Avventure nel Mondo

Alla ricerca delle antiche miniere d'oro

da "Nubia Berenice" con Avventure nel Mondo
di Provvidenza Incontrera

Sempre letto nei grandi romanzi sui Faraoni, sempre immaginato “Benerice” come un luogo magico, così remoto, così lontano da me. Ed invece eccomi qua… Gruppo Puccio Avventure nel Mondo… a partecipare a questo super viaggio storico culturale naturalistico; Ebbene SI ce l’ho fatta!!!!! Il Sudan, che anticamente non definiva esattamente né una popolazione, né un preciso territorio, ma tutta quella parte di Africa che si estendeva a sud del Sahara tra l’Atlantico ed il Mar Rosso. Questa vastissima regione era per i musulmani il Bilad – as- Sudan, cioè il “paese dei neri”. E tutt’oggi il Sudan rimane l’anello di congiunzione fra il mondo arabo e l’Africa nera. Visiteremo la Nubia sudanese, un’immensa pianura rocciosa di arenaria, poggiata su una base di granito e gneiss, attraversata dal “Fiume della Vita”, il Nilo. Le popolazioni sudanesi ed egiziane devono la loro sopravvivenza a questo imponente corso d’acqua che per migliaia di anni hanno sfruttato per irrigare orti, giardini utilizzandolo come fondamentale via di comunicazione. Qui in corrispondenza della capitale il Nilo Bianco si fonde con il Nilo Azzurro. Qui scorre per più chilometri, attraversando il Paese in tutta la sua lunghezza da Sud a Nord. La parola Nilo significa valle del fiume, nell’antica lingua egizia era chiamato ITERU che significa Grande Fiume, e rappresentato dai geroglifici con una linea ondulata. Al di là del Nilo sino al Mar Rosso si estende infinito ed impervio il deserto nubiano. Nessun insediamento permanente, nessuna oasi, pochi pozzi. Viene attraversato per la transumanza delle mandrie dei cammelli, che sono allevati in Sudan ma trasportati via terra sino ad Aswan in Mar Rosso, per essere venduti come carne da macello. Ma in passato questa regione era molto frequentata dagli Egizi che avevano trovato l’oro necessario per le decorazioni dei faraoni e dei Templi. La parola NUBIA sembra infatti discendere dal termine “NUB”, che significa appunto oro. Ed i numerosi siti archeologici dove si trovano i resti delle abitazione e macine con cui si frantumavano la roccia, ne sono un esempio. Ed è la STORIA. Il nostro viaggio si divide in due blocchi ben distinti: 1^ settimana siti archeologici 2^ settimana campi in deserto nubiano per raggiungere “Benerice”. Dopo lunghe ed estenuanti contrattazioni africane su cassa comune/cassa trasporti parte il nostro viaggio con la visita della capitale del Sudan: Khartoum. Costruita su un punto strategico per il controllo della navigazione ed i commerci sui due fiumi, qui infatti il Nilo Azzurro si unisce con il Nilo Bianco. Lungo la Nile Avenue, vicino alla confluenza dei due fiumi, si trova il National Museum. Nella parte esterna del museo si trovano i resti di vari templi: Buhen, il tempio di Semna Ovest di Kumna, tombe, leoni, arieti in granito grigio, templi provenienti alcuni dalle sponde del Nilo, altri messi in salvo altrimenti sarebbero stai sommersi dalle acque del lago Nasser dopo la costruzione della diga di Aswan. All’interno utensili trovati in varie località che