ci troviamo tra paradiso e inferno in un continente in miniatura ricco di contrasti tra spiagge assolate, foreste tropicali e cime innevate. Nel mezzo troviamo la parte più spettacolare dell’isola, l’Hawaii Volcanoes National Park, che ospita due dei vulcani più famosi al mondo: il Mauna Loa, 4169 metri che ne fanno il più grande vulcano attivo del pianeta ed il Mauna Kea, dall’alto dei suoi 4209 metri il sito astronomico ad oggi più rinomato.

Ci sistemiamo a Kailua-Kona, il centro più importante dell’arida costa occidentale; un tempo villaggio di pescatori oggi è un paese ricco di negozi, ristoranti e rinomati resort. Questo è infatti il lato dell’isola che attrae di più i turisti alla ricerca di una vacanza all’insegna del relax con il suo meteo sempre caldo, le acque cristalline e le lunghe spiagge di sabbia bianca.

Noi, ovviamente, che non conosciamo il significato della parola relax decidiamo di andare alla spettacolare baia di Kealakekua, un parco marino ove sorge il monumento eretto in onore del capitano James Cook che in uno dei suoi viaggi alle Hawaii qui perse la vita; peccato che per arrivarci bisogna affrontare un trek di un paio di miglia solo andata che scende lungo le ripide e impervie scogliere a strapiombo sul mare che caratterizzano la baia. Ci troviamo in un luogo di rara bellezza e dopo il primo tuffo capiamo il perché questo paesaggio marino sia stato d’ispirazione per il film d’animazione “Alla ricerca di Nemo”. Qui infatti facciamo il miglior snorkeling del viaggio. 

Nel tardo pomeriggio ci trasferiamo a sud a Papakolea Beach, una delle sole quattro spiagge di sabbia verde al mondo, scolpita in un cono di cenere di 49.000 anni appartenete al vulcano Puu Mahana. Questa stranezza geologica è dovuta al fatto che l’olivina, minerale di color verde comunemente presente nella lava di Big Island, rimane depositato sull’arenile in quanto più pesante degli altri componenti.
Ci arriviamo al tramonto, trasportati lungo una strada accidentata e piena di solchi profondi, a tratti impraticabile, ammassati sul cassone di un pick-up in un’avventura che ricorda da vicini i giri adolescenziali sul tagadà del lunapark
La spiaggia è quasi deserta, il mare è piatto come non mai a South Point e non possiamo che buttarci in acqua per l’ultimo bagno della giornata.

7 Gennaio: Big Island; Helicopter Tour & Carlsmith Beach

Questa mattina attraversiamo tutta l’isola per spostarci nel versante orientale a Hilo, la città più piovosa degli Stati Uniti. Le premesse sulla carta non sono ottima ma, inaspettatamente, prendiamo gli unici tre giorni all’anno in cui sulla città splende un inusuale sole.
Hilo è un’ex piantagione di canna da zucchero che offre ben poco ad ai suoi visitatori, se non fosse per la sua vicinanza alla foresta e al Parco Nazionale dei Vulcani che è il motivo principale della nostra visita.
Inaugurato nel 1916 si estende per oltre 1300 km² a sud-est dell’isola ed è il risultato di milioni di anni di evoluzioni e vulcanismo. Qui infatti sono presenti due vulcani attivi, qual colosso del Mauna Loa e, soprattutto, il Kilauea, ritenuto il più instancabile del mondo per la sua prosperosa attività che ha accresciuto negli anni lentamente e inesorabilmente la superficie di Big Island, l’isola più giovane dell’arcipelago.
È stato infatti il responsabile di un’eruzione da record durata ben 35 anni che ha visto la sua fine nel settembre del 2018, un evento senza precedenti che ha sconvolto la fisionomia di Big Island. Dopo qualche anno di riposo tuttavia a fine settembre del 2021 si è risvegliato prontamente dal suo torpore.

Incominciamo sorvolando il parco dall’altro, quindi facciamo l’ennesimo tour in elicottero che ci porterà anche sopra la caldera del Kilauea. 
Dall’alto Big Island appare come una terra dai forti contrasti che ingloba in sé tutte le peculiarità delle altre isole: un’immensa foresta pluviale, le cascate ruggenti che spesso ospitano arcobaleni così bassi da fondersi con il paesaggio circostante, il mare con le sue spiagge di sabbia nera e i vulcani. Ci avviciniamo così al Kilauea e ne vediamo la caldera rimanendone impressionati mentre l’elicottero plana verso il basso. Siamo di fronte ad una chiara dimostrazione della forza pura della natura.

Continuiamo la giornata a Carlsmith Beach Park, il miglior posto dove potersi rilassare ad Hilo: un prato ben curato, una scogliera ovviamente lavica e un mare che sembra una piscina.

Poteva essere un pomeriggio come tanti altri ma ad un tratto mentre sono in acqua ecco arrivare una tartaruga, talmente tanto incuriosita dalla mia presenza da strusciarmisi contro. Poi una seconda, mi girano intorno come in una danza, mi sfiorano con le loro zampe ed è un’emozione indimenticabile. Una mi morde, forse non era un corteggiamento ma semplicemente fame.
Ora io potrei disquisire delle abilità natatorie di Isa per fare una foto con la tartaruga ma ho già detto che ha rischiato la vita al primo trek per un tramezzino al tonno, si è sfasciata la mano scivolando nel fango in quello dopo, quindi dire che sarebbe stata necessaria una pietra da legarle al collo per riuscire a farla immergere forse è troppo. Però...

Trascorriamo la serata in un locale con musica dal vivo in centro a Hilo, poi alcuni di noi la proseguiranno ma fortunatamente qualche gin tonic di troppo ci farà dimenticare il posto dove sono stati consumati. A posteriori era decisamente meglio rimanere con l’idea che le Hawaii non avessero alcuna vita notturna. Eroici.

8 Gennaio: Volcano National Park

Questa mattina ritorniamo al Volcano National Park per visitarlo via terra.
Man manco che ci avviciniamo le pareti di vegetazioni ai lati della strada si fanno sempre più impenetrabili e la nebbia comincia a sfumarne tutti i contorni. Stiamo percorrendo a ritroso il cammino della terra.
Per avvicinarsi alla forza che emanano questi luoghi occorre percorrere a piedi uno dei tanti sentieri che costeggiano o scendono nei crateri. Pertanto, dopo qualche fermata nei principali belvedere cominciamo il trek che porta sul fondo del Kilauea Iki, un cratere a fossa inattivo dal 1959. Quell’anno la sua eruzione fu di breve durata, poco più di un mese, ma provocò tra le più spettacolari fontane di lava che il complesso del Kilauea ricordi e che arrivarono fino a qualche centinaio di metri.
Incominciamo la discesa e arriviamo in quello che un tempo era un lago di lava fusa. Passeggiamo dove la terra sembra ruggire e ci pervade quella la sensazione di essere al centro del pianeta, un incontro ravvicinato con la natura cruda delle isole.
Una leggenda narra che qualsiasi roccia di sabbia nera venga portata via dal sito susciti le ire della Dea Pele, dea del fuoco e dei fulmini dal carattere passionale e impetuoso che risiede nel cratere Halemaumau in cima al Kilauea, con conseguente sfortuna all’autore del gesto. Che si tratti di una leggenda o meno non è dato sapere ma nel centro turistico del parco c’è una stanza apposita dopo sono esposti migliaia di frammenti di pietra lavica rispediti sull’isola da viaggiatori che sostengono di aver avuto disgrazie in conseguenza del loro gesto. Io, nel dubbio, lascio tutto dove sta e ricomincio la salita.

Saliamo in macchina e percorriamo la Chain of Craters Road, una strada panoramica di 19 miglia che scende ripida e tortuosa lungo il rift orientale del vulcano da 4000 metri fino al livello del mare. Lungo il suo percorso ci sono diversi punti di osservazione e se all’inizio il paesaggio è rigoglioso ma man manco che si perde quota diventa sempre più desolato con l’oceano da un alto e campi di lava ormai induriti dall’altro.