risalgono a ben tre periodi: Paleolitico, Mesolitico e Neolitico. Al 1 piano si trova quello che si è potuto salvare dell’antica cattedrale di FARAS, sommersa nel 1958 dalla diga, affreschi, calici liturgici in vetro, gioielli che testimoniano il periodo cristiano in Nubia. Purtroppo il museo vecchio e decadente non può essere certo paragonato alla sfavillante British Museum, ma i tesori al suo interno se valorizzati come meriterebbero, ne farebbero uno dei musei più ricchi di storia e di testimonianza dell’Antico Egitto. Fu infatti costruito nel 1960 solo grazie ad una campagna lanciata dall’Unesco per salvaguardare i monumenti nubiani che sarebbero altrimenti stati sommersi dalle acque del lago Nasser. Centinaia di archeologi furono chiamati da tutto il mondo per lavorare a questo progetto. I templi vennero smontati e trasferiti fino a Khartoum tramite la ferrovia. Poi gli enormi blocchi furono riassemblati. La cattedrale di Faras è andata ormai perduta per sempre, giace in fondo al lago, e solo pochi affreschi cristiani restano come testimonianza di essa, e si trovano al 1 piano, come dicevo, del Museo. La visita della città procede nel visitare il Souk di Ondurman, un trionfo di colori odori e rumori. I vestiti dai colori accesi delle donne, alle tuniche bianche ed immacolate degli uomini, i fumi d’incenso, le innumerevoli spezie. Ma ben presto noi, unici occidentali. Diventiamo la loro attrattiva e ci fermano di continuo per immortalarci in centinaia di selfie. Accaldati ma euforici ci dirigiamo per l’ultima tappa di visita e con una imbarcazione raggiungiamo la famosa confluenza del Nilo Bianco col Nilo Azzurro. Proprio qui ne nasce uno, Il Nilo che attraversando l’Egitto sfocia nel Mar Mediterraneo. L’indomani lasciamo la città, per le gole di Sabaloka, 6^ cateratta per arrivare al sito di Nagaa e fare campo a Musawarat. A tratti lasciamo l’unica strada asfaltata per addentrarci in una zona desertica caratterizzata da suggestive formazioni di granito grigio, masse rotonde in bilico gli uni sugli altri. Sono i primi segnali della barriera rocciosa che caratterizza la 6^ cateratta, dove il Nilo si restringe. Mi colpisce come in ogni luogo, viene offerta l’acqua: grossi orci di terracotta, posti all’ombra di una tettoia per mantenerla fresca, sono a disposizione di tutti, ed una vecchia lattina di conserva funge da tazza. La località archeologica di Nagaa che si trova nei pressi di un pozzo ancora utilizzato dai nomadi, è una località sacra del periodo Meroitico. Numerosi arieti che erano sepolti nella sabbia sono stati risistemati sui loro piedistalli di origine. Molti reperti, come ci dice la nostra preparatissima guida, dopo essere stati studiati e fotografati sono stati riseppelliti per evitare che vento sabbia e pioggia possano danneggiarli. A spiegarci tutti i bassorilievi cosa rappresentino, sarà una guida locale e custode del sito che parla solo l’Arabo il tutto tradotto in inglese da nostro efficiente Abdul. In ogni atteggiamento, parola, segno della guida traspare la fierezza e l’orgoglio di questo popolo, desideroso di far conoscere al mondo la loro storia e la bellezza di questi siti sconosciuti a molti.