Lasciamo il parco e ritorniamo verso Hilo.
Mentre noi visitiamo le Rainbow Falls, un muro di acqua alto circa 24 metri formato dal fiume Wailuku, sulla costa occidentale Luciana ed Elisa stanno per immergersi in acqua per il bagno notturno con le mante. Questi animali sono abitudinari e pertanto ogni giorno ad una determinata ora si trovano in punti ben precisi dove le correnti offrono loro il pasto migliore. Dalla barca viene illuminato il mare in modo da attirare più plancton possibile e ci si adagia sulle acque gelide attaccandosi ad un galleggiante. È opportuno stare quasi immobili infatti in quanto questi sono animali molto timidi e può bastare il minimo movimento a spaventarli. Quasi subito appaiono con le loro ali che possono arrivare fino a tre metri di apertura, si avvicinano e si allontanano in uno spettacolo che dà la sensazione di guardare delle agili ballerine che padroneggiano con estrema maestria e leggiadria quel copione che ogni sera alla stessa ora va in scena in quel teatro che è l’oceano.

Ci ritroviamo alla sera tutti in hotel, l’atmosfera non è delle migliori in quanto sono arrivati i risultati del tampone fatto in mattinata e una persona non potrà tornare con noi in Italia il giorno seguente. Era un’opzione da prendere in considerazione prima di partire, nessuno ne è particolarmente sorpreso che potesse accadere ma quello che più mi ha fatto piacere è stata l’umanità e la vicinanza che delle persone fino a pochi giorni prima sconosciute siano state in grado di trasmettere ad una persona che in quel momento si trovava confusa ed in difficoltà. Avventure è anche e fortunatamente questo.

9-10-11 Gennaio: Waipi’o Valley, Italia

È arrivato l’ultimo giorno di quest’avventura.
Riprendiamo le macchine e andiamo verso la valle di Waipi’o, un tempo dimora degli antichi re hawaiani. Fu densamente popolata fino al 1946 quando un devastante tsunami cancellò la maggior parte delle strutture esistenti, lasciandola abitata solo da una ristretta comunità composta da un centinaio di persone.
Situata a nord della città di Honoka’a lungo la costa di Hamauka è la più grande e meridionale delle sette valli sopravvento dei monti Kohala. Deve il nome al fiume omonimo che la attraversa ed è un luogo di drammatica bellezza, con le sue scogliere alte fino a mille metri, fiancheggiate da magnifiche cascate. Può essere stata concepita solo dal più creativo e benevolo degli dei.
Noi ci dirigiamo dove la valle incontra l’oceano con a definirne la costa una bellissima spiaggia nera raggiungibile attraverso una strada caratterizzata da una pendenza media del 25%, ritenuta essere la più ripida di tutti gli Stati Uniti. 
Dal Waipi’o Overlook scendiamo lungo l’irto sentiero verso la spiaggia che si affaccia su un’importante risacca dell’oceano che rende impraticabile la barriera corallina di fronte.
Ammiriamo le cascate di Kaluahine e arranchiamo più o meno faticosamente per la via del ritorno.
Trascorriamo le ultime ora riposandoci in spiaggia a Honoli’i Beach Park, pittoresca baia a due miglia da Hilo, rinomata per le forti correnti che la rendono spot ideale per i professionisti del surf.

Nel tardo pomeriggio del 9 gennaio ha inizio il lungo volo verso casa. 
Fuori dall’oblò il sole si nasconde nell’oceano nel nostro ultimo tramonto hawaiano.
È stata un’avventura che ci ha riempito il cuore, l’anima, gli occhi, un viaggio in una terra lontana dalle sfumature mitologiche. Ma è arrivato il momento di tornare...

A presto, al prossimo bellissimo viaggio. Appassionatamente.

Giulio