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La prima notte nel deserto, in tenda con cassa cucina; tutto è nuovo per me…. Anche le infinite stelle che sembrano cadermi addosso. All’alba siamo circondati da decine di bambini, apparsi dal nulla, tanti cammelli che pascolano pacifici. Si smonta il campo e a piedi raggiungiamo il tempio di Musawarat. E’ il tempio più grande di tutto il Sudan. Innumerevoli sono le rappresentazioni dell’elefante, quindi si suppone che questo animale abbia avuto un ruolo molto importante. Una teoria è che questo luogo può essere stato un centro di addestramento di elefanti da guerra che venivano poi esportati in Egitto. Non si sa molto di questo sito, solo teorie, e poi isolato erge il tempio del Leone dedicato al dio Apedemak dal re Arnekhamani. Il tempio del Leone rappresenta un classico esempio di una “casa di Dio” meroitica. Passiamo da Shendi, un tempo purtroppo famosa per il commercio degli schiavi. Qui 5000 schiavi all’anno venivano venduti nei suoi mercati, dopo essere venduti essi attraversavano il deserto sino al Mar rosso dove venivano imbarcati per l’Arabia o l’Egitto. Dopo circa 40 km di strada asfaltata si raggiunge una piana desertica, e sullo sfondo spicca una collina con le magiche e misteriose piramidi della Necropoli reale di Meroe. Sono oltre 40 piramidi, alcune delle quali perfettamente intatte. All’alba con le prime luci del sole le piramidi si tinteggiano di un rosso molto acceso, spiccano in alto su una collina, e penso è semplicemente meraviglioso e pensare che si tratta di un cimitero, le cui tombe appartenevano a re e principi ereditari. Nonostante i furti ed i danneggiamenti per trovare i tesori al loro interno, le piramidi sono molto ben conservate ed i ritrovamenti di oggetti sono stati molto ricchi anche perché era abitudine di questi sovrani farsi seppellire con tutto il proprio harem e servitori. Con sé portavano anche animali, cani cavalli e cammelli. Non esistono recinzioni, cartelli, luci, niente è messo in sicurezza e anche da qui si intuisce quanto il Paese sia povero. E’ stato fatto qualche scavo solo sulla città reale mentre tutto ancora giace nascosto sotto la sabbia. Nel corso dei decenni tutti gli aiuti economici si sono concentrati solo in Egitto, e le guerre tribali nel Sud del Paese non hanno certo favorito gli investimenti di Paesi stranieri. Lasciamo a malincuore le piramidi di Meroe, per dirigerci a Karima dove pernotteremo 3 giorni in una casa nubiana. Particolarità delle case nubiane è l’ingresso decorato con disegni a colori accesi. Si tratta di disegni geometrici o floreali, di figure astratte o scene di caccia, tutti elementi adatti contro il malocchio che risaltano sui muri imbiancati a calce. Alcune entrate sono veramente spettacolari, all’interno tante stanze ed un ampio cortile aperto per le cene sociali… ma abbiamo anche le docce, un lusso inaspettato. E sempre come segno di ospitalità all’esterno di queste abitazioni, è tradizione mettere una giara di terracotta colma d’acqua per i viandanti assetati. Da Karima visitiamo alcuni siti: El Kurru, Nuri e salita al Jebel Barkal, dove alla sua base risalta il grande tempio di Amon. Sono scesa in una camera funeraria, il soffitto è splendido, originario in blu scuro che rappresenta il cielo notturno, oggi in un azzurro ancora nitido con numerose stelle giallo dorate. Gli affreschi delle mura sono perfettamente conservate, ancora colorate, ben custodite anche perché non ci sono luci non è stata creata una vera e propria apertura, ma solo uno stretto passaggio sotto una cupola che porta alla scale che scendono sotto terra, un emozione da togliermi il fiato. Il tempio di Amon è situato alla base della montagna sacra, anche qui tutto lasciato al suo destino. Solo le sale interne del tempio sono al riparo. Un enorme altare di granito grigio, è spezzato in due tronconi ma chiarissime sono le sue incisioni geroglifiche. Alla base della montagna è scavata una camera santuario con ai lati altre due piccole camere. Sembra che qui partorissero le regine e tenessero in queste camere più piccole un mese il neonato, per proteggerlo sotto la benedizione della dea Hathor. Il tutto è abbellito da incisioni, statue, un tesoro senza eguali e basta spostare lo sguardo sulla piana desertica ed eccole le bellissime piramidi, sembra del periodo Kushita. D’obbligo al tramonto la salita al Jebel Barkal, da qui una vista panoramica sulla città, il Nilo e le sue terre verdi ed intorno a perdita d’occhio il deserto. Dopo i tre giorni a Karima, facciamo spesa rifornimenti d’acqua e benzina per affrontare lunghi 5 giorni nel deserto sino al raggiungimento di Benerice. Con noi verrà una guida esperta di deserto, un uomo appartenente alla tribù nomade dei Beja. Si attraversa il deserto dapprincipio seguendo due incredibili rotaie, un unico binario che ad un certo punto si perde insabbiato per poi proseguire dritto verso l’orizzonte.

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Progetto sviluppato dagli inglesi per scopi militari durante la conquista del Sudan da parte degli angloegiziani. Circa ogni 30 chilometri venne costruita una stazione. La più famosa la stazione n 6, in mezzo al deserto alcuni edifici, un telegrafo, alcune carrucole d’altri tempi. Oggi è un luogo di ristoro per i tanti e numerosi minatori che cercano oro nei pressi delle montagne vicino Benerice. Gli unici incontri li faremo con decine e decine di camion pieni di uomini che lavorano nel deserto in condizioni disumane. Abbiamo incontrato sia minatori autorizzati che lavorano nelle miniere di proprietà tedesche in collaborazione con il governo sudanese, sia piccolo gruppi autonomi e abusivi che tentano la fortuna per trovare la pepita d’oro che cambierà loro la vita. In ogni caso, mi stringe il cuore vederli picchettare sotto il sole cocente e solo per i più abbienti e fortunati è destinata una ruspa meccanica. Gradatamente l’ambiente diventa più montagnoso, dapprima con colline tonde alte poche decine di metri, quindi sempre più alte fino ad assumere l’aspetto di vere montagne. Noi attraverseremo i letti dei wadi, secchi naturalmente, e a passo d’uomo con le nostre macchine saremo inglobati dentro una vera e proprio catena montuosa. Ormai qui il deserto è un concentrato di ruspe di buche di minatori che lavorano tutto il giorno per estrarre once d’oro. Noi seguiremo il corso del wadi sino a raggiungere la mitica Benerice Pancrisia. Scoperta solo nel 1989 da due fratelli italiani, i Castiglioni, Benerice è stata una città mineraria, dove si estraeva l’oro per le ricchezze dei faraoni. Sembra una città fantasma, spuntano dal nulla dopo un lungo wadi, due roccaforti che difendevano la città. Non è stato facile raggiungerla. I nostri fuoristrada oltre ai semplici insabbiamenti e foratura di pneumatico, hanno avuto diversi problemi e addirittura una macchina l’abbiamo dovuta abbandonare in pieno deserto e ci siamo dovuti stringere, ma proprio stringere con le due guide sul tetto per poter continuare il viaggio. Ma arrivare a Benerice, per una come me, amante di tutta la storia egiziana, dei Faraoni neri, che ha visitato l’Egitto non so più quante volte, è stata un’esperienza indimenticabile. Lasciata Benerice con rammarico, lasciate alle spalle 5 notti passate in campi, in mezzo ad un deserto così ostile ma con la complicità di tutti gli autisti e compagni di viaggio si riusciva persino a cucinare ottimi risotti. Dopo ultimo tratto tortuoso ed estenuante il nostro viaggio si concluderà a Port Sudan, tappa obbligata per poter prendere aereo che ci riporterà a Khartoum, dove il corrispondente ci offrirà una lussuosa cena con danze locali, prima di prendere aereo notturno che ci riporterà in Italia ognuno alla propria realtà. Dire Sudan oggi sembra dire guerra. Tutti gli amici e cari cercavano di dissuardermi dal partire dato che sarebbe stato pericoloso. Posso affermare dalla mia esperienza che il Sudan è uno dei Paesi più pacifici che abbia visitato; e di viaggi ne ho fatti veramente tanti. Il giorno più bello??? Quando un’intera scolaresca a Karima ha intonato un happy birthay in mio onore. Il giorno più triste? Quando sono partita ed ho abbracciato Abdul Salam, la nostra grande guida e cicerone onnipresente per qualsiasi nostra necessità. In Sudan l’ospite è sacro, bisogna farlo sentire a casa ed Abdul ci è riuscito in pieno. Grazie particolare va ai miei compagni di fuoristrada: Rosy che riempiva ogni attimo con la sua allegria, Natale che ci leggeva instancabile la guida spiegando ogni singolo sito che visitavamo ed al mio compagno di vita e d’avventure Mario che ha reso questo mio sogno realtà. Grazie
Enza Incontrera